di Federico Zappini *
«Un déjà-vu è un’imperfezione di Matrix, capita quando cambiano qualcosa». Così Trinity spiegava a Neo il passaggio ripetuto di un gatto nero nel primo capitolo di Matrix. Le sembianze di un déjà-vu assume anche la discussione attorno ai temi riguardanti le criticità nella gestione dello spazio urbano della città di Trento. Articoli di cronaca (numerosissimi, quasi riusciti nell’impresa di saturare lo spazio informativo), editoriali e dichiarazioni – di politici, esperti, comitati, ecc. – sembrano sempre riportare allo stesso punto. Il tempo passa e il gatto nero – sotto l’etichetta passpartout del “degrado” – si ripresenta davanti a noi, sempre uguale. Accettare il ripresentarsi del déjà-vu è un modo comodo per non impegnarsi mai nell’immaginare il passo capace di rompere la circolarità di un movimento che ci sta dando un po’ alla testa.
giovedì, 19 ottobre 2017 ore 10:30
Il quinto itinerario del «Viaggio nella solitudine della politica»
Dal 19 al 22 ottobre 2017 si svolge il quinto itinerario nel quadro del "Viaggio nella solitudine della politica", questa volta dedicato al tema "Padania, fra identità e spaesamento". Partirà da Brescia ed arriverà a Pieve di Soligo (Treviso), attraversando Cortemaggiore, Caorso, Cremona, Formigine e la provincia di Modena, oltrepassando il Po verso Padova e fino alla marca trevigiana dove arriveremo il 22 ottobre, giorno del referendum di Lombardia e Veneto (il programma provvisorio in allegato).
Brescia, Cortemaggiore, Caorso, Cremona, Formigine, Padova, Pieve di Soligo
Un primissimo bilancio del nostro «Viaggio nella solitudine della politica»
di Michele Nardelli
(settembre 2017) Il “Viaggio nella solitudine della politica” dopo una breve pausa agostana si avvia alla sua quarta tappa lungo l'itinerario che percorre il “limes” del nordest italiano, fra Venezia e Goli Otok, l'isola nuda tristemente celebre per aver ospitato il gulag del regime titino nel secondo dopoguerra.
Nel riprendere ora questo cammino alla ricerca di nuovi paradigmi per leggere il presente ed immaginare il futuro, vorrei provare a condividere con voi un primo bilancio, dal “prologo trentino” agli itinerari che hanno attraversato la “Regione Dolomiti”, le Terre Alte dell'Arco Alpino occidentale, Roma e le sue città.
Il quarto itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”
Venezia – Goli Otok (Croazia), 13 / 17 settembre 2017
(10 settembre 2017) L'itinerario lungo il limes nord orientale del “Viaggio nella solitudine della politica” ha come focus specifico il tema del Novecento e della sua faticosa elaborazione. La densità degli avvenimenti che nel secolo scorso hanno attraversato quel frammento d'Europa che si trovò a rappresentare il segmento meridionale della “cortina di ferro” è tale che lo sguardo ravvicinato su di essi non investe solo la necessità per le popolazioni interessate di farci i conti, ma chiama in causa tutti noi come cittadini di un'Europa che fatica a rivelarsi anche in virtù dell'incapacità di elaborare un passaggio di tempo del quale siamo ancora prigionieri, come se il suo scorrere si fosse fermato. Anche perché nel Novecento si condensano lungo quella faglia pagine di storia che ci parlano di come si è andata formando l'Europa nell'incontro e nei conflitti che dal Mediterraneo risalivano il Mare Adriatico e che dal continente scendevano verso il mare.
Racconto di viaggio lungo la valle del Po, fra ingombranti eredità e la ricerca di nuovi paradigmi
di Michele Nardelli
In ognuno degli itinerari fin qui realizzati del “Viaggio nella solitudine della politica” sentivo di essere sul pezzo, ma mai come in quest'ultimo percorso nel cuore della “Padania” la sensazione di “essere presenti al proprio tempo” è stata così viva.
Essere lì, a Pieve di Soligo, nella terra di Andrea Zanzotto e di Giuseppe Toniolo, il poeta che ha saputo raccontare con grande profondità lo spaesamento della sua terra e l'economista cattolico che seppe dar corpo e profilo culturale al movimento cooperativo veneto, nel giorno cruciale del referendum per l'autonomia, ad interrogarci sul valore dell'autogoverno in una prospettiva europea, ha dato oltremodo significato al nostro viaggio assumendo nel tempo di twitter e dei talk show – come qualcuno ha osservato nel corso dell'incontro riferendosi all'aridità dell'attuale contesto politico – un profilo quasi commovente.
Pulsare col tempo, coglierne i segni, non è affatto scontato. Vivere un presente tanto complesso, oltremodo in una regione come la “Padania” che – da Caorso alla Marca trevigiana – porta addosso le conseguenze visibili del fallimento di un modello di sviluppo industriale ed energetico che ha avuto l'effetto di snaturare quella che rappresentava una della più importanti aree rurali d'Europa, fra pulsioni contraddittorie e laceranti, ci è servito a riflettere su come il cambio dei nostri paradigmi sia un passaggio tanto cruciale quanto ineludibile.
Tra il voto del referendum e la crisi delle città (Trento, Torino, Roma) esiste un minimo comune denominatore. E va rintracciato in quelle che Ilda Curti, ex assessora all’integrazione e alla rigenerazione urbana di Torino, ha chiamato «linee di crescenza». Sono gli spazi inter-medi dove si muove una socialità molteplice, che produce nuove culture e anche conflitti negativi («Perché la periferia è contemporaneità»). È la parte di società dove la politica si è ritratta.
venerdì, 9 dicembre 2016 ore 18:00
Così lontane così vicine.
Venerdì 9 dicembre 2016, ore 18.00
Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale. Ex Convento degli Agostiniani, Trento
Ne parlano
Ilda Curti, ex assessora alle Politiche Sociali del Comune di Torino
Silvano Falocco, direttore della Fondazione Ecosistemi, Roma
Federico Zappini, associazione “territoriali#europei”, Trento
Modera
Simone Casalini, caporedattore Corriere del Trentino
Trento, Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale, vicolo San Marco 1
«Così lontane, così vicine». Roma, Torino e Trento a confronto in un interessante dibattito venerdì sera a Trento.
di Erica Ferro, Corriere del Trentino
A pochi giorni dall’esito della domenica referendaria, impossibile non riflettere sullo stato dell’arte del pensiero e dell’azione politica. Quella che affonda le sue radici nella storia del Novecento, in particolare, pare aver esaurito le sue chiavi di interpretazione. «Le nuove generazioni non vedono nella politica un luogo di cambiamento delle loro condizioni o del contesto in cui vivono» osserva Ilda Curti, per dieci anni assessora alla rigenerazione urbana del Comune di Torino. «La promessa di svecchiamento e cambiamento, interpretata poi attraverso cerchi magici, personalizzazioni e poco altro, ha creato un’attesa talmente forte che il suo fallimento ha dato luogo a una risposta che solo un Paese cieco può non vedere» commenta invece Silvano Falocco, direttore della Fondazione Ecosistemi e coordinatore della scuola politica Danilo Dolci di Roma.
Sul «vuoto di immaginazione della politica» attraverso la metafora della «crisi delle città» si confronteranno entrambi oggi pomeriggio alle 18, al Centro di formazione alla solidarietà internazionale, insieme a Federico Zappini dell’associazione «territoriali#europei» (modera Simone Casalini, caporedattore del Corriere del Trentino).
mercoledì, 28 settembre 2016 ore 18:00
Gentili amiche e cari amici dell'associazione "Territoriali#Europei", siete tutt* invitat* all'incontro pensato per un aggiornamento relativo alla attività in essere ed ai programmi futuri. L'appuntamento è fissato per mercoledì 28 settembre dalle ore 18.00 alle ore 20.00 presso la saletta riunioni dell'albergo/ristorante al Marinaio sito a Trento sud in via dei marinai d'Italia.
Un cordiale saluto, Alessandro Dalla Torre
Trento, al Marinaio, svincolo Trento Sud
martedì, 13 settembre 2016
L'incontro è dedicato al tema del terzo statuto di autonomia.
lunedì, 5 settembre 2016
Riprende dopo la pausa agostana l'attività dell'associazione "territoriali#europei". Il primo incontro lunedì 5 settembre 2016 alle ore 18.00 presso il Circolo Alpini di Piazza Duomo a Trento.
Trento, Piazza Duomo (sede degli Alpini)
Sarà un viaggio un po' particolare, che avrà come ambito di indagine la solitudine della politica. A questa parola, solitudine, non assegno un significato in sé negativo. Vorrei dire piuttosto che si tratta semmai di una condizione dalla quale partire per non farsi prendere la mano dallo sconforto o dal rincorrere l'agenda politica, per inoltrarci nella crisi della politica, laddove ancora si fa fatica a riconoscere la sconfitta che segna la fine del Novecento e cercare sul piano del pensiero prima ancora che dell'agire strade inedite. Un viaggio che ci aiuti ad essere meno soli e ad osservare da vicino le molteplici esperienze che nascono malgrado tutto nella sperimentazione sociale, culturale e politica. E che nel viaggio vorrei conoscere e raccontare.
martedì, 28 giugno 2016 ore 20:00
L'associazione territoriali#europei, nell'ambito del percorso "Fra il non più e il non ancora", ti invita all'incontro "Il secolo che nasce e muore a Sarajevo".
28 giugno 1914. A Sarajevo, nei pressi del Ponte Latino, Gavrilo Prinzip assassina l'erede al trono asburgico Francesco Ferdinando e la moglie Sofia. E' il pretesto che di lì a poco darà il via alla prima guerra mondiale. Sarà “il tempo degli assassini”.
5 aprile 1992, qualche mese dopo l'avvio delle ostilità che porteranno all'esplosione della Jugoslavia, iniziano la guerra in Bosnia Erzegovina e l'assedio di Sarajevo. Durerà fino a tutto il 1995, capitolo infinito di una tragedia che insanguinerà per un decennio il cuore balcanico dell'Europa.
Il Novecento è alle nostre spalle. Ma quanto abbiamo saputo elaborare il secolo nel quale il numero dei morti in guerra risulterà triplo di quelli morti in eventi bellici nei diciannove secoli precedenti? Quanto ci siamo interrogati sulle parole “Arbeit mach frei” che accoglieva l'umanità destinata a passare per i camini? Quanto abbiamo saputo trarre lezione dal delirio novecentesco degli stati-nazione? Quanto abbiamo saputo riflettere sul progresso senza limiti che ha reso questo pianeta insostenibile? E che cosa abbiamo imparato noi europei dalla lezione della “guerra dei dieci anni”?
Trento, CFSI - ex Convento Agostiniani, vicolo San Marco 1
Atto d’accusa di Ferrandi: «Tanta retorica e memorie contrapposte». "Trentino", 30 giugno 2016
di Elena Baiguera Beltrami *
Che significato può avere oggi il volto tumefatto di Gavrilo Princip, stampigliato sulla bicicletta di un ragazzo bosniaco? Il Che Guevara dei Balcani? Per chi? E soprattutto perché? Nazionalismi che covano ancora sotto le ceneri del secolo breve, iniziato nel 1914 con un conflitto mondiale a Sarajevo e tramontato tra il 1992 e il 1995 di nuovo con l’assedio di Sarajevo?
Era il 28 giugno del 1914 e con il gesto omicida del giovane serbo-bosniaco Gavrilo Princip, nei confronti dell’arciduca Francesco Ferdinando e della arciduchessa Sofia, si accende la miccia del conflitto che manderà in frantumi l’impero austroungarico e condannerà l’Europa ad una carneficina di 16 milioni di morti, più di 20 milioni di feriti e mutilati, tra militari e civili.
Oggi, a 102 anni da quella immensa tragedia, sopra il sogno di una Europa unita, torna a soffiare il vento delle divisioni e dei nazionalismi sul fuoco di nuove povertà, degli ideali traditi, delle migrazioni percepite come minacce al proprio benessere e al proprio status. Difficile però affacciarsi a questo scenario senza capire ciò che è appena passato, senza una “inchiesta” sul 900, definito il secolo con più perdite di vite umane della storia dell’uomo, che possa fornire la chiave per riconoscere le matrici dell’odio prima che si materializzino in ideologie e si coagulino in pensiero collettivo.
Ci ha provato martedì sera, all’ex Convento degli Agostiniani di vicolo S. Marco a Trento, l’associazione “territoriali#europei”, affrontando una indagine sul ’900 moderata da Michele Nardelli, con l’ausilio di tre autorevoli intellettuali: Giuseppe Ferrandi direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino, Bozidan Stanisic scrittore bosniaco e Marcello Flores storico del Novecento e docente all’Università di Siena.
di Federico Zappini
Riporto qui una breve traccia utile all’intervento introduttivo alla presentazione del libro “I buoni” di Luca Rastello, che si svolge a Trento l’8 luglio 2016 a un anno esatto dalla sua morte. E’ un’introduzione per me particolarmente complessa da imbastire, per tre motivi almeno.
1) Luca Rastello – che io non ho avuto il piacere di conoscere personalmente – non credo avrebbe apprezzato un ricordo retorico della sua attività di scrittore ma ci avrebbe invitato a focalizzare la nostra attenzione e il sempre troppo poco tempo a disposizione sui temi che le sue opere (solo ultima tra molte “I buoni”) continuano a sottoporci anche dopo la sua scomparsa. In maniera ruvida certo, disturbante al limite della provocazione, ma forse proprio per questo motivo con un risultato così efficace e fruttuoso. “La guerra in casa”, “La frontiera addosso”, “Piove all’insu” sono solo alcuni dei suoi lavori che ci interrogano sull’esistente nel tentativo di descrivere un futuro altro, migliore. Risvegliano la nostra sana inquietudine e ci impongono di – citando un bellissimo intervento di Goffredo Fofi – “non essere mai reduci, ma di abitare appieno il proprio tempo”. La prima domanda che dovremmo porci – e la rivolgo per primo me stesso – è se siamo grado di assumerci questo ruolo di curiosi osservatori e animatori del contesto nel quale ci muoviamo, “impegnati a non soffocare mai i dubbi, in primo luogo su noi stessi” e il nostro operato. E’ l’argomento che sottoporrò a Mauro Cereghini all’interno di questa conversazione.