Editoriali

Economia e democrazia. Il pensiero di Amartya Sen
Amartya Sen

di Ugo Morelli

(25 maggio 2011) Il benessere è diverso dalla ricchezza. Quest'ultima ne può essere una condizione, a patto che si combini con la giustizia, l'eguaglianza, la tolleranza, l'etica e l'attenzione allo sviluppo delle capacità.

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Precarietà e diritto al futuro
In braghe di tela

Si sviluppa il dibattito sul tema del diritto al futuro. Al mio intervento su L'Adige del 9 maggio scorso sono seguiti gli stimolanti interventi di Daniela Zecca, di Edoardo Benuzzi e di Lorenzo Pomini che trovate nei commenti.

di Michele Nardelli

(9 maggio 2011) Quale idea di futuro può avere oggi un ragazzo di vent'anni? Penso dovremmo partire da qui, dal prendere atto piuttosto amaramente che è stato cancellato il diritto al sogno, nell'aver reso logori i pensieri che si fondavano sull'uguaglianza degli esseri umani come nell'aver reso difficile un progetto di vita fondato sulla sicurezza sociale, sulla possibilità di mettere su casa, sul veder riconosciute le proprie capacità.

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La guerra, i giovani, i vecchi.
Paul Klee amore per la Sicilia

di Francesco Picciotto

(28 marzo 2020) In questo tempo della mia vita le grandi questioni invece di fare nascere in me il desiderio di affrontarle, sviscerarle, discuterle, finiscono invece per ammutolirmi.

Per settimane, mesi, durante i quali assisto a dibattiti accesissimi, leggo tutto quello che redattori prolifici scodellano sulle pagine di social saturi, io non riesco a produrre un pensiero che sia uno, non riesco a definire un unica idea che mi sembri degna di nota e quindi taccio. Poi, magari dopo mesi appunto, magari quando il fatto, la notizia sono belli e decotti a me sembra di scorgere un significato, una “rima” ed è allora che scrivo.

Purtroppo quello di cui voglio parlare adesso non è questione passata e non perché una volta tanto io sia stato particolarmente reattivo ma perché si tratta di qualche cosa che c'è da tempo e che è destinata ad esserci ancora a lungo. Parlo di questa condizione terribile ed innaturale nella quale siamo immersi da settimane, questa condizione che ha rivoltato le nostre vite e che ci costringe ad una sorta di esilio forzato dal quale proviamo a ricucire relazioni, sicuramente difficili e forse impossibili, con le persone a noi care, con il nostro pianeta, con l'universo che si agita dentro di noi, con la nostra storia.

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Il mondo non è più sicuro di prima...
11 settembre 2011

di Michele Nardelli

(2 maggio 2011) La notizia rimbalza di buon mattino attraverso le agenzie di tutto il mondo: Osama bin Laden, il simbolo del terrorismo internazionale, è stato ucciso. Lo ha annunciato nel corso della notte il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dopo il blitz dell'intelligence americana che lo ha scovato non lontano da Islamabad, in Pakistan. Sono bastati, secondo le informazioni molto sommarie che gli Stati Uniti hanno lasciato trapelare, quaranta minuti di operazione per eliminarlo per sempre. Forse allora non servivano le bombe da 500 kg rovesciate sulle montagne dell'Afghanistan...

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Un giovane bello e solare, come i tanti protagonisti della primavera araba
Matite per la Palestina
di Ali Rashid

(19 aprile 2011) Oltre una certa soglia è ostico, persino ingrato, trasformare il dolore in parole. Un dolore accompagnato dalla rabbia e lo sgomento che non sai in quale direzione urlare.

Tutte le guerre sono sporche, quella sulla Palestina in modo particolare. Non ci sono state zone proibite o limiti invalicabili. Fiumi di parole e lacrime per descrivere la sofferenza e invocare aiuto, un oceano di menzogne che attirano altre menzogne per giustificare i crimini e perpetuarli. Mani e anime sporche di sangue rendono arduo il restare umani.

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Gaza. Sventolano le bandiere tricolori italiane
Vittorio Arrigoni

(16 aprile 2011) Oggi sabato alle ore 17.00 presso il Centro di formazione alla solidarietà internazionale a Trento (Via San Marco 1), in occasione della conferenza "Intrecci di pace" ci sarà un momento di ricordo di Vittorio Arrigoni

di Fabio Pipinato 

Quando ho saputo della morte di Vittorio Arrigoni s'è riaperta in me una ferita. Andare o restare. Nel '94, quando in Rwanda crollava tutto, io me ne andai. Non ebbi la forza di restare. Vittorio, invece, a Gaza, rimase. Fu l'unico italiano. Gli altri, come ci racconta Pax Christi, obbedirono all'ultimatum dei militari al valico di Heretz che ordinavano di uscire dalla Striscia. Vittorio disobbedì. Questa era la sua vita: disobbedire, rimanere e raccontare.

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No all'indifferenza
fascismo anni 70
di Ugo Morelli

(5 aprile 2011) Una comunità con grandi tradizioni democratiche - la comunità trentina, la terra di De Gasperi - deve prendere seriamente posizione su un fatto gravissimo: Cristiano de Eccher del Partito delle libertà - senatore della Repubblica Italiana votato ed eletto dai trentini, dunque un rapppresentante dei trentini nel parlamento italiano - ha presentato un disegno di legge per abrogare la norma costituzionale che vieta sotto qualsiasi forma la riorganizzazione del disciolto partito fascista. È bene soffermarsi sulle parole e sulla carica; scrollarsi di dosso l'indifferenza che un passo alla volta ci ha anestetizzato; sentire il colpo allo stomaco e le fitte acute che procura rileggere il commento sdegnato di Luca Malossini sul Corriere del Trentino di domenica, una presa di posizione necessaria e coraggiosa.

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Acqua e nucleare, due battaglie decisive
sul mare
di Emilio Molinari

(1 aprile 2011) Tra poco 50 milioni di italiani dovrebbero recarsi alle urne per il referendum sull'acqua pubblica e il nucleare. Per impedire il quorum il governo ha negato l'election day, per il solo voto di un radicale e l'assenza di 10 parlamentari del centro sinistra. 400 milioni spesi per evitare il quorum. Nazionalmente il PD evita ancora di prendere una posizione pubbica per il sì ai referendum. Teme di dividersi al proprio interno, mentre centinaia di realtà di questo partito si stanno esprimendo e si impegnano per i Sì!

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Riconoscersi italiani, europei e mediterranei
fra Scilla e Cariddi

di Fabio Pipinato

(30 marzo 2011) L'emergenza a Lampedusa? É un'occasione unica per riconoscerci italiani, europei ed euromediterranei.

Italiani. Ieri a Lampedusa si aveva sete. Oggi si ha fame. Per rispondere all'emergenza è inutile tardare la riallocazione dei migranti in altri luoghi per scoraggiare l'arrivo di ulteriori. Finché nelle nostre TV, trasmesse in metà mondo, si vede che da un pacco spuntano centomila euro e le pubblicità, interrotte dai film, sono intrise di auto e case di lusso non vi sarà alternativa. Le carrette solcheranno i mari. L'occasione è, a 150 anni dall'Unità d'Italia, di solidarizzare con la regione più in difficoltà: la Sicilia. Ripartiamo da Marsala, quindi, e "facciamoci carico", in ogni ente locale, di quota parte dei migranti. L'Italia conta 8.000 enti locali. Concentrare i migranti in alcuni di essi equivale ad accentuare tensioni mentre una distribuzione capillare in tutto il territorio nazionale si può trasformare, per dirla con Napolitano, in forza e freschezza per il paese.

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L'ombra sui gelsomini
Gelsomini

di Michele Nardelli

(23 marzo 2011) Ben prima che iniziasse la "primavera dei Gelsomini" e quando ancora con il regime di Gheddafi si facevano accordi commerciali e finanziari, come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani abbiamo messo al centro della nostra attenzione il tema della "Cittadinanza Euromediterranea", un programma annuale fatto di storie non raccontate, di saperi venuti dal mare, di pensieri privi di cittadinanza e di geografie da scoprire.  Non avevamo la sfera di cristallo. Perché abbiamo pensato questo percorso ricco di oltre cento iniziative? La risposta è semplice, provare a costruire gli anticorpi culturali allo "scontro di civiltà", a partire dalla consapevolezza che le culture che si sono incontrate nel Mediterraneo hanno molte più cose in comune di quelle che le distinguono.

Poi un giovane tunisino di nome Mohammadi al Bouzizi...

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Tutto sbagliato
No-Fly Zone?

di Michele Nardelli

(20 marzo 2011) Quello che accade in Libia in queste ore ha ben poco a che fare con la rivoluzione dei gelsomini. In Tunisia, in Egitto e in tanta parte del mondo arabo milioni di giovani donne e uomini hanno scelto di riprendere nelle loro mani il proprio destino. Mani nude, con gli strumenti della comunicazione elettronica e del passa parola, con la forza del sorriso e l'orgoglio della dignità, senza simboli religiosi né bandiere del Novecento. La forza di questa primavera era ed è nella nonviolenza.

La Libia è un'altra storia, che abbiamo già visto mille volte. Ed anche l'epilogo di queste ore è nella scia di quella storia. La piega degli avvenimenti ha assunto sin dai primi giorni i caratteri della rivolta e della repressione, dello scontro di potere fra clan e interessi forti, difficile distinguere gli insorti dalle milizie di Gheddafi. E dopo aver esitato per settimane su cosa sarebbe stato più conveniente - non dovremmo dimenticare le prime reazioni dei nostri governanti - la scelta da parte dei potenti della terra è stata quella dei bombardamenti.

Tutto sbagliato, si potrebbe dire. Prima gli affari, la realpolitik del gas e del petrolio, l'idea della Libia come paese offshore nel Mediterraneo e, già che ci siamo, anche le amazzoni del dittatore non guastano. Poi, quando le truppe di Gheddafi erano già nel centro di Bengasi, il tardivo via libera delle Nazioni Unite alla No-fly zone, la coalizione dei volenterosi, i bombardamenti. E così, fra le proteste dell'Unione Africana, della Russia, della Germania, il divieto di volo dei caccia libici (a questo punto sostanzialmente inefficace) diventa guerra, punto e basta. E allora ritornano i rituali. Sarà lampo, chirurgica, per la difesa dei civili e naturalmente per la libertà. Vedremo come andrà a finire. Ma ieri come oggi, la guerra è sempre una sconfitta.

Intanto, gli avvenimenti di Libia gettano un cono d'ombra sulla primavera araba. Dove parlano le armi, vincono i fondamentalismi.

Più soli. Ciao Alberto, cittadino del mondo.
Alberto Tridente

(25 luglio 2012) Oggi ci siamo svegliati tutti un po' più soli. Non perché questo mondo va alla deriva, la Terra ha molte risorse e troverà anche questa volta il modo per uscirne, cambiando. Ma perché un uomo come Alberto Tridente da ieri sera non è più con noi.

Se il concetto di "cittadino del mondo" esprime un modo di essere che sentiamo nostro, nel caso di Alberto si può dire che lui era proprio così, un cittadino del mondo. Alberto ha vissuto in sintonia con i cambiamenti, con le pagine più belle, con la lotta per il riscatto degli ultimi, ma anche con le sconfitte e le tragedie, che hanno attraversato il Novecento, con lo sguardo attento di chi sa guardare alle cose della vita con dolcezza, curiosità e tenacia.

Perché Alberto amava la vita, perché era un costruttore instancabile di relazioni, perché ci ha insegnato a leggere il mondo e a comprenderne la bellezza. Insieme abbiamo attraversato, come mi scrivevi nella dedica sul tuo ultimo libro, tanta parte del Novecento. In questo lungo cammino, caro Alberto, sei stato davvero un maestro per tutti noi.

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Quale modello di convivenza?
La biblioteca dei Francescani nell\'incontro con il custode del Santo Sepolcro

(4 marzo 2011) Il direttore de L'Adige parla di fallimento dell'integrazione. Un gruppo di cittadini trentini, autoctoni e non, gli rispondono.

di Adel Jabbar, Erica Mondini, Bruna Travaglia, Aicha Mesrar, Renzo Bee, Dario Andreas, Maria Cecilia Campillo, Silvana Cecconi, Selma Costa, Tafa Dieng, Annalisa Michelotti, Irene Suarez Borda, Daniela Amelia Sogno

L'editoriale di Pierangelo Giovanetti su l'Adige del 13 febbraio trattava un tema importante che merita, secondo noi, di essere ripreso e approfondito. Il direttore del giornale partiva dall'assunto che i modelli di integrazione degli immigrati in Europa (multiculturalismo e assimilazionismo) sono falliti e quindi necessita un nuovo approccio.

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Un uomo, il suo tempo. In ricordo dell'amico Alberto Tridente ad un anno dalla scomparsa
Alberto Tridente

(21 luglio 2013) Il 24 luglio 2012 ci lasciava Alberto Tridente, fraterno amico e compagno di tanta parte del Novecento, come scrisse nella dedica della sua autobiografia che mi donò in occasione del nostro ultimo incontro. In questi giorni Alberto viene ricordato in Messico e avrei dovuto anch'io essere lì. Purtroppo non ce l'ho fatta ma almeno ho trovato il tempo per scrivere un ricordo di Alberto che ho inviato agli amici di quello straordinario paese e che vorrei condividere con tutti voi.

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La dignità araba
Egitto, rivoluzione democratica
di Adel Jabbar*

(13 febbraio 2011) Quello che sta succedendo nel mondo arabo e in particolare in Tunisia e in Egitto, come nello Yemen, in Giordania, in Algeria, sta a dimostrare che è terminato un periodo nel quale quasi tutti i paesi arabi hanno convissuto con la paura. Hanno convissuto con la repressione, spesso feroce, con sistemi assolutamente autoritari, dittatoriali, dispotici, con una componente di corruzione molto evidente, con dei regimi che hanno escluso per anni buona parte della popolazione dalla partecipazione alla vita pubblica e politica, non solo impaurendo ma anche impoverendo. (...)

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