"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Il bisogno di una narrazione europea

Un momento della tavola rotonda conclusiva della scuola di primavera

Si è conclusa oggi alle 13.30 la spring school “Territoriali ed europei”. E credo di poter dire che andata molto bene, per la qualità dei relatori, per l'apporto venuto dagli artisti invitati, per la partecipazione tanto nelle serate pubbl...iche quanto nei momenti formativi in senso stretto, per il clima che ha accompagnato ogni momento di queste quattro giornate.

Abbiamo iniziato mercoledì con una serata dedicata al rebetiko per raccontare con le immagini e le parole di Andrea Segre e Vinicio Capossela (e l'apporto artistico di Theodora e Maria) come la musica possa diventare la colonna sonora del dolore di un popolo alle prese con gli effetti della crisi, del malgoverno come della cura da cavallo imposta da Bruxelles, ma anche della gestione nonviolenta di un conflitto. Nell'ex convento degli Agostiniani i posti erano esauriti. 

Il primo maggio la scuola si è articolata in due momenti. Nel tardo pomeriggio il confronto con le organizzazioni sindacali sul modello sociale europeo cui hanno partecipato il professor Manuel Cruz, ricercatore catalano, e il giornalista greco Dimitri Deliolanes. Confronto intenso e la saletta del Bookique piena. Alla sera l'esordio dello spettacolo sul Novecento curato da Antonio Colangelo ed il gruppo di musicisti che lo accompagnavano, una racconto fatto di brani musicali e letterari che potrebbe diventare uno spettacolo da proporre come contributo all'elaborazione del secolo breve. Il Caffè Bookique non era in grado di contenere tutti gli spettatori, applausi a scena aperta. In mezzo la cucina di Slow Food curata dall'antica Osteria Morelli di Canezza, molto apprezzata da tutti i partecipanti (e non solo). 

Venerdì la spring school è entrata nel vivo con tre sessioni di lavoro molto intense. Al mattino con Ugo Morelli, Mauro Ceruti e Simona Piattoni, al pomeriggio con il gruppo di giovani economisti che lavorano a Bruxelles coordinati da Mirco Tomasi. Relazioni di alto profilo, partecipazione attentissima, a testimoniare una domanda di sapere tutt'altro che banale. 

Sabato il lavoro di gruppo nella prima parte del mattino, nel quale i corsisti proponevano il loro sguardo sull'Europa a partire dal racconto di ciascuno su “La mia Europa”. Una bella sessione, che pubblicheremo. A seguire l'incontro con Lorenzo Dellai e Marco Brunazzo per affrontare il tema della declinazione territoriale del progetto europeo, delle “terre alte” e delle “terre sole”. Un confronto intenso che avrebbe potuto proseguire anche oltre il limite che c'eravamo dati della fine mattinata.
Peccato per la mancata partecipazione di Aldo Bonomi, bloccato a Perugia dall'incontro delle Regioni dell'Italia centrale in preparazione di Expo 2015, previsto in dialogo con il caporedattore del Corriere del Trentino Simone Casalini. Avrebbe messo a fuoco l'immagine del rapporto fra i territori e l'Europa di cui abbiamo peraltro ampiamente parlato nella prima edizione della scuola di formazione politica “Territoriali ed europei” dell'agosto 2013. Ma devo anche dire che l'intensità del confronto formativo non ne ha risentito, dando più spazio al confronto intorno all'“eurocrisi” e al lavoro di gruppo. 

Che dire? Il valore formativo si rivela in tutta la sua forza. La formula usata l'ha reso accattivante e partecipativo. Avremo modo nei prossimi giorni di pubblicare materiali, le relazioni e gli spunti che ci verranno inviati. Ma un commento lo voglio fare subito. Siamo riusciti a tenere la scuola di primavera in piena campagna elettorale senza che questo potesse condizionare o diventare elemento di divisione. La forza dei contenuti e delle idee, certamente. E, insieme, la consapevolezza condivisa dell'inadeguatezza delle attuali espressioni politiche che pur in campagna elettorale riescono a non parlare dell'Europa. C'è invece una narrazione europea che dovrà prendere corpo ne tempo a venire, sperando che le elezioni del 25 maggio non segnino, nella partecipazione come nel voto, la fine del sogno europeo.

 

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