«Tempi interessanti» (47)
Domenica 19 giugno in 126 Comuni italiani, fra i quali sei capoluoghi di Regione, si andrà al ballottaggio per decidere chi saranno i sindaci e il segno politico delle future amministrazioni...
... Al di là del giudizio anche molto severo che possiamo avere verso l'attuale leadership del PD, a me sembra che se al governo delle grandi città (come nei piccoli Comuni, sia chiaro) vi sia un barlume di civiltà, che le persone abbiano il diritto di esistere al di là della loro carta d'identità e che i bambini non siano cacciati dalle mense scolastiche perché le loro famiglie non riescono a pagare i pasti dei figli, tanto per fare degli esempi, possa fare la differenza. So però che se non ci si dispone ad imparare anche le lezioni più dure non servono granché...
di Michele Nardelli
(14 aprile 2016) E' la prima volta che il popolo italiano è chiamato ad un referendum proposto dalle Regioni, più precisamente da nove Consigli Regionali (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto). Che ciò avvenga su un tema che investe l'idea stessa di sviluppo ci racconta molte cose.
Il neo-centralismo statalista
Ci racconta in primo luogo di un decreto (il “Salva Italia”) che ha espropriato le Regioni dalla competenza in materia energetica che con fatica le stesse avevano conquistato. Solo grazie alla nostra autonomia in Trentino ci siamo salvati dalla ri-nazionalizzazione delle centrali idroelettriche, ma la tendenza neo-centralistica appare inequivocabile.
E' bastato creare nell'opinione pubblica un clima ostile alle Regioni ed è stato un gioco da ragazzi far riemergere una cultura centralistica avversa ad ogni forma di autogoverno. Su questo aspetto, ahimè, non c'è destra o sinistra che tenga, quello centralistico è un approccio che passa in maniera trasversale nell'insieme del panorama politico.
(12 maggio 2016) La normativa sulle Unioni civili è da ieri legge dello Stato italiano. Con un voto a larga maggioranza la Camera dei Deputati ha approvato il testo licenziato dal Senato che pure aveva prodotto qualche strascico polemico per aver lasciato fuori le norme sulle adozioni. Si tratta di un passo importante, che pone fine ad una insopportabile discriminazione sia verso le coppie omosessuali che verso quelle di fatto. Non finiranno, invece, le polemiche considerato che attorno a questa normativa la destra populista – intravvedendo la possibilità di utilizzare il tema della famiglia come arma di scontro e di consenso politico elettorale – ha già annunciato ostruzionismo diffuso, obiezione di coscienza e una propria iniziativa referendaria. Il ritorno ad una contrapposizione fra credenti e laici non mi sembra affatto uno scenario desiderabile, con l'effetto di imbarbarire ancora di più un clima politico già oltremodo degradato. In questo senso ho trovato di grande valore l'intervento di Massimo Cacciari, apparso nelle scorse settimane sulla rubrica “Parole nel vuoto” del settimanale “L'Espresso”, che ho pensato di riprendere. (m.n.)
di Massimo Cacciari
Accade, di rado fortunatamente, che la politica e l’attività legislativa si imbattano in problemi di straordinaria complessità storica e culturale. Sarebbe certo, allora, auspicabile il massimamente improbabile, e cioè una certa consapevolezza che le questioni che si affrontano investono forme di vita e di civiltà, mutamenti di portata antropologica e non qualche moda passeggera.
È il caso degli attuali dibattiti, più o meno piazzaioli, sulle unioni civili, tema che assume il proprio significato soltanto se inserito nel drammatico contesto del rapporto attuale tra scienza-tecnica, politica e vita. Discutere di un aspetto di tale relazione astraendo dagli altri e dall’intero è la follia che ci condurrà ciechi e inconsapevoli chissà dove.
«Tempi interessanti» 39
Il testo del Disegno di legge sulle “Unioni civili” mi lascia piuttosto perplesso. Non per le ragioni che vengono addotte dallo schieramento conservatore o da quello laicista, bensì per una ragione più di fondo. Tanto per evitare fraintendimenti, che il Parlamento cerchi di sanare un vuoto legislativo su questo tema e che si estendano diritti a persone che per il proprio orientamento sessuale ne erano deprivati, lo ritengo un fatto certamente positivo.
Epperò, in tutto il dibattito come nel testo approvato in Senato, intravvedo un approccio che non condivido, riconducibile ad una sorta di subalternità culturale all'istituzione del matrimonio. Che non è l'unica e sola forma attraverso la quale le persone decidono di vivere o di trascorrere una parte della loro vita insieme, e questo a prescindere dall'orientamento sessuale dei contraenti...
Un intero universo concettuale sta andando in pezzi. Nessuno dei parametri validi nel Novecento funziona più
di Roberto Esposito *
Perché facciamo così fatica a capire quel che sta accadendo? Forse perché i fatti di queste settimane, dalla Brexit alla Turchia fino al terrore di Nizza e a quello, recentissimo, in Germania, così diversi tra loro, nella portata, negli effetti e nelle cause, hanno un punto in comune: “i fatti” di queste settimane non sono più quelli di una volta. L’idea stessa di “fatto” o di avvenimento è tale perché riusciamo ad inserirla in una cornice di pensiero più o meno consolidata.
Ora quella cornice che ha retto la seconda parte del Novecento non c’è più. L’Inghilterra che ha salvato l’Europa decide di lasciarla, possiamo assistere in Turchia a quello che è stato un golpe democratico contro una democrazia autoritaria, possiamo vedere dei terroristi che non hanno più un rapporto forte con un’ideologia, folle e totalitaria, ma la prendono a prestito, in leasing, per poche settimane, mettendo in gioco il loro corpo, la loro vita.
(17 febbraio 2016) «In modo sistematico e strutturale i vostri popoli sono stati incompresi ed esclusi dalla società. … Che tristezza! Quanto farebbe bene a tutti noi fare un esame di coscienza e imparare a dire: “perdono!” ... Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!».
Queste le parole di papa Francesco pronunciate a San Cristobal de las Casas, nel cuore della foresta lacandona, nello stato del Chiapas (Messico).
Sono parole importanti e impegnative. Chiedere perdono significa riconoscere che la conquista delle Americhe, quella conquista nel nome dei bianchi, dell'oro e della croce, rappresentò un abominio. Le armi, le malattie, la schiavitù e la fatica portarono in pochi anni al genocidio.
di Federico Zappini *
(11 febbraio 2016) Vi sarà capitato almeno una volta di sentire il motore della vostra auto – a secco di carburante – ammutolirsi, costringendovi a parcheggiare mestamente a bordo strada. E’ una sensazione spiacevole, che genera – a seconda del carattere – imprecazioni o sconforto. Spesso entrambi. Saprete quindi quanto è faticoso a quel punto far muovere quel pesante mezzo di lamiera per provare a raggiungere la prima piazzola di sosta o un’area di servizio per fare il pieno. Se poi vi è successo di vivere questa disavventura da soli, avrete presente quanto la situazione possa diventare complessa. Se vi rimboccate le maniche e provate a spingere non potete controllare il volante, rinunciando a gestire la direzione del mezzo. Se invece rimanete al posto di guida, senza una spinta non vi sposterete di un centimetro, pur avendo le mani salde sul volante che indirizza la marcia.
di Simone Casalini *
«M’è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. È sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un’evidenza. S’è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi son sentito un po’ strano, un po’ impacciato, ecco tutto. Una volta installata non s’è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch’era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande». Questi appunti sono scritti nel diario di Antoine Roquentin, 29 gennaio 1932. Il protagonista del capolavoro sartriano «La Nausea» somatizza il disagio del suo tempo e personifica il clima che precede la seconda guerra mondiale dove si ammassano i detriti del primo conflitto mondiale, la grande crisi economica del ’29, l’affievolimento dei sistemi politici dell’epoca, la miseria incipiente.
«Tempi interessanti» (33)
di Michele Nardelli
... Possiamo forse far finta di nulla? Allora la domanda che si pone il teologo Paul Renner nel suo forte richiamo di questi giorni sul Tunnel di base del Brennero è più che mai legittima. Immaginiamo che fra vent'anni, quando forse l'opera sarà conclusa, non sia cambiato nulla? Se fosse così il Tunnel del Brennero potrà anche essere percorribile ma lo scenario tutto intorno sarà di certo ben poco desiderabile. E non solo per le sorgenti prosciugate, ma perché il deserto (non solo ambientale) sarà più ampio e inquietante.
di Francesco Picciotto *
(27 gennaio 2016) In questi giorni Gustavo Zagrebelsky ci ripropone una riflessione importante (dico ci ripropone perché la stessa, con qualche piccola variazione, era stata alla base di un suo intervento nel 2012 al Science & Democracy Forum).
Zagrebelsky articola il suo pensiero a partire dalla lettura di un testo che io apprezzo molto (Collasso: la scomparsa della civiltà) scritto da un autore che apprezzo moltissimo: Jared Diamond (la differenza fra molto e moltissimo sta nel fatto che il suo testo che apprezzo di più è “Armi, acciaio e malattie”).
In breve (per quanto sia possibile trattare in breve una tesi così articolata) Zagrebelsky afferma che ciò che è accaduto sull’Isola di Pasqua sia di fatto un “esperimento in vitro” di ciò che potrebbe accadere (e che forse sta già accadendo) sul nostro pianeta. Questa sua affermazione secondo me viene da una lettura un po’ troppo semplificata della teoria di Diamond (d’altra parte Zagrebelsky è un giurista e per quanto ne sappia anche l’unico in Italia che tenti, a partire dal suo campo, una sintesi interdisciplinare coraggiosa fra giurisprudenza, sociologia, antropologia ed ecologia) che nel suo mettere a confronto diverse “esperienze umane” in varie parti del mondo e in varie epoche, riconosce alla componente ambientale ed ecologica una responsabilità fondamentale nell’avvenuto collasso di alcune civiltà o nell’aver trovato, da parte di altre, una soluzione. Ma in uno con la componente ambientale ne riconosce, se non vado errato altre 11, che definiscono una vera e propria matrice che una volta applicata ci dice di più sulle ragioni di successo o di un successo di una civiltà all’interno del proprio contesto storico ed ambientale.
di Roberto Pinter
(16 gennaio 2016) Il rinnovo della concessione all'A22 è una buona notizia, perché lascia alle Istituzioni dell'Autonomia il controllo di una importante infrastruttura, e del suo impatto sul territorio, nonché il controllo delle risorse economiche che comunque ne derivano. Che l'A22 si trasformi in una società interamente pubblica è un'altra notizia positiva dopo una stagione all'insegna delle privatizzazioni come scelta spacciata come l'unica per garantire efficienza e modernizzazione. Ma c'è una terza notizia ed è che la sottoscrizione giunge prima di definire quale sarà il futuro del progetto della Valdastico ed è una buona notizia per chi ritiene che una qualche subordinazione del rinnovo all'impegno per il completamento della Valdastico verosimilmente ci sia o ci sia stata.
Trent'anni fa ho fatto la mia prima conferenza stampa, insieme ad esponenti veneti del mio partito, all'uscita del casello di Piovene Rocchette per denunciare il rinnovato progetto di completamento e devo dire che il tempo sebbene sembra trascorso invano date le dichiarazioni del presidente della Regione Veneto, in realtà oltre a non concretizzare il progetto ha permesso di maturare alcune cose.
«Tempi interessanti» (28)
Un qualsiasi notiziario radiofonico di un giorno qualsiasi. La profonda distanza fra il "non più" e il "non ancora", che rischia di diventare un baratro. "Fare meglio con meno" scrivevo due anni fa nelle mie idee per il Trentino per registrare che anche qui come nel resto del pianeta la grande maggioranza delle persone preferiscono azzannarsi piuttosto che riconsiderare i propri stili di vita. Così si è in guerra, senza nemmeno rendersene conto.
di Emilio Molinari
(28 novembre 2015) L'ISIS ha dichiarato guerra all'occidente, rispondiamo senza pietà al canto della marsigliese. Non ho tentennamenti nella condanna al terrorismo e al cordoglio delle vittime, ma l'unanime grido: sono in gioco la nostra civiltà, i nostri valori, il nostro stile di vita, la nostra felicità e la nostra gioia...mi inquieta. Perché?
Perché sono convinto che siamo nel bel mezzo di una “Terza Guerra Mondiale a pezzi” di cui il terrorismo in nome di Dio è solo uno dei tanti pezzi. Che l'orrore parigino è solo una delle tante “rotture” con le quali il Pianeta ci segnala che non ci regge più...E non regge proprio il nostro stile di vita, la nostra felicità, la nostra gioia e... l'arroganza della nostra cultura.
Perché siamo in guerra con la natura, la quale proprio a Parigi, alla Cop 21 sul clima, ci presenta un conto salatissimo, tragico e ultimativo. E non sarà chiudendo la bocca agli ambientalisti in nome della sicurezza che risolveremo i problemi.
Questo commento è stato pubblicato come editoriale sul Corriere del Trentino nei giorni immediatamente successivi alle azioni terroristiche di Parigi.
di Ugo Morelli
"Invece di una patria/trattengo le metamorfosi del mondo”, scrive la poetessa premio Nobel, Nelly Sachs, in Fuga e metamorfosi. Di fronte all’orrore che ci suscita la guerra in casa nostra, nella notte di Parigi, noi dovremmo riflettere, in ogni luogo, anche nei nostri piccoli luoghi, che sono parte del mondo globale.
Dovremmo, accanto alla condanna della violenza distruttiva in ogni sua forma, disporci a chiederci cosa sta succedendo e cosa possiamo fare. Sono trascorsi alcuni anni da quando Ryszard Kapuscinski aveva intuito che “dovunque c'era un confine ci sarà un mercato”. Le patrie e i luoghi, con la crisi degli stati nazionali, hanno cambiato di significato e lo scambio è divenuto inarrestabile.
di Michele Nardelli
(17 dicembre 2015) Come giudicare l'accordo di Parigi sul clima? Il confronto che si è aperto dopo la conclusione unanime della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite ruota attorno al dilemma di sempre: il bicchiere lo dobbiamo vedere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Le risposte, come si può immaginare, spaziano dall'ottimismo al pessimismo a seconda della lettura che se ne fa o, forse meglio, a partire dal proprio posizionarsi verso le cose del mondo. Entrambe legittime, per carità.
Perché se la conferenza sul clima non si fosse nemmeno tenuta le cose non sarebbero certo migliori e il fatto che i rappresentanti di 190 paesi si siano riuniti a discutere di come far fronte al surriscaldamento della Terra ha se non altro reso palese la gravità della situazione, “ultima occasione prima del disastro” è stato detto. Aspetto, non di poco conto, considerato che per decenni l'allarme lanciato nell'ormai lontano 1972 dal primo rapporto su “I limiti dello sviluppo” del Club di Roma nemmeno veniva preso in considerazione, tacciato come catastrofismo.