"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

La fine di una stagione

Lorenzo Dellai e il Dalai Lama

«La maledizione di vivere tempi interessanti» (34)

di Michele Nardelli

Ieri 23 gennaio 2016 si è consumata la vicenda dell'Unione per il Trentino, formazione politica che diede continuità a quella Margherita che rappresentò – checché ne dicano i chierici – il fatto politico più rilevante nato nella sperimentazione del laboratorio trentino degli anni '90 e morta a Roma per effetto di un ceto politico maldestro, alla ricerca di interessi personali più che di nuove sintesi politico-culturali.

Non è la mia storia politica. Ma quel che si è consumato sabato nella sala conferenze di Interbrennero rappresenta la conclusione di una storia importante che ha contribuito a fare diversa questa terra. Perché non era affatto scontato che dalla crisi politica che portò alla fine della “prima repubblica” si uscisse con un progetto di autogoverno aperto e solidale come avvenne in Trentino, al contrario di quel che accadde nel paese con la “discesa in campo” di Berlusconi e con l'alleanza strategica con i padani, fino a quel punto considerati più o meno un fenomeno da baraccone, in un nord che divenne così questione nazionale.

Molte sono state le contraddizioni dell'anomalia politica trentina, molti gli errori del protagonista che più di altri l'ha incarnata, non ultimo quello di non aver posto la dovuta attenzione alla formazione di un ampio tessuto di classe dirigente. Ma questo non toglie nulla al fatto che nella notte politica di questo paese il Trentino abbia saputo rappresentare un'altra strada, guardata dall'esterno con attenzione e ammirazione e della quale ancora oggi (ma non per molto) beneficiamo l'onda lunga.

A guardar bene, la fine di questa stagione era stata annunciata già nel tardo autunno del 2013, con l'esito delle elezioni provinciali. E non è dunque casuale che nei due anni successivi il conto sia stato presentato, dalla demolizione della riforma istituzionale che aveva portato alla costituzione delle Comunità di Valle (e al conseguente spostamento del baricentro amministrativo verso la periferia) all'apertura sulla Valdastico (ma l'elenco potrebbe essere lungo). Se n'è accorto persino il Commissario del Governo, in una recente intervista a conclusione della sua esperienza trentina.

Ora la fine dell'UpT, perché di questo si tratta, viene guardata dai partner di governo senza particolare preoccupazione e, se posso dire, con un senso di malcelata soddisfazione. Non certo da chi nel corso degli anni ha lavorato con spirito coalizionale, lontano da logiche egemoniche o personalistiche. Ma gran parte di costoro sono ormai fuori dai giochi.

La ragione di tale malcelata soddisfazione, che attraversa la politica e i luoghi di potere, risiede nel prendere corpo di quell'asse PD – PATT (nelle intenzioni di qualcuno corrispondeva all'idea dell'autosufficienza del PD) che ha fatto da sfondo al logoramento di tutta la passata legislatura sino alla vicenda delle primarie del centrosinistra autonomista e alla sconfitta del candidato proposto dal PD (avvenuta grazie al non voto di una parte di questo partito).

Un asse politico trasversale (e un blocco di potere) che aveva l'obiettivo di omologare il quadro politico trentino a quello nazionale, laddove al PATT veniva lasciata la rappresentazione della territorialità in una divisione dei ruoli che era l'opposto della sperimentazione avviata negli anni '90.

Inutile dire che ci stanno riuscendo, anche se la cosa gli è un po' scappata di mano perché nel PATT e nel corpo centrista (il vecchio e nuovo partito degli assessori) di un quadro subalterno al PD non ci si accontenta, così da immaginarsi blok frei, dando vita ad un altro forno (con Progetto Trentino e le Liste Civiche) nella più classica delle tradizioni.

Finita la stagione dell'anomalia, non mi sembra che il Trentino si presenti migliore. Non si tratta di meditare rivincite, bensì di capire che per riprenderne il filo rosso di quella stagione occorre un paziente lavoro di ricostruzione, nuovi occhiali per leggere il presente e nuovi pensieri per immaginare il futuro. Nonché nuovi protagonisti.

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da negro il 24 gennaio 2016 22:14
    brao te gai reson vecio comunista non allineato. fate sentir
il tuo nick name*
url la tua email (non verrà pubblicata)*