"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

… e la sinistra che fa? Spunti per un dibattito "territoriale"

Reticolati

Idee ricostruttive della sinistra interetnica

di Vincenzo Calì

(19 agosto 2017) La cartina di tornasole dei rapporti fra i vicini/lontani che abitano il bacino dell’Adige virerà in rosso se alle celebrazioni del 4 novembre 2018 si inneggerà ancora alla vittoria dagli uni e alla perdita della libertà per gli altri. Lasciare in quella data a bersaglieri tirolesi e alpini il compito di firmare, in nome della comune patria europea, le nuove “compattate”, e assumere, da parte della sinistra, la data del centenario come momento di riflessione su di una guerra che, attraversando la comunità regionale, fu così devastante da travolgere insieme agli uomini la natura stessa, come ci ricorda lo storico Diego Leoni nella sua “Guerra verticale”.

Dell’assenza politica della sinistra, su questi temi, è testimone la cronaca quotidiana: “La forza dell’Euregio? Non pervenuta. I rapporti privilegiati con l’Austria? Svaniti”. Sono le parole forti di Faustini a commento dell’intenzione austriaca di resuscitare il confine del Brennero. Quel confine, inventato da Tolomei, che nemmeno gli imperatori Augusto e Napoleone si erano sognati di tracciare, torna sulla scena, come ai tempi dell’italietta sabauda; “torniamo allo statuto!” è la parola d’ordine che la sinistra deve fare propria, riecheggiando l’implorazione sonniniana vecchia di un secolo, dove per statuto si intende non l’albertino, ma il degasperiano, quello che mise in sicurezza la convivenza fra le genti dell’alto bacino dell’Adige e che è ancora ben lungi dal compiere il secolo di vita.

Di fronte alla lungimiranza dei padri dell’Europa, il balbettio a cui assistiamo oggi spinge ad amare riflessioni, pensando alle tante vite sacrificate, dal 1848 ad oggi, per l’idea degli Stati uniti d’Europa. L’euregio alpina in costruzione, il luogo in cui, grazie all’esperienza maturata in tanti anni di speciale autonomia, si può qualificare come modello a cui ispirarsi per la necessaria opera di integrazione e pacifica convivenza nei tempi di ferro e fuoco in cui viviamo, novella Gordio in cui può essere sciolto il nodo che minaccia la pace continentale, trova sul suo cammino novelli generali macedoni pronti al colpo di spada risolutivo.

Impedire che nascano nuove barriere nelle aree transfrontaliere dei paesi europei è un obiettivo strategico a cui le genti alpine non possono rinunciare, pena la negazione della loro stessa storia millenaria. Degasperi ideò un modello di comunità per trentini e tirolesi, dentro l’amicizia italo-austriaca, dettato dall’esperienza maturata, lui trentino, in un’intera vita segnata dal dolore per le sofferenze subite dalle genti alpine sotto il ferro e il fuoco di due guerre mondiali.

Nessuno può essere autorizzato oggi a smantellare l’edifico della convivenza costruito grazie al sacrificio di intere generazioni, ed è bene che un moto di popolo si desti a rivendicare la vocazione non violenta di questi territori e la ferma intenzione di portare a termine il disegno federalista dei padri dell’Europa.

Non si tocchi l’edifico istituzionale che regge la nostra regione alpina, si aprano tavoli di dialogo con i nostri vicini delle grandi pianure a nord e a sud, si concentrino gli sforzi per vedere pienamente realizzati i principi incardinati nella nostra Costituzione repubblicana, autentica base della futura Costituzione europea, come fu nel disegno tenacemente perseguito per anni da Ernesto Rossi ed Altiero Spinelli.

Bisognò attendere il 1961, il convegno del Mulino a Bolzano, per udire, dal grande europeista Altiero Spinelli, parole di verità: «Non so se gli amici del Mulino, scegliendo il 4 novembre per tenere a Bolzano questa riunione, l’abbiano fatto per caso o se di proposito, per tentare di dare a questa data un significato differente da quello che ha finora avuto. Il 4 novembre è comunque una data molto importante, per gli italiani, per i sudtirolesi, per gli austriaci. … dovrebbe quindi essere considerato, se noi fossimo persone serie, data di lutto per noi e data di lutto per gli austriaci: una delle varie date dell'atroce guerra europea dei trent’anni; e normalmente le date di guerra civile non vengono considerate come giorni di festeggiamenti».

Grande è la responsabilità nelle mani dei governatori delle nostre regioni alpine, i quali per porre le basi della futura cittadinanza europea hanno bisogno del sostegno convinto di tutte le genti, comprese quelle di antica e nuova immigrazione, che vivono ai piedi delle Dolomiti.

E’ necessario quindi tornare alla Regione, nello spirito dell’articolo 5 della nostra Costituzione, non per rispolverare l'antica propensione nazionalistica delle due storiografie (la tedesca e l'Italiana, che Emanuele Curzel richiama nell’editoriale dell’ultimo numero di “Studi trentini di scienze storiche”), quanto per fare i primi passi verso una più ampia regione alpina in cui la rilevanza geopolitica dello spartiacque finisca per sfumare, al punto di ridursi, come auspicato da Silvius Magnago, ad un filo di seta.

Fra questi primi passi non dovrebbe mancare un’intesa fra università, centri di ricerca, municipi (Trento, Bolzano/Bozen e Innsbruck), tutte realtà istituzionali per le quali è oggi urgente un rilancio. Obiettivo primario puntare ad una comune azione di salvaguardia ambientale, nella consapevolezza del fatto che quello che siamo chiamati a gestire è un “Patrimonio dell’umanità”e non solamente un bene dei pochi che vivono ai piedi delle Dolomiti. Si abbia il coraggio, avvalendosi – come suggerisce il Presidente della commissione dei 12 Lorenzo Dellai – degli organismi collegiali esistenti, di affrontare i temi trasversali dell’economia e del lavoro che corrono lungo l’asse del Brennero, senza limitare lo sguardo al solo proprio Maso, aperto o chiuso che sia.

 

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