sabato, 22 giugno 2019 ore 10:30
La scuola degli spiazzi #4
Trova il tempo per ascoltare, imparerai a parlare.
Trova il tempo per pensare, sarai capace di scegliere.
Trova il tempo di leggere, diventerai sapiente.
Trova il tempo per sognare, potrai sperare.
Trova il tempo per fare una carezza, non ti sentirai inutile e solo.
Torna la #scuoladeglispiazzi e accoglie Marianella Sclavi.
Sabato prossimo 22 giugno, dalle ore 10.30 alle ore 12.30, a Trento in Via San Martino 78 (spazio antistante la libreria Due punti), ci sarà il quarto appuntamento della Scuola degi spazzi. La parola chiave dell'incontro è Cornici, un tema cruciale.
Nel 2000 Marianella Sclavi scriveva un importante testo, dal titolo "Arte di ascoltare e mondi possibili: come si esce dalle cornici di cui siamo parte". Un punto di vista che era visionario allora e rimane attualissimo.
Trento, Libreria due punti, Via San Martino 78
venerdì, 14 giugno 2019 ore 18:00
Venerdì 14 giugno 2019 alle ore 18.00 a Trento presso la Libreria Due punti di via San Martino 78 Margherita Montanari sarà in dialogo con i curatori Alberto Winterle e Federico Zappini e con le autrici e gli autori del libro.
E' simbolico che la prima presentazione di questo volume si tenga lì dove scorreva l'Adige. L'idea di raccogliere questo caleidoscopio di visioni nasce dallo stimolo offerto da La Venezia che vorrei. Parole e pratiche per una città felice. e dall'urgenza di rimettere in moto un dibattito che sembra muto, assente. Estromesso dal cuore della città - proprio come il suo fiume, reso periferico per semplificare il quadro urbano - vogliamo torni a innervare lo spazio pubblico e le reti comunitarie, offrendo spunti per decodificare il presente e progettare il futuro. L'acqua che lambisce la riva, ora placida ora più impetuosa, è la metafora del tempo che scorre e porta con se le esperienza trasformatrici utili a pensare e realizzare la città che sarà.
Trento, Libreria Due punti, via San Martino 78
sabato, 8 giugno 2019 ore 10:30
Trova il tempo per ascoltare, imparerai a parlare. Trova il tempo per pensare, sarai capace di scegliere. Trova il tempo di leggere, diventerai sapiente. Trova il tempo per sognare, potrai sperare. Trova il tempo per fare una carezza, non ti sentirai inutile e solo.
Sabato 8 giugno 2019, alle ore 10.30, a Trento in via San Martino 78 (davanti alla Libreria Due punti), c'è il terzo appuntamento della Scuola degli spiazzi. La parola chiave di questa sessione è "#Dove" e a svolgerla sarà Flaviano Zandonai.
Parliamo di luoghi, spiazzi e non solo. Della necessità di riconoscere nella prossimitàun punto di riferimento (un centro di gravità...) necessario e decisivo per ridefinire le caratteristiche delle comunità, dei modelli economici, dei processi democratici.
Trento, via San Martino 78
sabato, 6 aprile 2019 ore 10:30
Una giornata di studio e incontri promossa dalla Fondazione E35 e dal Comune di Reggio Emilia (a cura di Roberta Biagiarelli) nell'ambito di Trecentosessantacinque giorni Donna 2019
Si svolgerà Sabato 6 aprile 2019 (Sala del Planisfero, Biblioteca Panizzi | 10.30-13.00; Sala del Tricolore, P.zza Prampolini, Comune di Reggio Emilia | 15.00-17.30) a REGGIO EMILIA
Partecipano Elena Pulcini, Maria Pia Di Nonno, Elisabetta Salvini, Michele Nardelli, Lidia Menapace, Giorgia Serughetti e Cecilia D’Elia, Gemma Bigi, Valentina Lanzilli: sono questi gli ospiti dell’iniziativa, rivolta alla cittadinanza, con donne e uomini che quotidianamente si prendono cura, con spirito costruttivo, del progetto europeo, consapevoli delle difficoltà che l’Unione sta affrontando ma che ancora credono nelle sue enormi potenzialità.
Reggio Emilia, Sala del Planisfero, Biblioteca Panizzi
di Federico Zappini
TESI UNO – Il corpo del capo e la brevità dei cicli politici. Nei giorni scorsi Matteo Renzi ci metteva al corrente di aver perso dieci chili accumulati durante il suo impegno da Presidente del Consiglio. L’altro Matteo sembra invece nella fase dell’accumulo, all’ingrasso. Il corpo del capo parla (Marco Belpoliti ne scriveva ai tempi di Silvio Berlusconi) e la relazione bulimica con il cibo diventa in questo caso metafora di un agire famelico che alla pancia punta con i suoi messaggi e che la pancia utilizza per ingurgitare tutto. Senza digerirne la complessità. Evitando l’opera di decodificazione che dovrebbe essere propria della politica stessa. Tutto in pancia quindi, fino a scoppiare. Se la dieta di Renzi sembra premessa – non si impara mai dai propri errori – al tentativo di rimettersi “a tavola”, per Salvini siamo invece alla saturazione prima dell’esplosione (ricordate i Monty Phyton? Tenete pronta una mentina) che è propria di fenomeni politico/sociali sempre più basati sulla viralità mediale e digitale, qui e ora. Leader (!?) usa e getta.
Mauro Cereghini – Michele Nardelli
Sicurezza
Edizioni Messaggero Padova, 2018
Il 12 luglio sarà presentato a Bolzano, il 13 luglio a Trento.
«Il Novecento è stato il secolo di Auschwitz e della violenza. Le guerre hanno contato milioni di morti, e l’umanità si è attrezzata per distruggere il pianeta che la ospita. Eppure nel secolo scorso la sicurezza non era quell’ossessione che oggi offusca lo sguardo. Ci siamo risvegliati dall’illusione del progresso e delle sue magnifiche sorti, scoprendoci aridi di pensiero e privi di futuro. Così l’incertezza si è tramutata in paura, e la paura in aggressività.
Per dare una nuova possibilità all’umanesimo occorre fare i conti con le grandi tragedie del Novecento. Elaborare il passato per promuovere un cambio di paradigma, capace di far propria la cultura del limite e la forza della nonviolenza. Occorre trasformare l’idea di sicurezza: non difesa dagli altri, ma cura dello stare assieme».
Esce in questi giorni un nuovo lavoro editoriale, come il precedente1 scritto a quattro mani da Mauro Cereghini e Michele Nardelli, su un tema che sembra avere effetti devastanti nella coscienza come nei comportamenti collettivi, la sicurezza.
sabato, 23 marzo 2019 ore 11:00
Cinquanta minuti di lezione una volta al mese in uno spiazzo per riprendere a formarci, informarci e confrontarci. In allegato qualche parola in più per descrivere l'idea. La prima campanella suona il 23 marzo alle 11.00 e l'appuntamento è in via San Martino 78 (o alla Bookique, in caso di pioggia).
Il professore che incontreremo per questo primo incontro sarà Marco Revelli, storico, politologo e giornalista. Per le prossime lezioni decidiamo insieme chi ci piacerebbe avere come insegnante.
Vieni? Passaparola.
Trento, Via San Martino 78
«Tempi interessanti» (90)
La voce di Gianmaria Testa ci accompagna nel nostro attraversare le montagne ferite. Ci racconta di un vento che spazza questo povero tempo nostro, appassito nella bestemmia delle parole. Diventa così l'inaspettata, dolce, colonna sonora di questo ennesimo itinerario di un “viaggio” che si rivela ad ogni suo passo una possibile chiave di lettura del presente. Ed è come ci cullasse nella tristezza di un ambiente alpino segnato per i prossimi decenni dal ribellarsi della natura.
Tristezza... e rabbia. Nell'osservare gli utenti del divertimentificio sfrecciare con i loro ridicoli fuoristrada finalmente liberati dall'ingorgo delle città. Mi chiedo che cosa ancora debba accadere per comprendere la nostra insostenibilità...
di Federico Zappini *
Un mattino di primavera. Il sole che taglia in due la stanza. Un tappeto sbattuto che rilascia un pulviscolo infinitesimale. Correnti invisibili che ne determinano andamenti confusi. Un movimento caotico di particelle.
Questo è lo stato dell’arte del mondo che ci circonda. Il tappeto è la società così come la conoscevamo, scossa da una serie di crisi che ne minano le certezze, mescolano le caratteristiche fondanti, disarticolano la composizione. La polvere siamo noi, cittadini/elettori spaesati. Le spinte che frullano questa realtà a grana sottilissima sono i fattori che generano l’entropia contenuta in quel limbo che Antonio Gramsci poneva tra ciò che non è più e ciò che non è ancora. Disintermediazione e comunicazione iper-accellerata. Frammentazione delle relazioni e apparente impossibilità di dare forma a ipotesi credibili per futuri desiderabili.
Il reportage del decimo itinerario del "Viaggio nella solitudine della politica" dal titolo "Esiti del cambiamento climatico. Nelle Alpi devastate dagli eventi atmosferici" (15- 17 febbraio 2019)
di Micaela Bertoldi
Alberi con i piedi per aria
tronchi schiantati,
riversi
su pendii privati di chiome
alopecia di monti feriti.
Mortificato,
lo sguardo sorvola
i cimiteri tristi dove natura
giace sconfitta.
Alberi e sogni sono caduti.
Smarriti e soli. Silenti.
Natura che ignora i confini e si ibella alle prepotenze umane
Di sconfitte e sogni, abbiamo parlato nel decimo itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”, incontrando persone addolorate per gli eventi catastrofici che si sono riversati sui territori Dolomitici e delle Alpi Carniche lo scorso 29 ottobre: un nuovo limes che la ribellione della natura ci sottopone attraverso il lamento della montagna e di chi ci vive.
Sindaci e amministratori locali, rappresentanti delle Proprietà collettive e delle Comunità di Regola, lo Scario della Magnifica Comunità di Fiemme, i responsabili dei servizi forestali provinciali, regionali, demaniali delle province di Belluno, di Udine e di Trento, rappresentanti di associazioni ambientaliste o cooperative che operano nel settore legno: in ogni incontro abbiamo parlato con cittadini preoccupati non solo per come si affronta il presente – con le opere di primo rimedio ai guasti franosi, con la pulizia di ettari di bosco devastati, con il ripristino della viabilità – ma anche e soprattutto sugli scenari oltre l'emergenza che investono il tema cruciale della montagna.
(23 febbraio 2019) Come forse saprete nei giorni scorsi si è svolto il decimo itinerario del "Viaggio nella solitudine della politica", in questo caso ambientato nelle Alpi devastate dagli eventi atmosferici dell'ottobre scorso ed in particolare nelle Dolomiti bellunesi, nel Cadore, in Carnia, in Val di Fassa, nell'area di Carezza, in Valle di Fiemme e nel Lagorai.
Un viaggio ricco di immagini, incontri, riflessioni attorno a realtà molto diverse fra loro per caratteristiche naturali, assetti proprietari ed istituzionali, condizioni economiche ed altro. Ma accomunate da un territorio montano che per la sua fragilità richiede attenzione e cultura del limite. E che, anche per questo, fatica ad entrare nelle agende politiche.
Ne verrà, come in in ognuno dei nostri itinerari, un reportage, uno o più racconti scritti e fotografici per giornali e riviste, un incontro con alcuni dei protagonisti del viaggio che pensiamo di realizzare entro il mese di marzo a Trento. Forse un film.
E, nell'immediato, un video con le splendide immagini di Razi Mohebi e Soheila Javaheri che i lettori possono già trovare qui: https://youtu.be/ymOQCYjIxvY (con preghiera di diffusione).
venerdì, 15 febbraio 2019 ore 07:00
Dal 15 al 17 febbraio 2019 si svolge l'itinerario n.10 del "Viaggio nella solitudine della politica". S'intitola "Esiti del cambiamento climatico. Nelle Alpi devastate dagli eventi atmosferici" e si snoderà attraverso le Alpi Carniche, il Cadore, il Lagorai e le valli colpite dal vento devastante che nella notte fra il 29 e il 30 ottobre è arrivato a punte oltre i 200 chilometri orari.
«Ciò che è accaduto nella notte fra il 29 e il 30 ottobre del 2018 nelle foreste dolomitiche e carniche rappresenta un avvenimento tanto inedito quanto inquietante che ci porta a considerare come gli esiti dei cambiamenti climatici siano da considerare nel nostro presente. Ne ho parlato nel mio blog nella riflessione dal titolo “La ribellione della natura” (http://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=4215) e riprendendo il prezioso reportage di Giampaolo Visetti “La terra guasta” (http://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=4214).
Malgrado l'evidenza degli avvenimenti che investono il pianeta sotto ogni latitudine e rispetto ai quali nessuno può chiamarsene fuori, tanto la dimensione pubblica (le scelte dei governi in primo luogo) quanto quella privata (i nostri stili di vita) non sembrano approdare ad alcun significativo ripensamento.
Dolomiti e Alpi Carniche
Un passaggio obbligato per interpretare il futuro
di Giorgio Cavallo
L’autonomia differenziata colpisce un nervo scoperto
Come è possibile che una semplice applicazione di una previsione costituzionale che nel 2001 venne proposta ed approvata dalla sinistra e dal voto popolare, con una destra che riteneva tale previsione poco federalista, venga oggi vista come una mina pronta ad esplodere e a far saltare l’unità dello Stato italiano?
Non entro nel merito degli aspetti tecnici della questione, dei particolari applicativi e di quelli finanziari e del complesso delle modalità di trasferimento delle materie, ma vorrei centrare la vicenda sugli aspetti politici che si stanno palesando. Non ritengo peraltro che le posizioni emergenti dagli oppositori né quelle dei, più o meno vivaci, proponenti sia unicamente determinata da interessi elettorali e dal loro posizionamento geografico. Lo scontro è realmente politico.
Molta acqua è passata sotto i ponti dal decennio di fine secolo scorso quando il dibattito sul federalismo era un tema su cui “tutti” si confrontavano, magari anche per impedire il secessionismo dichiarato, ma mai praticato, della Lega Nord di Bossi. Il federalismo era considerata una medicina per curare le difficoltà di uno Stato uscito a malapena da “tangentopoli” ma che esprimeva comunque una vitalità soprattutto a partire dai suoi corpi intermedi, organizzati e spontanei.
«Da una parte gli uomini, dall'altra no» scrive l'amico Francesco Picciotto (sulla home page di questo sito oppure in https://adoraincertablog.wordpress.com/2019/01/02/uomini-e-no/). Vorrei essere d'accordo con lui e probabilmente un tempo lo sarei stato. Ora non più.
Uomini e no di Elio Vittorini è stato uno dei libri importanti della mia formazione giovanile. In quel confine fra umanità e disumanità ci sono cresciuto, era la ragion d'essere, il discrimine fra il male e il bene. Cui corrispondevano le scelte di vita, non solo l'impegno politico ma, come nel romanzo di Vittorini, persino gli amori.
Eppure lo stesso Vittorini, figlio di quel tempo manicheo, nelle ultime pagine del suo romanzo apre una possibilità, quella di vedere nel soldato tedesco non solo il seguace del nazismo, ma un operaio triste che porta su di sé il dubbio e forse il dolore. E nel giovane partigiano che lo risparmia, la capacità di distinguere fra l'uomo e la sua rappresentazione... una moto in meno che, bruciata, gli offre una nuova possibilità.
di Raniero La Valle *
Riprendo questo scritto dell'amico Raniero La Valle perché ritengo, pur da non credente, che lo sguardo proposto ci indichi una prospettiva di alto profilo per affrontare questo tempo. Credo altresì che una storia sia finita e che, in mancanza di un'analisi critica della modernità i cui grandi paradigmi sono stati lo stato-nazione e le magnifiche sorti dello sviluppo, ben difficilmente sapremo imparare dal passato e immaginare il futuro. Non tutto è stato scritto e a questo credo dovrebbe servire il tagliando. (m.n.)
(29 novembre 2018) Sono già passati 18 anni dall’inizio del secolo, e anzi del millennio, e le cose avvenute sono tali per cui è diventato urgente fargli il primo tagliando, per capire dove sta andando, e se bisogna lasciarlo andare così.
Era cominciato, il millennio, nella percezione di un grande cambiamento. Con molta retorica era stato celebrato l’Anno Santo del Duemila, stava cominciando l’euro e stava debuttando, col suo nuovo nome di Eurozona, l'Europa, il comunismo non c’era più e il capitalismo stava prendendo il potere in tutto il mondo promettendo libertà e benessere, all’occidentale, per tutti. Grandi (e piccoli) uomini e donne avevano chiuso il passato, ancora appartenendovi, senza sapere o poter aprire il futuro: Paolo VI, papa Wojtyla, Berlinguer, Gorbaciov, e ancora la signora Thatcher, quella che voleva far tornare l’Iraq all’età della pietra, cioè a prima di Babilonia e di Ninive, il Bush del “nuovo secolo americano”, gli autori del Trattato di Maastricht che avevano scelto l’economia al posto della politica e come sovrano il denaro al posto del popolo. In ogni caso però c’era la sensazione profonda di un principio: a Roma si era istituito addirittura un Assessorato che si chiamava “Roma cambia millennio” e si fecero studi e un convegno internazionale per vedere che cosa si dovesse lasciare e che cosa portare con sé nel passaggio dall’una all’altra epoca; poi Rutelli e il cardinale Ruini decisero che bastava così e tutto fu chiuso.