"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Addio Aberto L'Abate, paladino della rivoluzione nonviolenta

Alberto L'Abate

Nei giorni scorsi è morto a Firenze Alberto L'Abate, tra i padri della nonviolenza in Italia. Ha incrociato la ricerca accademica con una ricca serie di esperienze sul campo, sia in Italia sia all'estero. E anzi proprio questa è la sua peculiarità: essersi sporcato le mani con i conflitti reali, entrandoci e provando a cambiarli dall'interno. Precursore di quel "pacifismo concreto" teorizzato anni dopo da Alexander Langer, con cui pure si conosceva. Alberto ha incrociato spesso anche le nostre terre, a partire da una lontana testimonianza di inizi anni '90 sull'interposizione civile in Iraq, tenuta all'interno della Tenda per la pace montata in piazza Battisti. Quella Tenda che darà poi vita alla Casa per la pace, e da lì all'Università per la pace di Rovereto dove Alberto venne più volte, in particolare per i corsi ai formatori di obiettori di coscienza e persone in servizio civile. Negli anni 2000 è invece a Bolzano per varie edizioni del Master in operatore di pace e mediatore dei conflitti. Con lui e la moglie Anna Luisa ho vissuto da vicino l'esperienza dell'Ambasciata di pace in Kosovo, a metà degli anni '90: una piccola cosa dal punto di vista dell'intervento pratico, ma una finestra essenziale - e del tutto innovativa - in un mondo della pace e dell'aiuto umanitario già allora protesi più all'aiuto post-crisi che alla prevenzione e comprensione della violenza. Alberto era lì, ad intervistare e discutere con i leader locali - da Ibrahim Rugova in giù - come ad occuparsi di qualche bambino bisognoso, o dell'associazione dei disabili. La lezione capitiniana mantenuta in vita cinquant'anni dopo, anzi quarantanove come fa notare Alfio Nicotra nel bell'articolo riportato sotto. Grazie Alberto! Mauro Cereghini

 

di Alfio Nicotra *

Ha scelto il giorno della morte del suo amico e maestro per andarsene. Il 19 ottobre alla figura di Aldo Capitini – scomparso ormai 49 anni fa – si aggiunge adesso quella di Alberto L'Abate, spentosi a Firenze all'età di 86 anni. Alberto ha fatto della rivoluzione nonviolenta la sua ragione di vita insegnando a generazioni di ragazzi il ripudio della guerra, l'ostinata costruzione di percorsi di dialogo e di pace, la resistenza alla militarizzazione e la necessità storica per la società umana di liberarsi dal ricatto delle armi.

Fondatore con Capitini del Movimento Nonviolento, la vita di Alberto attraversa le più importanti iniziative di pace e per l'emancipazione umana. È con Danilo Dolci in Sicilia a sostenerlo nel suo "sciopero alla rovescia". Con Pietro Pinna ad aprire la strada dell'obiezione di coscienza al servizio militare. A Comiso contro i missili Cruise dove fa diventare "proprietari terrieri" centinaia di cittadini di tutta Europa tramite l'acquisto di particelle di un metro quadro in un appezzamento di terreno agricolo (la "Verde Vigna") sul quale gravava il decreto di esproprio per allargare la base Usa. 

Contro il nucleare civile (a Montalto di Castro viene portato in tribunale per essersi seduto sui binari) e quello militare che lo portano a costruire una rete di relazioni internazionali con una infinità di movimenti mondiali in particolare nell'India che fu del Mahatma Gandhi. 

E poi ancora l'Ambasciata di Pace in Kosovo, l'interposizione umanitaria in Iraq ma anche il sostegno a Basaglia per la chiusura dell'istituzione totale dei manicomi o la diffusione di una cultura ecologista attenta al rispetto della "madre terra" e delle altre specie viventi. Ha insegnato all'Università di Ferrara e poi a quella di Firenze, Metodologia della Ricerca Sociale, poi diventata, con il Corso di Laurea in "Operatori per la Pace", Metodologia della Ricerca per la Pace, e anche Sociologia per la Pace.

Corsi seguitissimi da centinaia di giovani che hanno continuato a mantenere con lui un rapporto strettissimo. Fu quella intuizione a dare origine al percorso che poi ha portato ai corpi civili di pace che l'Italia ha cominciato, proprio da quest'anno, a sperimentare all'estero ma anche in casa nostra, nella Terra dei Fuochi e in Liguria.

Cristiano praticante ha animato la piccola ma fertile comunità valdese fiorentina con decine d'iniziative di approfondimento e di solidarietà con i più deboli. La sua intensa fede religiosa era strumento per incrociare ed incontrare le altre fedi contro ogni fondamentalismo. D'altronde da ragazzo, sui banchi della scuola pubblica fascista, aveva dovuto subire le discriminazioni in cui incappavano i credenti di fedi diverse dalla religione di Stato.

Una sua compagna di classe mi raccontò come Alberto tenesse ostinatamente la Bibbia edita dalla Chiesa Valdese in vista sul banco per poi subire le reprimende del suo professore che accettava solo pubblicazioni della Chiesa cattolica. Lui allora la riponeva nella cartella, ma qualche minuto dopo riappariva di nuovo sopra il banco. Era il suo modo di disubbidire al fascismo.

Negli anni '80 L'Abate accolse con favore di candidarsi alle elezioni politiche per Democrazia Proletaria nella circoscrizione Firenze- Pistoia. Decise di compiere quel passo insieme allo scrittore Carlo Cassola che in quegli anni animava la Lega per il Disarmo Unilaterale. Sapeva che non sarebbe stato eletto ma prese lo stesso un sacco di preferenze.

Visse quella esperienza come una straordinaria occasione per divulgare le ragioni del disarmo e contro le tendenze alla guerra, ma anche per contaminarsi e contaminare con la sinistra politica più radicale ed aperta. Riprese l'idea di Capitini del "comunismo nonviolento", apparentemente un ossimoro, in verità una risposta alla radice alla già visibile degenerazione del socialismo reale. Non bisognava rinunciare alla rivoluzione che anzi, in epoca di spoliazione di larga parte del pianeta da parte di un ristretto gruppo di superricchi, appariva e appare sempre più urgente, ma bisognava (e bisogna) liberarla già nei mezzi – la violenza appunto – dal dominio culturale del capitalismo.

Per L'Abate la nonviolenza – scritta tutta attaccata (adesso anche il correttore automatico dei computer ha dovuto finalmente "rassegnarsi" alla nuova parola) - era una pratica ed una idea rivoluzionaria molto diversa dal legalismo borghese. La nonviolenza non è infatti una profumeria, una parola usata per darsi una rinverniciata per entrare nelle stanze del potere.

La nonviolenza è una idea di nuova società, di diverse relazioni tra le persone, non negazione ma gestione altra e più alta del conflitto sociale. Ci rende irriducibili alle ingiustizie. Grazie Alberto per il tuo insegnamento.

* http://www.huffingtonpost.it

 

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