Ricerca politica

Il virus, da un punto di vista filosofico
Frankenstein jr

di Neri Pollastri *

La filosofia nasce dal thauma, dall’inquieto stupore prodotto da qualcosa che mette in mora quanto normalmente dato per ovvio, obbligando a riflettere e a trovare un significato diverso alla realtà. Questo atteggiamento che si assume di fronte al turbamento è anzi proprio ciò che caratterizza la filosofia: c’è chi si spaventa, chi si deprime, chi cerca aiuto, chi prova a rimuovere, chi cerca spiegazioni ad hoc e chi, invece, s’interroga riflessivamente e, in tal modo filosofando, fa tesoro di una spiacevole esperienza inattesa.

Da oltre un mese siamo tutti di fronte a un thauma: il SARS-CoV-2, alias coronavirus, è un’inattesa e inedita minaccia per chiunque (anche se i più a rischio sono gli anziani e i debilitati), della quale non sappiamo quasi nulla tranne ciò che impariamo convivendoci – non ne conosciamo caratteristiche biologiche, effetti di lungo periodo, farmaci antagonisti e forme di contenimento – e per fronteggiare la quale non abbiamo potuto far altro che cambiare largamente i nostri modi di vivere per cercare di non infettarci. Va sottolineato che questa lacuna conoscitiva riguarda tutti, semplici cittadini ed esperti; questi ultimi, in effetti, ne sanno qualcosa in più, possono aggiornarsi con maggiore rapidità e sono in grado di utilizzare meglio le analogie con altri fenomeni simili, ma ciò non fa di loro dei “portatori di verità”, visto che questa, sul SARS-CoV-2, oggi ancora non c’è.

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Utopia quotidiana e necessaria
da https://pontidivista.wordpress.com

di Federico Zappini *

[Questa sera ho passato tre ore e mezza su Zoom, sia lodato!, per una riunione con altre trenta persone circa. Avevamo tempo – come tutti in queste settimane – e un lungo ordine del giorno da affrontare. E’ stato bello!]

In questi giorni sento un’urgenza totale – allo stesso tempo passionale e ansiogena – di Politica e di fare Politica. Un bisogno primario, un desiderio profondo, di confronto e azione condivisa che prende spinta (non inizia…) dentro quella che è una fase caotica e priva di certezze, se non quella che dovremo far fronte a trasformazioni di tipo epocale e mai viste nel nostro recente passato.

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Andrà tutto bene, se…
Un salto di fede © Adtamo

di Federico Zappini *

Nell’ultimo pacco di libri che è arrivato e ho aperto in libreria – ormai due giorni fa, il prossimo sarà immagino tra diverso tempo – c’era Un’altra fine del mondo è possibile, scritto a sei mani (e una miriade di cervelli) da Pablo Servigne, Raphaël Stevens, Gauthier Chapelle. Non è un testo pessimista, anzi. Si trova nella collana Visioni, scelta editoriale lungimirante dell’Istituto Treccani. Una serie di volumi importanti, alcuni fondamentali.

Alcune cose si vedono bene solo con occhi che hanno pianto”. La citazione di Henri Lacordaire – illuminante – che introduce un ragionamento articolato che tenta di partire da dove siamo (sull’orlo di un precipizio, da prima della comparsa del Covid19) per metterci nelle condizioni di arrivare a un’altra fine, intesa non come tragedia ineluttabile ma come opportunità di attivarsi per un Mondo diverso e migliore. “Per ripensare il modo in cui vediamo il mondo, cioè l’essere nel mondo.” La chiamano collassosofia.

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La grande cecità
Stanley Kubrick. 2001: Odissea nello spazio

«Tempi interessanti» (100)

Che i tempi siano interessanti non c'è dubbio. Inquietanti pure. Evidenziano la fragilità del castello di carte sul quale si regge l'attuale ordine mondiale. Non solo per l'intrecciarsi delle crisi – ecologica, finanziaria, demografica, sociale, politica, morale – ma anche per lo svelarsi della fede nel veleno, di quell'insano meccanismo che, malgrado gli ammonimenti che nel tempo ci hanno messo in guardia rispetto ai limiti dello sviluppo, ci ha fatto credere nel mito moderno del progresso e che la scienza e la tecnica avrebbero comunque trovato le soluzioni alla sua insostenibilità. Rivelano altresì, per usare le parole di Luigino Bruni, un'immensa impotenza. «Abbiamo messo in piedi un sistema economico estremamente vulnerabile. Niente come un virus mostra che il re capitalista è nudo. Come sapeva già Keynes i piedi di argilla del capitalismo sono i sentiments e le emozioni della gente. I grandi strumenti, i potentissimi mezzi dell'economia e della finanza oggi non possono nulla. La mano invisibile si è totalmente inaridita e le voci dei suoi paladini zittite...»

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Come vivremo insieme?
da https://pontidivista.wordpress.com

Questo articolo è stato pubblicato oggi, martedì 10 marzo 2020, sul Corriere del Trentino

 

di ***

 

1. La Biennale Arte di Venezia nel 2019 si intitolava “May You Live In Interesting Times”, “Che tu possa vivere tempi interessanti”. Il confine tra augurio e maledizione contenuto in questa frase non è mai stato così sottile e scivoloso. Quelli che attraversiamo sono tempi complessi. Confusi e frenetici. Sono tempi non banali, che non possono lasciare indifferenti. Tempi nervosi, non pacificati. Tempi contraddittori che non generano solo paura – emozione primaria, legittima e spesso necessaria – ma tracimano nel panico. Tempi interessanti quindi, e per questo di faticosissima interpretazione.

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In medio stat virus
Biopolitica

di Marco Revelli *

Alla velocità della luce siamo arrivati a una sorta di ground zero. La decisione del Governo di trasformare l’intero Paese in un’unica “zona rossa” – di arrestare la vita sociale ed economica per salvare la vita biologica – ne è l’emblema. Nell’arco di meno di una settimana il mondo consueto in cui vivevamo si è rovesciato, e siamo regrediti, d’un balzo, a un grado zero non solo dell’attività – dei movimenti, del lavoro, della produttività – ma della relazionalità. E anche, vogliamo dirlo? della civiltà. E’ quanto accade quando repentinamente la politica si rivela come bio-politica. E più che le regole umanizzate della Polis valgono quelle elementari della sopravvivenza, del Bios. Il fatto che il provvedimento preso appaia al tempo stesso terribile e ragionevole – un ossimoro – ci dice quanto a fondo in effetti il male sia arrivato a toccarci “nell’osso e nella carne” (per usare le parole che nel libro di Giobbe il satana rivolge a dio), polverizzando d’un colpo ogni nostra consolidata abitudine. Ogni precedente “pensato” orientato alla convivenza civile in un “sistema sociale”, travolto dalle nuove – pre-umane, dis-umane – regole dei “sistemi viventi”.

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Grandi opportunità (e un rischio) di un Sindaco oltre
Immagine di ©Enkel Dika

di Federico Zappini


(23 gennaio 2020) SìAmo Trento è il nome scelto per la coalizione di centro-sinistra che a Trento correrà alle elezioni amministrative del prossimo maggio. Una dichiarazione d’amore e il segno della comune intenzione di dar vita a un progetto condiviso e plurale. Un buon inizio. Chiusa una fase caratterizzata da una pericolosa lentezza se ne apre un’altra – quella della campagna elettorale – dal ritmo frenetico.

In soli sette giorni sono stati molti i momenti in cui è stata sperimentata l’idea di campagna porta a porta, abitando la prossimità delle piazze e dei bar, dei piccoli punti di ritrovo di quartiere. Hanno preso velocità anche le iniziative delle forze politiche facenti parte la coalizione, iniziando il necessario percorso di riconoscimento reciproco nei confronti di un candidato che – a differenza di quanto avvenuto negli ultimi trent’anni – non è diretta espressione di nessuno dei partiti. Una personalità fuori da quegli stessi partiti si è cercata negli ultimi mesi, dando quasi per scontato che i confini tra il dentro e il fuori siano netti e per nulla porosi. Fosse davvero così si correrebbe il rischio di pensare che l’alterità della figura del candidato scelto rispetto al recente passato politico e amministrativo di questo territorio metta al riparo i protagonisti di quella stagione (tanto i singoli quanto le forme organizzate) da una necessaria analisi critica di ciò che è stato, collegata a una progettazione inedita della città che sarà. Sarebbe un tragico errore, sia per l’orizzonte breve che conduce fino alla scadenza elettorale che per quello più disteso che guarda, per approssimazione, ai prossimi venti o trent’anni.

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Nuove geografie per leggere il presente
Mappe

di Michele Nardelli

 

Le carte geografiche corrispondono alle visioni del tempo. Così per secoli abbiamo immaginato che la nostra parte di mondo fosse più rilevante di quel che era nella realtà, come a rendere oggettivo il dominio sul resto del pianeta. Non era solo la storia ad essere scritta dai vincitori, anche la geografia seguiva tendenzialmente questa logica. Storia e geografia corrispondevano del resto ad un umanesimo narciso e povero di mondo, intento – nella sua ipocrisia – a proclamare un diritto internazionale asimmetrico e largamente inesigibile.

La Carta di Peters (1973) ha incominciato a raddrizzare le cose, rispettando le dimensioni reali dei continenti, le proporzioni, le distanze, compresa la colorazione degli Stati non più riconducibili ai possedimenti coloniali. A venir messe in discussione in maniera evidente, oltre alle carte, era la pretesa oggettività dei geografi, a testimonianza del fatto che la geografia è una materia viva, in continuo divenire ed in stretta relazione – come ogni sapere – al carattere multidisciplinare della conoscenza. Malgrado ciò, ancora oggi è la Carta di Mercatore (1569) ad essere quella di maggior uso comune. Ed un neocolonialismo a colorare di fatto nuove egemonie.

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Quattro libri per indagare il nostro tempo
Paul Klee

Un saggio di Ugo Morelli su "Doppiozero"

(24 febbraio 2020) Mettere in dialogo ed intrecciare le riflessioni e gli stimoli che quattro libri, molto diversi fra loro quand'anche accomunati nell'indagare questo nostro tempo, offrono ai lettori: è quanto si prefigge il professor Ugo Morelli che sul prestigioso sito “Doppiozero” posta un articolo dal titolo “Creare un mondo di molti mondi” (https://www.doppiozero.com/materiali/creare-un-mondo-di-molti-mondi) e che qui riprendiamo in versione integrale nell'allegato.

I quattro libri in questione sono quello di Geoff Mann e Joel Wainwright Il nuovo Leviatano. Una filosofia politica del cambiamento climatico” (Treccani, 2019), quello di Grammenos Mastrojeni e Antonello Pasini, Effetto serra, effetto guerra (Chiarelettere, 2020), quello di Paolo Vineis, Luca Carra, Roberto Cingolani Prevenire. Manifesto per una tecnopolitica” (Einaudi, 2020) ed infine quello uscito in questi giorni di Diego Cason e Michele NardelliIl monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite” (Bertelli Editori, 2020). Che a loro volta s'intrecciano con un'ormai vasta letteratura che prova a dare sostanza d'analisi e cittadinanza politica al nodo cruciale di un cambio quanto mai urgente del paradigma riconducibile alle magnifiche sorti progressive che ha governato questo pianeta da almeno due secoli.

Il saggio di Ugo Morelli

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sabato, 14 dicembre 2019 ore 12:30

Incontro restitutivo dell'itinerario «Roma e Bisanzo. Guardando la Mezzaluna fertile»
Fatih, Istanbul

Un momento di restituzione dell'undicesimo itinerario «Roma e Bisanzo. Guardando la Mezzaluna fertile» del Viaggio nella solitudine della politica si svolgerà sabato prossimo 14 dicembre 2019 all'Osteria Sant'Anna, in loc. Sant'anna di Sopramonte (Trento). L'appuntamento è per le ore 12.30.

L'incontro sarà in primo luogo dei partecipanti al viaggio (saranno quasi tutti presenti) ma ovviamente è aperto a tutte le persone interessate (occorre però la prenotazione).

Sarà anche l'occasione per parlare dei prossimi itinerari.

Sant'Anna di Sopramonte (Trento)

mercoledì, 11 dicembre 2019 ore 15:30

Le professioni della cultura
Immagine della locandina

Il Dipartimento Culture e Società dell'Università di Palermo pruomuove nei giorni 11 e 12 dicembre 2019 una due giorni di incontri dal titolo "Le professioni della cultura" rivolto ai corsi di laurea triennali in Servizio sociale, Laurea magistrale in Servizio sociale e politiche sociali, Laurea magistrale in Cooperazione, sviluppo e migrazioni.


Programma

11 dicembre 2019 h 15.30-18.30

Università di Palermo, Dipartimento Culture e Società

Viale delle Scienze, Edificio 15, Gipsoteca, 8° piano


Tavola Rotonda

Ricucire gli strappi: la relazione come cura e progetto.

Orizzonti per una didattica inclusiva


Modera: Roberta T. Di Rosa 

Introducono: Serena Marcenò, Maria Chiara Monti, Michele Nardelli, Rita Affatigato, Francesco Picciotto.

 

Invitati a partecipare:

Amnesty International, ASPROC, ASSF, APA ONG, BAYTY BAYTIK, Centro Astalli, Centro Diaconale Valdese,Centro Penc, CESIE, CISS, Cooperativa Arcolaio, Cooperativa Libera…mente, CLEDU, COPE, COSPE, CSC Danilo Dolci, ENGIM, Emergency, ESIS, Fondazione Assistenti Sociali, Friday For Future, II Pellegrino della Terra, Kala Onlus, Laici Comboniani, Legambiente, Molti Volti, Ordine Assistenti Sociali Sicilia, Osservatorio sulle Migrazioni Centro Arrupe, People Help The People, Sartoria Sociale, Send, Tulime ...

Palermo, Dipartimento Culture e Società, Viale delle Scienze, Edificio 15

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Sfidiamoci! Per essere all’altezza della crisi che dobbiamo risolvere
Paul Klee

di Federico Zappini

Esattamente venti anni fa, a Seattle, fa la sua comparsa il movimento no-global. Nasce per segnalare i rischi della globalizzazione che – a quel tempo – contava sostenitori entusiasti e acritici tanto a destra quanto a sinistra. Ecologia e migrazioni. Giustizia sociale e femminismo. Lotta alla finanziarizzazione predatoria dell’economia e richiesta di ri-democratizzare la Democrazia. Le questioni in campo non sono cambiate. Allora erano una profezia. Oggi possiedono l’urgenza dell’ultima spiaggia.

A quella prima onda seguirono il luglio feroce (di desiderio e repressione) di Genova e il corto circuito dell’11 settembre, generatore dell’etichetta menzoniera dello scontro di civiltà. Da lì ci si è mossi scompostamente conoscendo le conseguenze della crisi globale del 2008, ancora qui a testimoniarci la sua non transitorietà.

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sabato, 23 novembre 2019 ore 14:00

La Trento che vorrei...unplugged
La locandina
Un appello per un incontro di parole e azioni

Sabato 23 novembre, ore 14.00 - 19.00
Kripta du cirque, via Torre d'Augusto 22 - Trento (davanti a Bookique)
 
Quando qualche mese fa lavoravamo alla stesura de La Trento che vorrei abbiamo scelto la metafora del fiume da riportare in città per descrivere la nostra idea di Politica di prossimità, vitale e generativa. Il nostro contributo al dibattito cittadino - un po’ statico - è quello di mettere a disposizione un luogo di incontro per tutti/e quelli che sentono l’urgenza di un cambio di passo, di dar forma a una possibile alleanza di corpi e menti capaci di immaginare l’inedito.
 
Un grande convivio.
Ecco cosa ci serve adesso.
[…] Portate quel che serve per fare bisboccia e dibattito.
 
Quando ci incontriamo? Facciamolo presto. Parliamo della città e aiutiamoci a comprendere le sfide del suo futuro. In luoghi accoglienti, con un orario d’inizio ma non uno di fine. Sperimentando metodi coinvolgenti, lasciando le zone di comfort e contaminandoci con l’altro da noi. Con il comune obiettivo di chiarirci le idee e re-imparare a curare i punti di crescenza delle nostre comunità, oggi così fragili e smarrite. Dialogando per conoscere e conoscersi. Per immaginare e progettare, cooperando. Per creare senso condiviso e terreni comuni per l’azione. Per fare Politica, dando coralità alle tante sfumature che ci compongono. Per la Trento che vorremmo. Che vogliamo.

Trento, Kripta du cirque, via Torre d'Augusto 22

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La sfida di un destino comune
Paul Cezanne

Nei giorni 3 e 4 luglio 2021 si svolgerà a Genova il X Congresso di Slow Food Italia. Circa settecento delegati si riuniranno in parte in presenza e in larga parte in collegamento per dar vita ad un nuovo passaggio che abbiamo chiamato La sfida di un destino comune.

Un orizzonte tracciato nel documento di visione che – insieme agli altri documenti congressuali sulla biodiversità, sull'educazione e sulla advocacy proposti dal Consiglio Nazionale uscente e dalla nuova squadra candidata alla direzione dell'associazione – si propone di declinare il buono, pulito, giusto e per tutti nel contesto di crisi (ambientale, climatica, sanitaria, sociale, demografica, economica ma anche culturale e politica) che investe il nostro tempo.

Una proposta che si rivolge a tutte le persone e le realtà collettive che oggi si pongono criticamente verso un modello di sviluppo palesemente insostenibile e all'origine della sindemia in corso.

Un invito alla lettura.

la versione in pdf

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La Trento che vorrei. Le parole (prima parte)
Immagine dell'incontro

Buongiorno a tutti e a tutte!

Sabato 23 novembre ci siamo lasciati con la promessa di non chiudere il convivio in quella giornata e con una domanda: a cosa servono questi incontri?

Ce lo siamo chiesti, a lungo, sabato scorso. Aiuto reciproco, memoria di sé, traduzione e storia, persone e intersezioni, culture e comfort zone, economie e cura, città e società: da qui siamo partiti. Per rilanciare un dibattito troppe volte addormentato, per iniziare un percorso.

È passata quasi una settimana, e stiamo cercando di mettere in fila un po' di quello che ci siamo detti: lo facciamo partendo con gli interventi della prima parte del pomeriggio di sabato (in allegato).

 

 

 

La prima parte degli interventi

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