"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Democrazia e forme partecipative, un'occasione mancata

Aperture

Prosegue il dibattito attorno ai temi della partecipazione, delle riforme istituzionali e del terzo statuto di autonomia. Su questo blog potete trovare nella home page gli interventi di Alessandro Dalla Torre, Simone Casalini, Roberto Pinter e Vincenzo Calì. In "primo piano" anche un intervento del sottoscritto sul referendum autunnale sulla riforma costituzionale al quale sono seguiti una serie di commenti (in realtà corposi interventi) di Edoardo Benuzzi, Flavio Ceol, Ciro Russo ed altri. In questo caso riprendo il testo che mi ha inviato l'amico Alessandro Branz sui sistemi partecipativi, tema tutt'altro che estraneo rispetto ai nodi veri del voto autunnale. Nella lettera con la quale Alessandro ha accompato il suo testo, ho colto la grande amarezza per il fatto che il dibattito locale e nazionale questi nodi non li abbia voluti affrontare, vivendo con fastidio una dialettica politica che avrebbe potuto essere salutare e che invece si è trasformata in una sorta di plebiscito a favore o contro il Governo Renzi. Nel ringraziare tutti gli intervenuti per aver scelto di entrare nel merito, rinnovo l'invito a considerare questo blog come uno spazio aperto ai vostri interventi. Nella speranza che nelle prossime settimane in particolare il confronto sul terzo statuto cresca in qualità. (m.n.)

 

di Alessandro Branz *

(1 settembre 2016) Alcuni giorni fa Nicola Lugaresi esprimeva sul Corriere del Trentino la sua viva preoccupazione per il basso livello di partecipazione manifestato da una serie di iniziative promosse dal Comune di Rovereto e da altri soggetti. Si tratta di preoccupazioni fondate e condivisibili, che da un lato sollecitano una riflessione sulle cause del fenomeno (individuate da Lugaresi nell’ormai diffuso “sentimento di rassegnazione e sfiducia” nei confronti della politica) e dall’altro richiamano ruolo e funzionalità degli stessi meccanismi partecipativi adottati, che evidentemente presentano delle lacune se non riescono a coinvolgere più di tanto i cittadini. Ed è proprio da quest’ultimo punto che vorrei partire per alcune brevi riflessioni.

Innanzitutto va detto che il termine “partecipazione” è ambiguo e può essere declinato in modi molto diversi. Si partecipa protestando ad un sit-in, firmando una petizione, iscrivendosi ad un partito politico o ad un’associazione, mobilitandosi in occasione delle campagne elettorali o referendarie, e via dicendo: si ha però vera partecipazione “politica” solo quando il cittadino sa di poter influenzare le scelte pubbliche e di poter incidere sui processi decisionali. Il che non è detto avvenga sempre: infatti può anche darsi che la scarsa partecipazione sia motivata proprio dal fatto che il cittadino si rende conto della natura meramente consultiva e poco incisiva della proposta che ha di fronte.

Questo problema richiama la necessità di “istituzionalizzare” la partecipazione, conferirle una veste formale e quindi prevedere procedure che favoriscano uno stretto collegamento tra partecipazione e decisione pubblica. So benissimo che questa questione ha sempre sollevato (e solleva tuttora) polemiche e perplessità, dovute al timore di manipolazioni e distorsioni, ma sta di fatto che solo in questo modo è possibile assicurare che la partecipazione non sia fine a se stessa e sia caratterizzata da trasparenza, imparzialità, apertura, una dotazione minima di informazioni e soprattutto il suo inserimento in un effettivo processo decisionale.

In tal senso esistono e si sono affinate nel tempo metodologie e modalità di coinvolgimento che consentono ai cittadini di confrontarsi, discutere, scambiarsi opinioni e giudizi su una determinata questione pubblica o su un problema collettivo, raggiungendo auspicabilmente una soluzione condivisa della quale poi le istituzioni pubbliche dovranno comunque tener conto (anche motivando, se necessario, l’eventuale non accoglimento).

In questo modo i cittadini contano e si sentono protagonisti: ne abbiamo degli esempi sia in Italia, ove queste pratiche sono diffuse ormai da qualche anno e dove esiste una legge apposita, quella toscana, che prevede il fattivo sostegno della Regione ai processi partecipativi locali; sia a livello internazionale, dove i cittadini vengono coinvolti sui più svariati temi pubblici, dalla pianificazione territoriale ed urbanistica ai temi etici, dalle questioni ambientali ai problemi legati alla salute e all’educazione, per non dimenticare i casi quanto mai attuali dell’Irlanda e dell’Islanda che hanno coinvolto i cittadini nella stessa riforma della Costituzione, nonché i casi delle Province canadesi della British Columbia e dell’Ontario (imitate successivamente dall’Olanda) che lo hanno fatto sul tema della riforma del sistema elettorale.

E qui, credo, vi sia anche una questione di volontà politica. Mi chiedo: perché sugli scottanti temi della riforma costituzionale ed elettorale non si è aperto nel paese un ampio e diffuso dibattito con e tra i cittadini e ci si è limitati ad un uso strumentale del “popolo”, funzionale ad una sola delle opzioni sul tappeto? E perché il Trentino non si avvale della sua autonomia per programmare un percorso che conduca ad una legislazione più attenta al valore ed alla qualità della “partecipazione”?

* Alessandro Branz è consigliere comunale di Sanzeno

 

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