"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Vogliamo cambiare l'ordine delle cose

Foto Citoni

di Gianluca Carmosino *

(5 dicembre 2017) Se cinquecento persone, in grande maggioranza donne, provenienti da oltre cento città si incontrano per ragionare di migrazioni e per immaginare percorsi comuni nei giorni in cui il razzismo sembra inarrestabile e la campagna elettorale non smette di dettare parole d’ordine e agende, significa che sono ancora molti coloro che rifiutano le gabbie che Stato, circo mediatico e mercato hanno loro assegnato.

Nessuno conosce il futuro del “Forum nazionale Per cambiare l’ordine delle cose”, promosso a Roma domenica 3 dicembre dal regista Andrea Segre insieme ad Amnesty Italia, Medici senza frontiere Italia, Banca Etica, Naga, Medu, ZaLab e JoleFilm, e dedicato ad Alessandro Leogrande. Ma l’alta partecipazione e la ricchezza dei tre lavori di gruppo (Vie regolari e canali umanitari, Dall’accoglienza al nuovo welfare solidale, Comunicare e agire nell’era delle migrazioni) aprono possibilità inesplorate e con ogni probabilità favoriranno percorsi, tutti da inventare, che andranno ben oltre i nove punti raccolti nel Manifesto del Forum (che sarà diffuso nei prossimi giorni) e il primo appuntamento internazionale annunciato, il 31 gennaio al Parlamento Europeo.

È difficile e probabilmente riduttivo sintetizzare quanto condiviso nei due momenti assembleari e nei gruppi di lavoro (grazie a ZaLab c’è la registrazione della giornata). I partecipanti sono tornati nei territori con un carico niente male tra proposte, saperi ed esperienze. Quali porteranno più frutti? Dal nostro punto di vista lo faranno, ad esempio, le parole di Dag Yimer, che ha ricordato come la maggior parte delle migrazioni in Africa sono quelle interne anche se restano ignorate da media e istituzioni europee, quelle di Francesca Mannocchi. appena rientrata dalla Libia, che ha raccontato come avvengono le vendite dei migranti, le parole di Mamadou Kouassi sulla violenza diffusa e invisibile che colpisce le donne migranti, ma anche quelle di Abou dedicate alla Marcia della dignità(sessanta chilometri in quattro giorni e tre notti, marcia promossa dai richiedenti asilo usciti dal centro di Cona per raggiungere Venezia e protestare contro le condizioni disumane del centro), quelle di Nicoletta Dentico (che ha rivendicato il Forum come un luogo di politica alta e ha ricordato come “non ci sono muri, manganelli e Minniti che possono fermare le migrazioni”) e quelle di Guido Viale, che ha confermato come intorno a questi temi ci sia oggi un fermento antirazzista importante e sottovalutato da coltivare insieme.

Nel gruppo di lavoro sulla comunicazione (al quale abbiamo partecipato), c’è chi ha condiviso, tra le altre cose, l’esperienza del proprio territorio. “Tra migranti e non, intorno al centro sociale ex canapificio di Caserta, è nato un processo che si cuce ogni giorno con ago e filo – ha raccontato Mimma – Un percorso che mette insieme pensiero e azione per creare legami sociali e processi virtuosi per la riqualificazione dei quartieri”. E se fosse proprio la riappropriazione del territorio il tema intorno al quale organizzare una giornata comune di iniziative diverse sparse nelle città e promosse da migranti e non, come fu a suo tempo con il Clandestino day?

Il forum si è aperto con le parole di Alessandro Leogrande lette da Igiaba Scego.

Tra le molte proposte presentate nel gruppo, oltre a quelle sul linguaggio da rinnovare, meritano una segnalazione gli incontri di autoformazione (l’associazione Asinitas, ad esempio, ha avviato a Roma un lavoro con altre realtà sociali impegnate sui temi delle migrazioni in vista di un evento nel febbraio 2018, dedicato a educazione, comunicazione, disobbedienza e politiche dal basso), oppure le iniziative di guerriglia comunicativa (Marco Binotto), le cene con i migranti (rilanciate da Serena Romagnoli) la mappa web Esodi, da utilizzare e arricchire, creata con le testimonianze dei migranti dell’Africa Subsahariana raccolte dagli operatori di Medici per i diritti umani.

C’è però un terreno sul quale il nascente Forum potrebbe rischiare di inciampare, quello delle (eccessive) energie spese per tentare di farsi ascoltare da Palazzi e grandi media. Forse sarebbe meglio immaginare una grande campagna di disobbedienza di massa, individuata autonomamente, come qualcuno ha suggerito? Di sicuro «è appena cominciato un percorso da approfondire in modo decentralizzato – ha detto Andrea Segre – Non ci sono leader o dirigenti che indicheranno la strada. In realtà il Forum ha alle spalle già diversi anni di esperienze. Il cambiamento profondo che vogliamo ha bisogno di orizzonti ampi, di tempi adeguati e di incontri tra persone…».

* dal blog www.comune.info

 

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