"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Terra Madre

Là dove per anni si teneva il salone dell’auto oggi si tiene “Terra Madre”, l’incontro mondiale delle comunità del cibo. Centinaia di migliaia di produttori di tutto il mondo s’incontrano ogni due anni non per proporsi in concorrenza fra loro ma per ragionare insieme di difesa delle culture materiali e dei saperi dei territori. Potrebbe essere questa l’immagine di un salto di paradigma che ci richiede il nostro tempo. Ancora una suggestione, forse, ma il richiamo della terra come fonte di vita, rispetto al delirio di uno sviluppo e di un mondo artificiale dove gli uomini – come scriveva già negli anni ’50 Hannah Arendt – guardano con diffidenza “tutto quel che è loro misteriosamente dato”, ci sembra uno straordinario messaggio di speranza.
Il messaggio che viene da “Terra Madre” è semplice: la civiltà è anche ciò che mangiamo. E non solo perché bisogna educarci al gusto ma perché occorre un approccio responsabile verso il cibo: “Buono, pulito e giusto” è il messaggio. Buono, riguarda la sfera sensoriale. È un concetto soggettivo che coniuga sapere e sapore. Pulito, prodotto nel rispetto dell’ambiente, sostenibile in tutta la filiera: dal campo alla tavola. Giusto, conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione.
“Buono, Pulito e Giusto”: un messaggio politico che attraversa l’economia, l’ambiente, la cultura, le relazioni umane.
Il tema posto da Terra Madre, l’educazione alimentare e la tutela delle produzioni d’origine, non è una questione “da ricchi”. Indica la necessità di un diverso approccio, oggi ineludibile, che è fatto di valorizzazione della qualità dei prodotti e della loro salubrità, di filiere corte e chilometri zero, di educazione alla stagionalità e tante altre cose ancora.
Non sono cose dell’altro mondo, ci toccano da vicino, quotidianamente. Prendiamo ad esempio la crisi del latte. Nei giorni scorsi la nostra Federazione degli Allevatori ci ha detto che il latte, quello che un tempo era l’“oro bianco” del Trentino, non lo è più. Perché i costi di produzione sono in Trentino quattro volte superiori al prezzo di mercato del latte importato dalla Nuova Zelanda e che i piccoli produttori (che in stalla o nel campo ci sono dalla mattina alla sera) non ce la fanno più. Effetti perversi della globalizzazione, ma poi non tanto diversi dal commercio dell’acqua minerale, che viene trasportata da una parte all’altra del nostro paese con costi sociali ed ambientali la cui razionalità risponde solo alla logica del business.
Non si tratta di chiudersi nell’autarchia, la globalizzazione è il nostro tempo. Si tratta semplicemente di prenderne le misure e di attrezzarci con risposte semplici ed adeguate. Anche sul piano legislativo. E’ questo il significato del progetto di legge, il primo in questa legislatura, proposto dal Partito Democratico del Trentino, “Norme per l'orientamento dei consumi, l'educazione alimentare e il sostegno al consumo dei prodotti agroalimentari trentini” che domenica 26 aprile verrà presentato nella “Festa popolare del Chilometro Zero” che si svolgerà in Località Campel (poco sopra il Rifugio Campel di Villamontagna) a partire dalle ore 11 con pranzo a base di polenta e prodotti locali.
Una domenica che vorremmo “buona, pulita e giusta”, per prenderci gusto.

 

 

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