di Michele Nardelli
(28 novembre 2013) I giornali parlano della fine di un'era. Personalmente sono abbastanza scettico. Bastava leggere quel che c'era scritto sui cartelli fra la folla radunata nei pressi della sua residenza romana per capire che Silvio Berlusconi in questi vent'anni ha rappresentato ben più di un capo di partito o di governo.
Berlusconi è stato per milioni di italiani un mito, un'idea di società e di relazioni, un modello di aspirazioni e di consumi. Al quale non si chiedeva buon governo ma di far vivere quel mito di eterna giovinezza, spensierata e guascona come lui, che non ammetteva lacci e laccioli nel suo agire pubblico, sfera nella quale lamentava di non potersi muovere con la stessa disinvoltura che in quella privata, condizionato dalle istituzioni, dalle leggi, dalla burocrazia. L'inno alla libertà, che poi altro non è che la regola del più forte.
di Luigino Bruni
Quanto accade in questi giorni a Genova ci sta dicendo, pur con le sue inevitabili ambivalenze (e strumentalizzazioni), qualcosa di importante per la nostra economia, e democrazia. Per comprendere qualche cosa che non emerge dalla semplice cronaca, è necessario tornare all'origine delle 'aziende municipalizzate', che oggi in Italia sono quasi 5mila.
Questa forma di impresa ha fatto la sua comparsa in Italia all'inizio del Novecento. Un ruolo cruciale lo svolse l'economista Giovanni Montemartini, di Montù Beccaria (Pavia), che giustificava l'importanza della creazione di queste imprese sulla base di due principi: quello del municipio (o municipalismo italiano) e quello di efficienza economica. Montemartini, di tradizione socialista ma conoscitore dell'economia liberale, fondava la sua proposta sulla vocazione 'municipale' (o comunale) dell'Italia.
Trento in cima alla classifica della qualità del vivere nelle citta capoluogo italiane.
Nell'intreccio degli indicatori che per prima "Sbilanciamoci" ha proposto con l'indice QUARS (l'indice sulla qualità regionale dello sviluppo) il Trentino e il Sud Tirolo erano sempre ai primi posti della graduatoria. Un dato che viene confermato oggi da un'analoga inchiesta pubblicata dal Sole 24 Ore e della quale indico qui sotto il link.
Nella stessa graduatoria la bella città di Napoli risulta all'ultimo posto. Amo Napoli per tante ragioni e oltretutto credo di essere uno dei rari trentini doc fin da bambino (ai tempi di Omar Sivori, per intenderci, ben prima di Maradona) ad essere tifoso della squadra di calcio di quella città.
Sono orgoglioso per Trento, di cui per altro conosco bene anche i difetti. E quanto a Napoli, la città, pure piegata dal malaffare, può vantare tante cose che ne fanno l'unicità e che non si misurano certo nelle classifiche. Se penso al mare, al teatro, alla musica, alla storia, ai sapori... non è poi così difficile stare dalla parte degli ultimi.
di Giulio Marcon
(1 novembre 2013) La notizia ha dell'inverosimile. Il ministro della Difesa Mario Mauro partecipa a uno spot della Lockheed per propagandare l'acquisto dei cacciabombardieri F35. Nello spot compare la foto del ministro e la didascalia di una sua tragicomica frase che dice: «To love peace you must arm peace. F35 does that». Cioè: «Per amare la pace, devi armare la pace. L'F35 lo fa». Uno slogan ridicolo già utilizzato dal ministro durante la discussione, lo scorso giugno, delle mozioni contro gli F35.
Uno slogan che demagogicamente vuole avvalorare una scelta, quella del governo italiano, di spendere 14 miliardi di euro per un aereo capace di trasportare ordigni nucleari e di essere impegnato nei teatri di guerra. Il ministro non è nuovo a queste uscite, anche più folcloristiche e coreografiche, come quando (in una imitazione di Tom Cruise in Mission Impossible) si è fatto calare da un elicottero su una nave della marina con un verricello.
(6 novembre 2013) "Il singolare si è sostituito al plurale": titola così l'editoriale di oggi sul Corriere del Trentino a firma di Giovanni Pascuzzi. E per sviluppare il suo ragionamento, prende a prestito il dibattito e le cose che ho scritto su questo blog.
Pascuzzi s'interroga su questi tempi tristi nei quali alle ideologie si è sostituito una forma di voto di scambio post ideologico, dove prevalgono appartenenze post (o pre?) politiche come quella corporativa, territoriale (nel senso del voto di scambio), chiesastica o laicista, nostalgica o anagrafica.
"I politici - scrive Pascuzzi - si trovano a dover fronteggiare 'categorie' di persone a cui non importa 'dove' vada la società ma solo 'come' vengano tutelati i propri interessi".
Insomma "Talebanizzati nella sfera pubblica e tiratori di giacchette in quella privata" come ho scritto in una delle riflessioni sul voto.
C'è già un primo dato sul quale riflettere: il calo netto del numero dei votanti
(28 ottobre 2013) La tanto attesa domenica elettorale si è conclusa facendo già registrare un dato significativo: ha votato solo il 62,81% degli aventi diritto (cinque anni fa erano stati il 73,13%). Un dato su cui riflettere, al di là dell'esito del voto.
Un imperativo per la politica, che dovrebbe interrogarsi sui propri legami sociali e sulla sua capacità di entrare in comunicazione con la propria comunità (e magari di avere qualcosa da dire). Un imperativo anche per tutti gli altri corpi intermedi (sul loro rapporto con le istituzioni politiche come sulla loro capacità di svolgere un ruolo di natura pedagogica). E, infine, una necessità di autocoscienza per le nostre stesse comunità, per le istituzioni dell'autonomia come per le singole persone, che dovrebbero interrogarsi sulla formazione delle classi dirigenti ma insieme anche sull'apprendimento di un senso civico diffuso.
Al traguardo, caro Michele.
Se fossi un'elettrice trentina, voterei per te. Per ragioni antropologiche, direi, prima che politiche o affettive. Perché ritengo tu sia un uomo libero sul piano dell'esistenza individuale, e dunque in grado di dare vita, come hai dimostrato nel precedente mandato, ad un intelligente quanto appassionato agire politico istituzionale.
Un agire politico che, ricercando, costruisce Polis, anziché alimentare percorsi particolaristici e personalistici che - anche nelle forme più raffinate o carismatiche - dominano la scena. Un agire politico che intreccia pensiero e azione, con radici nel passato, ma con lo sguardo saldamente volto al presente e al futuro. Che si cimenta con la necessità e il rischio di generare, in un tempo di incerto transito, nuovi ordini, piccoli e grandi, di co-esistenza civile. Che privilegia il modo (come) intrecciato al contenuto (cosa) dell'azione istituzionale. Un agire politico che si confronta, infine, con la responsabilità e il potere attraverso un orientamento preciso: la consapevolezza dell'‘umano, troppo umano'. Dentro e attorno a sé.
Per questo, caro Michele, dall'autunno della mia città, oggi tanto elegante quanto socialmente sofferente, tifo forte per te.
Silvia Nejrotti, Torino
Negli ultimi giorni alcuni commentatori hanno azzardato un parallelo fra Renzi e Grillo. Naturalmente una sovrapposizione fra i due personaggi è molto improbabile, data la diversità delle origini politico-culturali e soprattutto del contesto in cui operano, il primo all'interno di un grande partito di governo, il secondo alla guida di un movimento espressione dell'anti-politica.
Tuttavia, da un punto di vista strettamente metodologico e con riferimento al modello di democrazia che i due esprimono, alcuni punti di assonanza sono rinvenibili e quindi il parallelo diventa possibile. Vediamo perché.
di Michele Nardelli
Il successo del centrosinistra autonomista e del PD del Trentino è stato netto e questo ha confermato il valore dell'anomalia politica di questa terra. Era questa la partita vera di queste elezioni e tutto il resto va in secondo piano.
Certo, contavano le proporzioni del risultato (il PATT viene premiato oltre misura) e la composizione della compagine di maggioranza, aspetti non trascurabili che in qualche modo peseranno nella legislatura, ma voglio immaginare che le cose importanti e innovative che si sono realizzate negli anni troveranno conferma e continuità, mentre si sapranno mettere da parte le mediocrità. Almeno questo è l'auspicio.
Questo scritto è apparso oggi in prima pagina sul quotidiano "Il Trentino"
di Michele Nardelli
(12 ottobre 2013) Un libro o un tablet in mano, per le strade di Trento a festeggiare la seconda edizione della festa nazionale dedicata alle biblioteche pubbliche e comunali. Bibliotecari, volontari, frequentatori delle sale lettura e studenti hanno celebrato così sabato scorso il BiblioPride. Lungo il percorso i libri hanno incontrato le tele colorate degli artisti trentini, in corteo a favore della cultura nell'iniziativa "Arte in cammino", e insieme hanno proseguito alla volta del MUSE. Due eventi inclusivi e in armonia, come inclusiva è la vocazione culturale e sociale delle biblioteche.
Il Sistema Bibliotecario Trentino è un'eccellenza del territorio che va festeggiata e tutelata: un servizio capillare, di qualità e gratuito, che da 25 anni collega tutte le Biblioteche della provincia, presenti in oltre il 90% dei 217 comuni. Un catalogo unico consultabile dal pubblico che raccoglie oltre 4 milioni di esemplari fisici, incluse opere a stampa, cd musicali, film e documentari in dvd, documenti digitali (audio, video, libri, corsi, riviste, ecc.), più i quotidiani e le riviste in abbonamento. Un corpo Bibliotecari, "il miglior motore di ricerca disponibile", in costante formazione e attento alla sfida delle nuove tecnologie.
"... Il passo di chi è partito per non ritornare
e si guarda i piedi e la strada bianca
la strada e i piedi che tanto il resto manca
e dietro neanche un saluto da dimenticare
dietro soltanto il cielo agli occhi e basta..."
Gianmaria Testa, Il passo e l'incanto
di Michele Nardelli
Indignazione, rabbia, tristezza. Questi sono i sentimenti che nascono dentro ognuno di noi di fronte alla morte di innocenti, come in queste ore a Lampedusa.
Forse però - superata la dolorosa emozione dei primi momenti - è l'imbarazzo lo stato d'animo che dovrebbe trovare spazio nei nostri commenti, nelle nostre prese di posizione. Imbarazzo per il fatto di non riuscire a tutelare la vita di persone - uomini, donne e bambini - che cercano di raggiungere le coste italiane e trovano la morte a poche centinaia di metri dalla meta. Imbarazzo per aver reso il Mar Mediterraneo un luogo ipersorvegliato e non per questo più sicuro per chi lo attraversa, trasformandolo in quella invisibile frontiera che vorrebbe separare le sue due sponde.
(8 settembre 2013) "Un'altra via è possibile" dice con fermezza Papa Francesco rivolto alle migliaia di persone riunite in Piazza S.Pietro. Un appello per la pace raccolto in ogni angolo della terra, ma che il G20 non ha saputo ascoltare. Perché la pace nel mondo è ancora lo spazio fra una guerra e l'altra. Talvolta anche per il pacifismo. Ne ho scritto una riflessione per il Corriere del Trentino oggi in edicola.
di Michele Nardelli
Damasco
Ci sono luoghi che appartengono più di altri alla storia dell'umanità. Verso i quali dovremmo avere rispetto e riconoscenza, non bombardarli. Non solo perché Damasco viene considerata dagli studiosi - insieme a Gerico - la città più antica del mondo, ma perché è grazie a questa città, conosciuta nell'antichità per la sua straordinaria bellezza architettonica, le sue sorgenti d'acqua, i suoi giardini, e all'incontro che lì avvenne fra la cultura bizantina, araba, ebraica, indiana e persiana che il pensiero europeo ha preso forma. In questa città, fra il VII e VIII secolo prese il via quel "movimento delle traduzioni" che portò alla divulgazione della filosofia, della matematica, dell'astronomia e dell'alchimia non solo nel vicino Oriente ma, attraverso il Mediterraneo, nell'Andalusia e progressivamente in quell'Europa che non a caso prese il nome, secondo la mitologia, dalla bella figlia di Agenore, re dell'antica Fenicia.
Voglio dire che non possiamo prescindere da una comunità di destino mediterraneo in cui affondiamo le nostre profonde radici culturali. Non solo per le conoscenze scientifiche, ma perché anche nelle culture materiali il Mediterraneo è stata la piattaforma attraverso la quale è avvenuto lo scambio del sapere, delle arti e della musica, del navigare e del commerciare, delle spezie e del pane.
Come non capire che i bagliori di fuoco che la CNN e al Jazeera fra qualche giorno ci mostreranno hanno dunque a che fare con la nostra storia?
di Michele Nardelli
(2 settembre 2013) Forse gli strateghi occidentali che in queste ore spingono per un intervento militare contro la Siria nemmeno lo sanno. O forse è proprio per questo. Damasco è considerata la città più antica del mondo. Non l'insediamento umano, ma il contesto urbano più antico, del quale si parla in antiche tavole risalenti al 2500 a.C.
Ci fu un tempo nel quale Damasco era il centro del mondo, nell'intrecciarsi attorno ai suoi meravigliosi giardini della cultura bizantina, araba, persiana e indiana. La lingua colta che vi si parlava era il greco e proprio in quella città nacque fra la fine del VII e l'inizio dell'VIII secolo il grande "movimento delle traduzioni" che portò - grazie alla trascrizione in arabo - alla conoscenza della filosofia di Aristotele e di Platone, della matematica di Euclide, Archimede e Tolomeo, dell'astronomia di Aristarco e dell'alchimia di Jābir ibn Hayyān altrimenti conosciuto come "Geber l'alchimnista", considerato il padre della moderna medicina.
di Ugo Morelli
(31 agosto 2013) Chi intende cambiare qualcosa è spinto, di solito, dalla propria convinzione. Lo è al punto che spesso non vede la differenza fra quella che può essere anche una buona intuizione e la creazione delle condizioni per realizzarla.
Chiunque debba impegnarsi in un cambiamento tende a commettere questo errore. Si rinchiude in un'identità, si allea con i "duecento intelligenti che hanno capito tutto e si oppongono agli alieni", e parte lancia in resta per cambiare il mondo. Così facendo di solito ha perso la partita. Il lavoro lento e difficile della costruzione del cambiamento, delle condizioni anche minime per realizzarlo, è quello che è richiesto dalla creazione di un nuovo modello di sviluppo nelle comunità locali. In particolare ciò vale per una
questione tra le più difficili e impegnative: il rapporto tra le forme dello sviluppo e il paesaggio, l'ambiente e il territorio.
(Agosto 2013) Sono andato a rileggermi la brochure della campagna elettorale del 2008 che aveva come titolo "Etica e partecipazione, facciamo un patto. Idee e suggestioni per il Trentino". Il mio programma, insomma.
Beh, scorrendo i temi proposti, devo dire che una buona parte di quel che mi ero prefisso è stato realizzato, o in prima persona o come azione del gruppo consiliare e della maggioranza o, ancora, attraverso l'esperienza di "Politica responsabile". Talvolta, a dire il vero, andando anche un po' oltre.