"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Coltivare l'anomalia

Mescolanze

Oggi pomeriggio è previsto l'incontro promosso da Lorenzo Dellai allo scopo di aprire una nuova stagione dell'anomalia trentina. Se solo rappresentasse un sasso nello stagno di una politica ferma che ha smarrito da tempo la sua capacità di sperimentazione, sarebbe comunque un'iniziativa utile. Ne ho già scritto nei giorni scorsi e mi auguro che da lì possa prendere il via un percorso di analisi, elaborazione e proposta improntata a quella dimensione territoriale ed europea che è stata ed è al centro della riflessione del collettivo di “Politica responsabile”. Nulla di più lontano dalla descrizione che ne fa il direttore de “L'Adige” Pierangelo Giovanetti nel suo editoriale di stamane nel rappresentare l'incontro di oggi come una sorta di Opa di Dellai sul PD del Trentino. Starà all'ex presidente della PAT rispondere con le parole e i fatti sul significato di questo appuntamento.

 

Considerato però che nel racconto di Giovanetti, a suffragio della sua narrazione, viene tirato in ballo anche il commento a firma mia e di Federico Zappini (sul Corriere del Trentino di venerdì 5 dicembre) come fossimo portatori d'acqua al disegno dellaiano, vorrei invitare il direttore de “L'Adige” a non limitarsi alla lettura del titolo del pezzo (che lui sa bene essere redazionale) ma anche del testo nel quale certamente si guarda con interesse all'aprirsi di una fase nuova di sperimentazione politica, pur esprimendo la necessità che questa avvenga non per l'alzata d'ingegno di qualcuno ma per una rigorosa capacità di leggere i nuovi contesti e di proporre visioni lunghe che siano il risultato di processi collettivi.

 

Devo peraltro dire che proprio non riesco a riconoscermi nel racconto che nell'articolo di Giovanetti viene fatto del Trentino degli ultimi vent'anni, pensato più come capacità di manovra del "principe" che non il risultato – oltre agli elementi strutturali della nostra autonomia – di aver saputo immaginare in forme originali sia il governo delle risorse e delle prerogative autonomistiche, come quell'anomalia politica che ha fatto diverso il Trentino nell'arco alpino e non solo.

 

Voglio dire che se questa terra ha saputo essere diversa è stato grazie alla sua storia, alla fantasia e alla creatività con cui sin dagli anni '60 si sono interpretati i profondi cambiamenti sociali e successivamente si è saputo rispondere alla fine di una storia con la nascita di nuove soggettività politiche. Parlo della Margherita e, prima ancora, del prendere corpo a sinistra di una stagione di forte rimescolamento culturale di cui insieme ad altri rivendico il merito. A testimonianza di una politica che ha saputo guardare oltre i destini personali e le manovre di palazzo.

 

So bene come il giudizio o forse ancora prima l'esistenza stessa di un'anomalia trentina, rappresenti il nodo irrisolto di una storia del Trentino che prima o poi bisognerà raccontare e che certo nelle sagrestie (clericali o laiche che siano) si vorrebbe rimuovere.

 

Mi preme solo che si possa continuare a guardare al Trentino come a quel luogo di civiltà (sociale e culturale ancora prima che politica) che la nostra terra ha saputo esprimere.

 

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