"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

25 maggio 2014, un passaggio cruciale per l'Europa politica

Novecento

di Michele Nardelli

Domenica 25 maggio si vota per il rinnovo del Parlamento Europeo, un passaggio cruciale nel futuro dell'Europa politica.

Lo è a cominciare da quanti cittadini europei eserciteranno il loro diritto di voto. Nel 2009, negli allora 27 paesi dell'Unione Europea, votarono il 43% degli eventi diritto, una percentuale già piuttosto bassa che mostrava una disaffezione preoccupante. Se il 25 maggio 2014 il calo dovesse essere ancora maggiore, il grado di rappresentatività e di autorevolezza del Parlamento e delle istituzioni europee in generale potrebbe segnare un punto di crisi senza precedenti. E il progetto europeo subire un colpo mortale.

Lo è per il peso che i sondaggi assegnano ai partiti e movimenti antieuropei, già peraltro presenti anche nelle scorse elezioni. Se saranno rappresentativi del 30% del Parlamento Europeo come dicono le previsioni, i loro seggi andranno ad assommarsi a quelli di formazioni che a parole si dicono europeiste ma che in buona sostanza pensano ad un riequilibrio della sovranità a favore degli stati nazionali. E sarebbe comunque la paralisi del processo di costruzione dei un'Europa politica e federale.

Lo è per imprimere la necessaria discontinuità a favore di un'Europa meno soggetta ai poteri finanziari e più attenta allo stato sociale e alle condizioni dei cittadini europei, quelli dei 28 paesi dell'Unione come quelli dei paesi che ancora non fanno parte della UE ma che con un nuovo impulso alle politiche di allargamento potrebbero uscire dal contesto di forte deregolazione che nei fatti condiziona i processi dell'economia reale (delocalizzazione delle imprese, dumping, effetto bolkenstein, economia criminale... ) nell'insieme della regione europea.

Lo è, infine, per creare le condizioni affinché l'Europa possa esprimere non solo potere di indirizzo ma politiche chiare sul piano dell'economia europea, del controllo finanziario, dell'energia, delle infrastrutture, dell'ambiente, della "politica estera" e della difesa... temi che ormai possono essere affrontati efficacemente solo in una dimensione sovranazionale (e territoriale).

Per tutto questo, ne sono consapevole, occorre non solo un buon esito elettorale, ma un cambio di pensiero anche nelle formazioni politiche dell'area democratica, della sinistra socialdemocratica come di quella più radicale, ferme sui paradigmi dello stato-nazione, della sovranità, della deterrenza, oppure della capacità di autoregolazione dei mercati, della crescita senza limiti e del rilancio dei consumi, solo per fare degli esempi. Questo intendo con la necessità di elaborare il Novecento, per oltrepassarlo. Ma tutto questo va ben oltre il 25 maggio.

Per il momento cerchiamo almeno di evitare il peggio.

 

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