"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Rivolta carsica e popolare

Il melograno, simbolo della cooperazione trentina

di Simone Casalini *

Ci sono differenti fattori di lacerazione che si sono allineati negli ultimi anni, capovolgendo il sistema cooperativo. Una rivoluzione carsica, nello stile trentino, dove l’insofferenza si propaga senza acuti, destrutturando però il modello di potere e di consenso. Il punto di caduta di una continuità da disattendere si è materializzato ieri, all’ora di pranzo, quando Marina Mattarei – la Giovanna d’Arco (senza rogo) del movimento cooperativo che da qualche anno ne enfatizza la crisi valoriale – è stata eletta presidente rovesciando un presagio che nel ballottaggio l’avrebbe voluta perdente contro l’asse Odorizzi-Villotti.

L’affermazione di Mattarei ha un significato simbolico potente – prima donna al vertice di una federazione orientata al maschile – e un effetto politico dirompente sugli equilibri del più importante colosso economico del Trentino. Può apparire azzardato, ma per certi versi l’elezione di via Segantini completa l’esito elettorale del 4 marzo che ha segnato una cesura storico-politica con l’archiviazione di una stagione dell’Autonomia.

Con alcune differenze essenziali: il progetto di Mattarei è rivolto al rilancio di un sistema che, dal 2010 in poi, si è consumato nelle maglie delle crisi economiche e degli scandali (la débâcle della Cantina Lavis, il crac Btd, i guai giudiziari di Sft, i licenziamenti al Sait) e nella travisata questione di come si organizza e si esplicita il potere. In tal senso, nel 2012 il quarto mandato di Diego Schelfi aprì una frattura profonda nella classe dirigente e nel sistema che poi ha condotto ad una balcanizzazione del popolo e del ceto.

Mattarei ha riproposto un messaggio di solidarietà e di condivisione, una retorica tesa a riaggiornare gli ideali di don Guetti senza sottrarsi alle intemperie del presente. Un fattore unisce, però, l’ascesa di Matterei e il risiko nazionale: la tensione antiestablishment. L’idea che una classe dirigente e alcune sue parole siano state archiviate dalla grammatica coeva.

La nuova presidente entra nel tempio di via Segantini dove si sono succeduti sacerdoti intoccabili, crocevia dei più complessi equilibri del territorio. Un misto di conformismo e appeasement ha regolato le liturgie degli ultimi anni e di un mondo che si era ricavato un posto nella storia come modello economico solidale, che, per certi versi, sfidava le logiche del capitalismo. Forse sarà questo il primo compito di Mattarei, cioè rendere intellegibile il palazzo, ridare spazio e voce alla base, rianimare i circuiti della democrazia interna. Non è secondario nemmeno l’impatto che il cambio di timone alla cooperazione avrà sui rapporti politici. Il movimento è stato sempre un collettore di consenso, di sistema più che di voto spicciolo. Il trait-d’union tra Schelfi e l’ex governatore Dellai ha caratterizzato una lunga stagione di relazioni politiche e sociali. Ora questo legame è sciolto, o comunque affievolito, e il consenso meno blindato. Una nuova libertà a cui in molti guardano in vista del 21 ottobre.

*editoriale del Corriere del Trentino del 9 giugno 2018

 

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