"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Ritorno nel rancore

Temazcal

Diario messicano. Sesta ed ultima puntata.

A staccare la spina proprio non ci riesco, nemmeno quando non ci sono connessioni cui accedere. E dunque anche questo mio breve racconto sul viaggio in Messico che volge al termine risente di uno sguardo che non si stanca mai di cercare. E questo non malgrado, ma anche grazie al piacere di quel che la vita ti offre, l'amicizia in primo luogo, lo spettacolo della natura, i sapori della cucina pre-ispanica di Pano o quelli del Cardenal a due passi dallo Zocalo di Città del Messico.

In questa infinita metropoli ci starei giorni e giorni a curiosare per le strade delle molte città che la compongono, ad incrociare volti interessanti che sembrano rubati agli affreschi di Diego Rivera, a visitare i luoghi della storia e l'immenso museo antropologico, a bere tequila all'Opera o in altri locali. Certo, con il privilegio di avere con te persone che ci vivono e ne conoscono i lati più segreti come quando andammo qualche anno fa nel locale dove si esibiva Chavela Vargas, cantante di origine portoricana ma che divenne col tempo una delle icone del Messico, nel quale un giorno spaccò la chitarra sulla testa di una sua amante che stava lì con un'altra donna. O nella casa dell'amico Fernando Mendez a Malinalco, dove ancora vive l'antico rituale del Temazcal, parola che viene dal nahuatl temazcalli ("casa del vapore") che nella Mesoamerica veniva usata come parte di una cerimonia curativa con la quale si purificava il corpo e la mente, ma anche di autocoscienza collettiva.

Purtroppo, in questa occasione a Città del Messico ci stiamo solo poche ore, il tempo di fare due passi in centro e di risolvere un po' di problemi logistici per il ritorno. Perché accade che la Lufthansa cancelli i nostri voli di rientro, dovendo così optare per un altro piano di volo il giorno successivo a quello previsto, con scalo negli Stati Uniti. Il che comporta un visto di transito che prevede la presentazione del proprio pedigree, nonché il pagamento dello stesso. Ogni tanto capita anche a noi “occidentali” di comprendere che cosa significa l'umiliazione della frontiera...

Poche ore di volo ed eccoci in un altro mondo, che però si inchioda di nuovo nello sciopero degli assistenti Lufthansa che lascia a terra oltre mezzo milione di persone e che paralizza non solo un paese dove i treni sono tradizionalmente in orario ma a cascata una fetta importante del traffico aereo globale. Fermi per un giorno intero a Francoforte, negli spazi impersonali di un aeroporto nel cuore della Germania, privo di collegamento internet e dove se ti va bene ti scaricano in un nuovo volo che parte se sei fortunato dieci ore più tardi. Nella sicura, forte ed efficiente Germania, dopo la truffa delle Volkswagen taroccate, ora questo sciopero che – al di là del disagio che ne può venire – per certi versi la rende più umana.

Perché in questo viaggio ci rendiamo conto che hostess e steward invecchiano anche loro. L'astensione dal lavoro riguarda il taglio delle pensioni, non ne sappiamo molto di più. Ma certa è una cosa: non si può immaginare di volare dalla mattina alla sera senza pensare che questo non abbia conseguenza alcuna sul fisico di questi lavoratori e lavoratrici. Si taglia il personale, non certo il numero di voli.

Nemmeno il tempo di rientrare a Trento e, nell'ascoltare in autostrada un radiogiornale, veniamo riportati all'amara realtà di un allucinante dibattito sul diritto delle persone a farsi giustizia da sé. Un sindaco padano, intervistato da un cronista accondiscendente, dice cose che fanno rabbrividire, sul diritto di sparare a casa propria ma anche per strada. Bentornati in questo mondo, dove la paura fa strame di buonsenso e di civiltà.

Gli umori sono diventati rancore ed il rancore progetto politico. Mentre questo accadeva la sinistra, elitaria e un po' snob, nemmeno si accorgeva di quel che stava covando nei luoghi del rancore, le nostre krčme, le locande balcaniche che a guardar bene potevamo vedere anche sotto casa nostra. Tutti contro tutti, con le unghie pronte all'aggressione verso tutto ciò che, diverso o famigliare che sia, ti insidia nel tuo possesso o nel bisogno spasmodico di sicurezza.

Così va il mondo, ben prima di Parigi.

 

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