"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Una scuola da cambiare

Scuola da riformare

Nei giorni scorsi il quotidiano L'Adige ha ospitato questo intervento di Edoardo Benuzzi sul Disegno di legge sulla scuola che proprio oggi la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva e che tante polemiche ha suscitato. Una posizione che ci richiama alla necessità di entrare nel merito e che ci riporta al dibattito che seguì l'approvazione della LP 5/2006 sull'autonomia scolastica che in Trentino abbiamo positivamente sperimentato in questi anni.

di Edoardo Benuzzi *

Un pieno di critiche, una levata di scudi quasi generalizzata da parte degli insegnanti: non c'è dubbio che questo sia il primo e più visibile effetto del progetto “la buona scuola” di Matteo Renzi. In verità, il progetto ha attirato su di sé rilievi critici non attinenti, vedi la  polemica sui test INVALSI – con relativo boicottaggio – e l'imperitura contrapposizione scuola pubblica-scuola privata[1].

Ma che cosa dice veramente il testo del disegno di legge? Ovvero, che cosa non dice. Per esempio, non ci sono i tagli – 140 mila tra docenti e personale amministrativo – della legge Gelmini. Non c'è la pretesa di un disegno di riforma complessivo della legge 53/2000 di Letizia Moratti.

“Il disegno di legge contiene la buona intenzione del rilancio dell'autonomia scolastica e prevede una dotazione finanziaria certa che permetta la programmazione triennale del POF e la costituzione di un organico funzionale” Questo giudizio, tratto da Articolo 33 n. 3-4, la rivista  bimestrale della FLC Cgil, sembra positivo e concorda con l'auspicio di Luigi Berlinguer di “più autonomia per una buona scuola” (Corriere della Sera, 31 maggio 2005). L'ex-ministro tuttavia apprezza il disegno complessivo della “buona scuola” ma con un appunto critico all'eccesso di logocentrismo, di prevalenza della lezione frontale nella didattica della scuola di ieri e di oggi. 

In concreto, il disegno di legge prevede misure importanti e positive, l'immissione in ruolo di oltre 100 mila precari, l'istituzione di un organico dell'autonomia più ampio di quello necessario per la copertura dell'orario curriculare, con la possibilità in qualche caso di ridurre alunni e studenti di classi troppo numerose ma anche di valorizzare percorsi formativi personalizzati, anche con apertura pomeridiana delle scuole.

Le opposizioni e i sindacati in prima linea chiedono lo stralcio della norma sui precari, oltre ad un allargamento della platea dei destinatari. E però la stabilizzazione di un così cospicuo numero di insegnanti nei ruoli dello stato è strettamente connessa con l'istituzione dell'organico funzionale. Stralciare la misura sui precari non sarebbe proprio un'azione chirurgica indolore e, senza l'allargamento dell'organico, potrebbe ridurre significativamente il numero degli immessi in ruolo.

Non c'è dubbio che il governo stia facendo leva sulla forza intrinseca all'aspettativa di sistemazione di 100 mila precari in attesa da anni per far passare l'intero progetto de “la buona scuola” ma l'opposizione, in specie quella sindacale, dopo aver attaccato forsennatamente Matteo Renzi ogni giorno di più ha probabilmente consumato ogni spazio di mediazione per qualche forma di onorevole compromesso.

In realtà, il sindacato potrebbe lamentare un ben più insinuante e articolato tentativo di ridurre lo spazio propriamente contrattuale, come per esempio la Carta per l'aggiornamento e la formazione con relativo voucher di 500 euro, o le progressioni di carriera e però ha pure accettato il bonus degli 80 euro, ritenuto da molti – vedi Landini – una buona seppure impropria misura di rinnovo contrattuale economico.

Non ha giovato neppure la polemica sull'evoluzione padronale della figura del preside, fuori misura perché le assunzioni, come i concorsi, continuerà a farli lo Stato. Leggendo le carte, si ricava che il preside potrà richiedere dai bacini territoriali, per la parte di organico aggiuntivo, insegnanti dal profilo coerente con i progetti di potenziamento dell'attività della singola scuola: ciò stesso, con decisione motivata e sulla base anche di preferenze espresse dagli stessi insegnanti.

Un tema che viene poco ricordato è quello della delega al governo in materia di Sistema nazionale di Istruzione e Formazione, con l'impegno ad adottare entro 18 mesi uno o più decreti legislativi su rilevanti questioni.

Una di queste –  molto interessante in questi giorni di scrutini e di esami di maturità – riguarderà l'“adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli esami di Stato”.

“Si può cambiare la scuola cambiando le regole degli esami, i criteri di valutazione, il senso delle promozioni e delle bocciature” e “avere docenti liberati dalla necessità di avere voti di interrogazioni e compiti in classe per fare le medie da mettere sulle pagelle”.

Queste riflessioni, colte da un intervista al sottosegretario Davide Faraone, suggeriscono la possibilità di profonde innovazioni didattiche, laboratoriali e di studio-lavoro, che affrontino con più efficacia il problema degli abbandoni, e che trasmettano la consapevolezza che conoscere, studiare, imparare, non si fermano al diploma, alla maturità, alla laurea ma devono diventare attitudine e tensione permanenti.

[1] Sui test INVALSI – che è il mezzo per fornire una fotografia istantanea, una specie di “carotaggio”, della “risposta” degli studenti in momenti precisi e ben definiti del percorso scolastico e che non può sostituire la valutazione periodica operata dagli insegnanti- è intervenuto anche recentemente su questo giornale Dario Zuccarelli, spiegandone l'utilità e la consolidata importanza di questa buona pratica per la scuola trentina.

Per quanto riguarda la scuola privata, essa è stata inserita nel sistema nazionale di istruzione con la legge 62/2000 assieme alle scuole statali e degli enti locali: la polemica serve ad innalzare la scuola pubblica a modello astratto – pietra di paragone senza imperfezioni - ma le scuole “in carne e ossa”, sia paritarie che statali, non sono perfette e si trovano ad affrontare nel quotidiano gli stessi problemi pedagogici, la stessa faticosa relazione educativa. E si rivela poco utile sia  l'eccesso di eterodirezione ideologica e/o confessionale come l'autoreferenzialità di una libertà d'insegnamento conclamata ma avversa ad ogni valutazione dell'azione didattica effettiva.

* Edoardo Benuzzi, per molti anni segretario provincale della Cgil scuola

 

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