"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Terra Madre, un nuovo racconto per il cambiamento

Un mondo da cambiare

Questo intervento è stato scritto per "Slowzine", il periodico di Slow Food della Valle dell'Adige e Alto Garda https://www.slowfoodtrentinoaltoadige.com

di Michele Nardelli *

(13 novembre 2020) La pandemia in corso dovrebbe portarci a riflettere sull'incertezza che investe il presente e il futuro di tutti noi.

Per mesi, malgrado la non conoscenza del virus Covid-19, si è voluto minimizzare in maniera paternalistica quanto stava accadendo: “tutto andrà bene” si vedeva scritto ovunque, con tanto di arcobaleno come segno di speranza. Altri si sono fatti paladini del negazionismo o del complottismo, per strumentalizzare a favore dei loro deliri una tragedia che ha già provocato morte e sofferenza in ogni parte del mondo.

Come sappiamo non è andato tutto bene. E se le cifre ufficiali ci parlano di almeno un milione e duecentomila morti e di quasi 50 milioni di persone finora contagiate, tutti riconoscono che questi numeri sono largamente sottostimati in relazione al fatto che in molte aree geografiche si muore di Covid senza nemmeno una diagnosi e non esistono nemmeno servizi sanitari in grado di censire i contagi.

Ma riflettere significa interrogarsi sulla natura di quel che sta accadendo, comprendere le connessioni nell'intrecciarsi di crisi (climatica, ambientale, sanitaria, demografica, alimentare, economica, sociale, migratoria…) che chiamiamo superficialmente emergenze e che sono riconducibili ad un'unica grande questione, l'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo. A sua volta ascrivibile ad un rapporto malato verso la natura della quale, pur essendone il genere umano una piccolissima parte, ci crediamo padroni.

Il limite che abbiamo oltrepassato

Ecco che la pandemia, nella sua crescente drammaticità, diviene un evidenziatore dello stato di salute di questo pianeta, la nostraterra madre, che ci dice – a saper e voler ascoltare – che così non si può andare avanti, che abbiamo oltrepassato il limite (complessivamente consumiamo 1,7 volte quel che gli ecosistemi terrestri sono in grado di produrre), che dovremmo ritornare sui nostri passi riconsiderando i nostri stili di vita.

E' ciò che come Slow Food, occupandoci da anni del tema del cibo, da tempo poniamo nella difesa delle biodiversità, nella salvaguardia dell'unicità dei territori e delle specie, nella valorizzazione delle culture e dei saperi locali.

Lo abbiamo fatto a partire dai protagonisti di un racconto diverso che vede come protagonisti gli agricoltori, gli operatori delle filiere agroalimentari, i consumatori e le comunità che si impegnano quotidianamente nel far crescere un rapporto con il cibo fatto di qualità e di piacevolezza, di tutela della salubrità e dell'ambiente, di rispetto delle condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori e la cui accessibilità sia alla portata di ogni essere umano.

Scontrandoci, nel far questo, con gli enormi interessi che ruotano attorno alla privatizzazione della natura, alla diffusione delle monocolture delle specie vegetali e animali, alle coltivazioni e agli allevamenti intensivi, alle industrie alimentari e a quelle della chimica, alla produzione di cibo spazzatura. Che poi non sono estranei ai cambiamenti climatici nonché all'insorgere di nuove (e vecchie) patologie. Un blocco di potere fatto non solo di multinazionali e di oligarchie che controllano i territori ma anche di macchine del consenso e di persuasori più o meno occulti che generano comportamenti e percezioni omologate e omologanti.

Questo racconto (ma anche questo impegno al cambiamento) è stata ed è “Terra Madre”, la più grande alleanza globale attorno al diritto ad un cibo che sia buono, pulito, giusto e per tutti. Che trova espressione quotidiana nelle comunità, nei presidi, nelle condotte, nei prodotti dell'Arca, nelle alleanze dei cuochi come dei consumatori che rappresentano la base sociale di Slow Food in oltre centosettanta paesi. Un'avventura straordinaria, ma che sin qui ha coinvolto prevalentemente una parte più attenta e sensibile di popolazione.

Uno sguardo inedito per un nuovo racconto planetario

Nel drammatico contesto della pandemia, la tredicesima edizione di Terra Madre – Salone del Gusto, nel suo svolgersi in forma del tutto inedita nel tempo e nello spazio, intende lanciare un messaggio che sia capace di parlare all'umanità intera: l'urgenza del cambiamento dell'attuale modello di sviluppo. Per questo vogliamo che Terra Madre, lungo i sei mesi del suo svolgersi, divenga un grande incubatore sul piano degli strumenti per leggere un tempo nuovo, del pensiero e delle forme di un agire sempre più incisivo per un cambiamento di rotta.

In questo senso, dall'inizio di ottobre fino alla fine di marzo, in ogni continente e all'insegna di Terra Madre, si svolgeranno migliaia di incontri, reali e virtuali, (https://terramadresalonedelgusto.com/evento/), proponendoci:

- nuove geografie che corrispondano agli ecosistemi di un tempo interdipendente nel quale le divisioni tradizionali in aree geopolitiche e in stati nazionali si rivelano obsolete: ragion per cui abbiamo proposto una nuova articolazione di Terra Madre (e progressivamente del nostro agire) in terre alte, terre di pianura, terre metropolitane e terre d'acqua;

- il prendere corpo di nuove soggettività sociali che indicano un diverso rapporto con un lavoro sottratto alla riduzione impersonale della forza lavoro, dove l'apporto creativo vada pari passo con un diverso approccio in senso cooperativo e comunitario verso i beni comuni e le produzioni;

- l'assunzione del tema del limite come orizzonte del nostro rapporto con la natura e con le risorse del pianeta, al fine di una riconsiderazione delle cose di cui abbiamo bisogno per il ben vivere ed una redistribuzione fondata sull'uguaglianza e sulla sobrietà;

- l'irriducibile diversità dello sguardo femminile, per una ricomposizione capace di assumere la complessità, la circolarità e l'orizzontalità nelle forme di organizzazione istituzionale, economica e sociale;

- il riconoscimento che l'altro siamo noi, che la storia dell'umanità è l'esito di attraversamenti, migrazioni e conflitti che se elaborati ed affrontati in maniera generativa creano ibridazioni culturali di grande valore, come del resto lo sono stati la conoscenza scientifica, le culture umanistiche, le religioni, ma anche i saperi materiali e il cibo;

- la presa d'atto che la sfida che ci attende richiede una grande alleanza planetaria e insieme territoriale capace di far fronte ad interessi enormi capaci di muoversi attraverso reti materiali e immateriali, corridoi e traffici, porti franchi e stati offshore... cui corrispondono organizzazioni sovranazionali dove il confine fra legalità e criminalità è sempre più sfumato.

Un Trentino da cambiare

Di questo diverso sguardo sul mondo vuole essere protagonista “Terra Madre” anche in Trentino. Perché se è vero che in questa terra – grazie alla tradizione mutualistica e cooperativa (e negli ultimi cinquant'anni ad un'autonomia pressoché integrale) – si è conosciuta una stagione di prosperità, non mancano i frutti avvelenati della facile ricchezza, tanto sul piano di un modello di sviluppo più quantitativo che qualitativo, quanto su quello del venir meno del senso di responsabilità e coesione sociale.

Il buono, pulito e giusto per tutti vale anche qui, per un Trentino che evidenzia un'impronta ecologica (il peso dei nostri stili di vita) tutt'altro che sostenibile e ancora più pesante di quella globale. E' necessario peraltro essere consapevoli che una terra alta qual è il Trentino evidenzia le fragilità legate alla sua natura montana, ma anche dovute a scelte monocolturali (nell'agricoltura come nella silvicoltura) operate nel corso del tempo.

Occorre dunque mettere a fuoco – anche qui e senza reticenze – la connessione fra cibo, tecniche colturali, ambiente, beni comuni, salute e lavoro. Per valorizzare le esperienze agroalimentari di qualità (alcune delle quali come Slow Food abbiamo seguito e sostenuto nel tempo), ma anche per cambiare in maniera significativa negli ambiti produttivi dove sono prevalse logiche di massimizzazione del profitto a discapito della qualità e del bene comune.

E infine, ma non da ultima, avere cura del nostro essere comunità, sul piano dell'educazione, della conoscenza e della responsabilità verso le persone, gli esseri viventi e la terra in cui viviamo.

* consigliere di Slow Food Italia

 

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