Ricerca politica

Ripensare la politica in un viaggio verso il termine della notte
Occhiali inservibili

di Giorgio Cavallo *

 

Parte I

Una premessa

L’approfondimento politico gratuito non è oggi una attività che appassiona. Salvo qualche anziano pensionato, anche l’accademia gioca le proprie carte interpretative verso obiettivi pre definiti e finisce per diventare partecipe di pure lotte per la conquista o il consolidamento di poteri esistenti.

Pensare che oggi si possa ricominciare a fare politica come presentazione e verifica di strumenti interpretativi e modificativi dei rapporti sociali ed economici attraverso un percorso democratico, cioè con una partecipazione attiva del più ampio numero di soggetti possibili, è una chimera che sembra lontanissima.

Tuttavia diventa sempre più evidente la mancanza di una dialettica che ricerchi e indichi soluzioni interpretative nuove dei grandi e piccoli temi che l’umanità ha di fronte e che attualmente vengono gestiti dai rapporti di potere tra i sistemi istituzionali pubblici e privati che dirigono il mondo sulla base di forme di conoscenza e pensiero non più attuali. Siamo di fronte ad una digitalizzazione che sta stravolgendo ogni tipo di rapporto ma ancora una volta vediamo il tutto come una grande occasione di rinnovamento tecnologico capace di progresso e non come un terreno che obbliga a ripensare elementi costitutivi dei rapporti sociali ed economici.

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Dalla Catalunya al Trentino. Indipendenza e autonomia. Federalismo europeo. Sovranità da condividere e un pugno che deve farsi carezza.
Verso Barcellona

 

di Federico Zappini

(2 aprile 2018) Abbiamo deciso di intraprendere un viaggio dentro la crisi politica catalana dopo esserci chiesti – a metà dicembre scorso – quale potesse essere il ruolo dell’Autonomia nella delicata fase che sta vivendo l’Europa. Siamo arrivati a Barcellona mentre sei indipendentisti catalani entravano in carcere o erano costretti all’esilio. Sulla via del ritorno abbiamo appreso che Carles Puigdemont era in stato di arresto e si andavano formando le prime manifestazioni di solidarietà e protesta nelle piazze catalane.

Questo il contesto nel quale ci siamo mossi, tra incontri con partiti politici e conversazioni con soggetti sociali e culturali. Un contesto che, visto lo spropositato utilizzo della carcerazione preventiva da parte dello Stato spagnolo, rischia di veder chiudersi ogni possibilità di dialogo politico, favorendo una maggiore polarizzazione delle posizioni in campo e attivando una crescente radicalizzazione dei metodi di lotta da un lato e di tentativo di reprimerli dall’altro.

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Nell'Europa delle autonomie responsabili. Viaggio in Catalunya
Barcellona

Inizia giovedì 22 marzo 2018 il settimo itinerario del "Viaggio nella solitudine della politica".

Nella programmazione del “Viaggio nella solitudine della politica” non avevamo immaginato uno specifico viaggio catalano. Ma il nostro viaggio si rivela un generatore di idee e proposte che via via prendono corpo. E così dopo lo stimolante itinerario nel cuore di una Padania ormai declassata dalla Lega a trazione integrale del “prima gli italiani”, gli incontri di Pieve di Soligo “Autonomie cooperanti - L'utopia di un'Europa che si fonda sull'autogoverno territoriale” (22 ottobre) e di Trento “Autonomie - Quel cambio di sguardo che serve all'Europa” (alle Gallerie di Piedicastello, il 16 dicembre 2017), sono nate alcune piste di lavoro fra le quali la proposta di un viaggio in Catalunya, nella regione europea diventata cruciale rispetto alla possibilità di ridisegnare l'Europa in senso federalistico.

Il programma

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Siamo caduti in un pozzo. Rimaniamoci per un attimo per tornare a vedere il sole e la luna… [prima parte]
dal blog Ponti di vista

di Federico Zappini *

«La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più nè sole nè luna, c’è la verità»

Leonardo Sciascia

 

(8 marzo 2018) Leggo attorno a me spaesamento e frustrazione, stupore e delusione. Voglia di fuggire. Chissà dove poi, come esistesse un altrove perfetto e privo di spigoli nel quale abbandonarsi ad una vita senza alti e bassi, senza conflitti da affrontare, senza complessità da sbrogliare. Leggo il bisogno di capire cosa è successo e cosa succederà. E la voglia di un abbraccio, in attesa di un ragionamento politico risolutivo che tarda a venire a galla. Leggo anche – dopo un primo momento di giusto silenzio, utile a mettere ordine, a razionalizzare – commenti che tendono a fotografare la situazione politica dentro gli schemi precedenti al voto di domenica. Già essere arrivati fin lì con quegli schemi è stato evidentemente un errore. Perseverare è – come sappiamo – diabolico. Eppure è la scelta più semplice, tra chi sottolinea l’ignoranza generalizzata dell’elettorato e chi denuncia la mancanza di una proposta di “vera” sinistra capace di intercettare un bisogno che – a conti fatti – sembra invece essere semplicemente migrato altrove, cambiando di forma (anche radicalmente) o riconoscendo parole d’ordine di proprio interesse dentro programmi e visioni altre.

Siamo caduti in un pozzo. Finalmente. E ci siamo caduti (parlo ovviamente anche per me, che pure qualche avvisaglia mi ero permesso di segnalarla negli ultimi mesi) senza averne la piena consapevolezza, almeno fino a quando non abbiamo sentito il terreno mancare sotto i piedi e iniziare, inevitabile, la caduta. Un caduta per fortuna non troppo rovinosa, almeno dal mio punto di vista, e forse addirittura salutare e, se ben interpretata, potenzialmente generativa.

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Oggi è sabato, domani è domenica *
Inverno

di Michele Nardelli

(3 marzo 2018) Le previsioni del tempo indicano che lunedì prossimo ci sarà ancora pioggia e neve sopra gli ottocento metri. Insomma non potremo rifugiarci in una bella giornata di sole. Ma non preoccupiamoci più di tanto, malgrado l'esito elettorale avremo a che fare con lo stesso paese del giorno precedente.

Sarà ancora notte quando le prime proiezioni elettorali sullo spoglio ci forniranno una fotografia di questo paese, delle sue paure e del suo smarrimento. Del resto, per mesi gli istituti demoscopici hanno indicato le tendenze di voto degli italiani e non penso che l'esito si discosterà in fondo più di tanto, salvo forse per il risultato di qualche partito minore che potrà rappresentare una qualche sorpresa.

Tutto invece si giocherà sull'avvicinarsi o meno alla soglia del 40% da parte della coalizione di destra (non ho mai pensato a Berlusconi come ad un uomo di centro) o del Movimento 5 Stelle, tanto che Salvini si è augurato negli ultimi giorni della campagna elettorale che il PD non vada sotto il 22% perché questo potrebbe significare un forte spostamento di quell'elettorato verso i pentastellati.

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Il crepuscolo di un sistema
Crepuscolo. Porto Marghera

In dialogo con l'idea di un “inedito inizio” proposta da Federico Zappini

di Michele Nardelli

(7 febbraio 2018) Ho vissuto in prima persona il passaggio dalla “prima” alla “seconda Repubblica”, quando – era l'inizio degli anni '90 – andava in frantumi il quadro politico sul quale si era retto questo paese dalla fine della seconda guerra mondiale. Anni bui. Manette ai polsi dei potenti, partiti storici che si polverizzavano, poteri oscuri che seminavano terrore, istrioni che scendevano in campo. In un suo celebre discorso sulla transizione italiana, Giuseppe Dossetti ebbe a chiedersi, riprendendo il libro di Isaia, «Sentinella, quanto resta della notte?»1.

Eppure anche in quella “notte” non mancarono lampi di luce, la stagione dell'Ulivo ad esempio, forse il primo e significativo tentativo di costruire una nuova sintesi delle migliori culture politiche precedenti. Presenti al nostro tempo, in questa terra vivemmo quel passaggio senza smarrirci, dando il là – nonostante rancorosi conservatorismi – ad una stagione che fece del Trentino un'anomalia politica in tutto l'arco alpino. Ci aiutò un tessuto culturale e sociale dalle radici profonde che faceva da cornice alla sperimentazione politica.

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Autonomia, quel cambio di sguardo che serve all'Europa
L'Europa delle Regioni

di Michele Nardelli e Federico Zappini

La questione catalana sembra essersi incagliata nella storia del Novecento. Se non sapremo proporre un approccio diverso, indicare nuovi scenari, immaginare paradigmi inediti, sarà ben difficile disincagliarla. E se l'orizzonte di ciascuna delle parti (ma anche dell'Europa e a ben vedere di ognuno di noi) rimane ancorato ai concetti di sovranità da un lato e di autodeterminazione dall'altro, sarà difficile venirne a capo. Può infatti sembrare paradossale, ma nella contrapposizione sulla Catalunya i principali protagonisti la pensano sostanzialmente allo stesso modo.

La situazione non è poi così diversa da ciò che avvenne nel 1999 nella crisi del Kosovo, oggi silenziata ma non per questo risolta, tanto è vero che per il diritto internazionale il Kosovo è ancora una regione della Serbia nonostante la sua indipendenza sia stata riconosciuta da 114 Paesi.

La pagina sul Corriere del Trentino

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2018 – 2020. Di un’agenda politica comune e dei margini sensibili da cui partire
immagine da https://pontidivista.wordpress.com/

di Federico Zappini *

Comunque vada abbiamo un problema.

Non sono mancati in questi mesi gli spunti capaci di condurci con maggiore consapevolezza alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo. Ecco alcuni esempi, quelli che sento a me più affini. Pier Luigi Sacco ha suggerito un approccio diverso alle politiche culturali, offrendo un piano di lavoro di dimensioni ampie e di sicura prospettiva. Mauro Magatti un radicale cambiamento dei paradigmi economici e Donatella Di Cesare una nuova lettura (filosofica e politica) dei fenomeni migratori. Lo hanno fatto illuminando campi di enorme rilevanza, che meriterebbero migliore e più articolata riflessione. E poi non sono mancati spunti su ambiente, Europa, lavoro e welfare, tecnologia e innovazione, città e urbanistica. Un caleidoscopio di contributi che descrive un contesto vitale, come ama dire Giuseppe De Rita, “con poca voce ma grande potenza”.

Non una novità se pensiamo che Sabino Cassese coniò la felice espressione “società senza Stato” per descrivere la scissione tra rappresentanti e rappresentati, tra istituzioni e corpo sociale, in un libro edito nel contesto del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il disallineamento tra cittadini e leadership politica non è quindi un fenomeno esclusivo di questo tempo, anche se oggi la frattura sembra diventata tanto profonda e il rischio di corto circuito nell’assetto democratico così prossimo al verificarsi da richiedere un opportuno supplemento di riflessione. Certo c’è l’astensione (effetto più che causa, per quanto mi riguarda possibile triste e vergognoso rifugio) ma il problema di fondo – che rimarrà sul tavolo anche dopo il 4 marzo – è la fragilità dell’interazione tra le dimensioni del sociale e quella del politico. Una fragilità che rappresenta un po’ la conseguenza e un po’ l’origine delle contemporanee crisi di domanda (cosa cercano gli elettori? che idea hanno della politica? ne sentono il bisogno o credono se ne possa fare tranquillamente a meno?) e di offerta politica (come si propongono partiti e potenziali eletti? in che modo tentano di tenere insieme valori e conquista del consenso? come immaginano il futuro, se se lo immaginano?).

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Un futuro in cui riconoscersi
Segantini

di Ugo Morelli

Concludendo il suo libro che avrebbe dato il nome al 1.900, Il secolo breve, il grande storico Eric Hobsbawm scrive: “Se l’umanità deve aver un futuro nel quale riconoscersi, non potrà averlo prolungando il passato o il presente. Se cerchiamo di costruire il terzo millennio su questa base, falliremo. E il prezzo del fallimento, vale a dire l’alternativa a una società mutata, è il buio”.

Assistendo agli attuali giri di giostra con cui le forze partitiche affrontano la preparazione alle candidature per le prossime elezioni politiche viene da pensare che i timori dello storico fossero fondati. I prossimi cinque anni saranno anni di scelte difficili e ogni comunità locale dovrebbe esprimere dei progetti politici e delle prese di posizione chiare rispetto a questioni ineludibili.

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Un vocabolario, dalla prossimità al mondo
Astrolabio

Quella a seguire è l'introduzione di Federico Zappini all'incontro "Autonomia, quel cambio di sguardo che serve all'Europa" svoltosi a Trento sabato scorso 16 dicembre 2017 nella cornice del "Viaggio nella solitudine della politica". Nei prossimi giorni sul blog del "Viaggio" e sul questo stesso sito potrete trovare gli interventi di Ugo Morelli, Michele Kettmaier, Francesco Galtieri e Beppe Caccia. In allegato la mappa del confronto realizzata da Alessandro Bonaccorsi.

di Federico Zappini

Non si parte mai da zero. Abbiamo scelto di intitolare zero (dall’arabo sifr) il blog (http://www.zerosifr.eu/) che accompagna il “Viaggio nella solitudine della politica” che da qualche mese stiamo conducendo, perché lo zero nella storia non ha rappresentato l’irrilevanza ma una vera e propria rivoluzione nella possibilità di svolgere operazioni matematiche complesse, fino a quel momento impossibili. Ambiziosamente auspichiamo che questo contributo al dibattito politico – in forma aperta e senza nessun tipo di copyright – possa avere lo stesso effetto nei confronti della necessaria ripoliticizzazione della società. Serve uno “zero” da introdurre nel sistema, capace di cambiare paradigmi inservibili e di mettere in comune sguardi oggi tra loro distanti e diversi.

Il racconto illustrato della mattinata, a cura di Alessandro Bonaccorsi

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Per vivere meglio dobbiamo imparare a ridurre
Wolfgang Sachs

di Giuliano Battiston *

Dalla petroliera alla barca a vela. Con questa metafora Wolfgang Sachs spiega il passaggio che abbiamo di fronte. Un passaggio obbligato, se vogliamo sopravvivere: dalla modernità espansiva alla modernità riduttiva. Da una società fondata sull’accumulo, sull’accelerazione, sull’espansione senza limiti, sulla dipendenza da un flusso crescente di materie prime finite, a una società che sappia razionalizzare i mezzi in modo efficiente e soprattutto interrogarsi sui propri fini, sulle proprie aspirazioni, sul “quanto basta?”.

Allievo di Ivan Illich, già membro del Club di Roma e dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, sociologo del Wuppertal Institute for Climate, Environment and Energy e animatore di molte utopie concrete, da decenni Sachs studia come conciliare giustizia sociale ed ecologica. Pensatore di riferimento dell’ecologismo politico europeo, è arrivato a una conclusione: lo sviluppo della civiltà euro-atlantica è dovuto a circostanze storiche uniche e irripetibili, ed è incompatibile con la finitezza della biosfera. Se aspiriamo a una civiltà capace di futuro, quel modello di modernità espansiva va archiviato. Per farlo, occorre mettere in questione innanzitutto la nozione di “sviluppo” che ne è alla base. Da lì siamo partiti, nell’intervista concessa all’Espresso.

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C'è molto da scrivere
La Trabant e il muro di Berlino

(1 gennaio 2018) Iniziare il 2018 con una campagna elettorale non potrà di certo aiutare la politica ad essere migliore. La XVII legislatura della Repubblica Italiana, iniziata il 25 marzo 2013, sembrava essersi esaurita già poche settimane dopo l'insediamento del Parlamento, ma in realtà è giunta quasi alla sua scadenza naturale.

Nonostante in molti auspicassero il ricorso alle elezioni anticipate, non senza motivo (considerato lo stravolgimento degli schieramenti con cui si era andati al voto), abbiamo invece conosciuto una fase di “stabilità condizionata”, dove cioè la scomposizione e ricomposizione delle alleanze (e delle appartenenze) ha favorito la nascita di tre governi (Letta, Renzi e Gentiloni) all'insegna di un'austerità insincera, del populismo centralistico e autoritario e – dopo la secca sconfitta nel referendum – della gestione dei suoi ultimi mesi nel favorevole contesto di una ripresa globale, fra diffusa precarietà e qualche sussulto di civiltà, anche grazie al manifestarsi di altre maggioranze parlamentari.

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sabato, 16 dicembre 2017 ore 10:00

Autonomia, quel cambio di sguardo che serve all'Europa
Immagine della presentazione

Da Pieve di Soligo a Trento, nuova tappa del viaggio

Dopo l'incontro di Pieve di Soligo – “Autonomie cooperanti. L’utopia di un’Europa che si fonda sull’autogoverno territoriale” – a conclusione del V itinerario del "Viaggio nella solitudine della politica", ci siamo interrogati su come dare continuità a quella conversazione, continuità peraltro sollecitata da molte delle persone che vi hanno partecipato. Abbiamo così immaginato di proporvi due o tre cose.

In primo luogo una riflessione da titolo “Autonomia, quel cambio di sguardo che serve all'Europa” che, proprio a partire dalle idee che ci siamo scambiati nel borgo di Andrea Zanzotto, definisse un profilo nel quale riconoscerci e aprire uno spazio di discussione.

Partendo dalla visione, ovvero dalla tenuta sul piano del pensiero verso un mondo sempre più interconnesso e a geografie variabili che sembra stupirsi di fronte al continuo manifestarsi della crisi della struttura rigida e tutt'altro che resiliente dei confini e degli Stati nazionali sovrani. Per comprendere la fatica delle istituzioni democratiche e dei corpi intermedi deputati alla rappresentanza politica (partiti, movimenti, associazioni, comunità) nel definire il proprio ruolo e i propri strumenti in relazione al "mondo che sarà". E infine per cercare di riportare in superficie la cultura e l'approccio federalista come possibile schema per un ripensamento dell'Europa politica (l'Unione, ma non solo) provando a sfuggire dalle narrazioni troppo retoriche (dalla generazione Erasmus in giù...) e stressare le proposte sul tavolo, come ad esempio il modello da molti sostenuto degli Stati Uniti d'Europa.

Trento, Gallerie di Piedicastello

Autonomia, quel cambio di sguardo che serve all'Europa

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Gemmazioni
Carte antiche

 

«Tempi interessanti» (74)

Se c'è una cosa in particolare che mi convince di questo nostro “Viaggio nella solitudine della politica” è la sua capacità di gemmazione. Nel senso che non c'è itinerario che non generi qualcosa d'altro, come a comporre un mosaico che di volta in volta si arricchisce. Di storie, sguardi, sensibilità, idee, proposte...

... Questo ci racconta del valore generativo della ricerca e delle possibilità di un diverso racconto politico. Se nell'iniziare questo viaggio abbiamo cercato di metterci al riparo dalle emergenze e da un'agenda politica che le rincorre, è oltremodo interessante notare come ci si sia quasi naturalmente trovati ad essere “presenti al nostro tempo”.

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Autonomie cooperanti. L’utopia di un’Europa che si fonda sull’autogoverno territoriale.
strade tortuose

 

di Federico Zappini

C’è vita oltre i referendum convocati da Zaia e Maroni. E’ c’è spazio per discutere di autonomia e autogoverno senza dover necessariamente andare a ruota della propaganda – tutta economica e opportunistica – leghista. Dentro “Il viaggio nella solitudine della politica” abbiamo già avuto modo di incrociare la questione in diverse occasioni. Attraversando il Trentino, e le sue difficoltà nell’affrontare il percorso di scrittura del Terzo Statuto. Incontrando cittadini e cittadine che nell’area dolomitica e alpina da anni – in Veneto come in Friuli, o nelle valli Lombarde – si interrogano e praticano sul fenomeno delle proprietà collettive e la gestione dei beni comuni. Ne emerge un interessante – e non privo di contraddizioni – movimento di persone, tra loro anche molto diverse, che guardano con curiosità e attenzione alle prospettive federaliste. Sarebbe sbagliato non tenere in considerazione questa ricchezza di punti di vista, lasciando che ognuno approcci i prossimi referendum senza una minima riflessione collettiva.

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