"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Chiudere le acciaierie: che ne pensate?

Borgo

Economia e ambiente, apriamo il confronto

Leggo i giornali di domenica e rimango un po' sconcertato. Vi si afferma che parlare di chiusura delle acciaierie di Borgo Valsugana sarebbe irresponsabile. Da qualche anno vado parlando di cultura della responsabilità, del dovere di farsi carico, di abitare i conflitti... Ed ora mi sento dire (seppure senza mai fare il mio nome, a quello ci pensano i giornalisti) che sarei irresponsabile semplicemente perché ho proposto di andare verso un rapido ripensamento del modello di sviluppo della Valsugana e di superare un approccio industriale che non centra nulla con le vocazioni di qualità del territorio. E' il realismo senza idee la cosa che più dobbiamo temere. (...)

Un dibattito fatto migliaia di volte, che francamente mi aspettavo fosse almeno un po' superato, soprattutto da chi è impegnato nella difesa dell'ambiente. Una contrapposizione che suona davvero stonata nel giorno dell'avvio del summit sull'ambiente di Copenhagen.

Si diceva così anche nel caso della Sloi o della Samatec... Contrapporre interessi della salute e quelli dei lavoratori è una fesseria, ne sanno qualcosa a Porto Marghera con l'insediamento di un polo chimico che ha vomitato veleni in laguna per decenni, a due passi da una delle meraviglie della creatività e del genio umano.

Farsi carico dei lavoratori, dei dipendenti dell'acciaieria e delle loro famiglie, e contestualmente del diritto alla salute dei cittadini, richiede l'attivazione di un percorso articolato che preveda (lo enuncio in estrema sintesi):

1) accertare con precisione il danno e le responsabilità;

2) fermare in maniera cautelare gli impianti, nella consapevolezza che fermare un'acciaieria ha tempi tecnici molto lunghi;

3) mettere in campo tutti gli ammortizzatori sociali;

4) avviare un percorso di riconversione dell'area;

5) bonificare l'area e le discariche abusive dove l'Acciaieria ha versato i suoi veleni;

7) predisporre un piano di sviluppo della valle dove la presenza industriale sia in sintonia con le vocazioni e le filiere di un territorio.

Insomma una diversa impostazione economica, che non riguarda solo questa parte della Valsugana. Di fronte alla crisi industriale negli anni '80 mettemmo in campo il Progettone, un'idea. L'uso dell'autonomia per difendere l'occupazione e l'ambiente allo stesso tempo.

Possibile che dopo trent'anni debba sentire ancora vecchi discorsi?

Ai lettori chiedo di avviare un confronto su questo blog.

PS. Sento Bombarda mercoledì mattina (nei giorni scorsi aveva il telefono staccato) e mi dice che lui rispetto ad una strategia d'uscita da quella presenza ind ustriale (a prescindere dalla sua nocività) è d'accordo e che nelle sue dichiarazioni ai giornali si riferiva alla posizione della Lega. Ovviamente mi fa piacere che sia così e del resto dialogare attraverso i giornali non credo sia il modo migliore per capirsi.

 

5 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Michele il 12 dicembre 2009 11:02
    Le parole di Franco Giacomoni mi sembrano sagge, cercare di costruire una larga alleanza per andare oltre la vecchia contrapposizione lavoro-ambiente e definire una prospettiva sostenibile. Ma se vogliamo metterci su questa carreggiata, bisogna iniziare a lavorarci sin d'ora: una strategia d'uscita che tenda conto dell'insieme dei soggetti e che provi a coniugare identità economica e vocazioni territoriali. Non si può dire semplicemente "se la fabbrica è a norma, allora va bene", perché abbiamo visto come i limiti normativi sull'inquinamento sono variati in maniera tale nel corso degli anni che quel che un tempo era la norma oggi è considerato un crimine. Cominciamo a lavorarci a questa strategia d'uscita, se non vogliamo ritrovarci fra dieci anni nella stessa situazione di oggi. Un gruppo di lavoro? Attendo disposnibilità.
    Intanto grazie a chi è intervenuto e a chi vorrà intervenire.
    Michele Nardelli
  2. inviato da Franco Giacomoni il 10 dicembre 2009 17:57
    Mi sembra di essere tornato, come ricorda Devigili, alla Samatec. Vicenda seguita, per anni, da sindacalista fino alla sua conclusione in contatto vero, con le loro ansie, con le loro contraddizioni ma anche con il loro confrontarsi con posizioni ideologiche che non tenevano in alcun conto la reatà operaia del momento. Chiusura non solo chiesta da DP e Verdi ma, e soprattutto, voluta dal Patt,se non vogliamo dimenticare i cortei! Malattie, morti ecc. ecc. sino verso Bolzano, terrore, e poi?
    In conclusione la chiusura di una fabbrica e la nascita di un'attività voluta e programmata. Non nascondiamoci dietro "piccole sinistre coraggiose"; le scelte erano state fatte altrove!!!
    Dove sono finite le drammatiche ricadute sulla salute sbandierate dai medici locali???
    Alla fine una grande cantina!
    Torniamo a Borgo? Sono convinto che quando un territorio rifiuta un insediamento sia difficile contrastare questa scelta. Come in altre realtà che mi sono trovato ad affrontare(dentro il dramma di lavoratori che perdevano il posto) si tratta di gestire un'uscita dall'attuale situazione senza pensare a soluzioni facili e a costi contenuti. E' facile parlare di riconversioni ecc. ecc. Siamo di fronte ad un'acciaieria!! Abbiamo presenti Carbochimica, SLOI, Prada?
    O a Rovereto, la ex Zadra?
    Quindi, prima di proporre facili alternative, il nostro partito deve, per rispetto ai lavoratori, proporre alternative possibili e credibili, con un rapporto sincero con i lavoratori per creare alleanze e tornare ad essere un partito dentro la società. Prima di futuribili progetti, garantire il lavoro agli attuali dipendenti dell'Acciaieria. Solo in questo modo potrà essere credibile la volontà di una riconversione industriale che abbia a cuore il futuro dei lavoratori.
  3. inviato da Nino il 10 dicembre 2009 17:42
    Tornail \\\"problema\\\" per antonomasia: la salute deilavoratori e dei cittadini o l\\\'occupazione? In tempi di crisi il bisogno primario dell\\\'occupazione, che implica una certa sopravvivenza, trova senza dubbio un consenso molto ampio. Con DP del Trentino l\\\'avevamo affrontato, purtroppo, numerose volte. Abbiamo dovuto prendere decisioni coraggiose e controcorrente. Purtroppo eravamo considerati degli intellettuali che non volevano affrontare la realtà quotidiana. Invece avevamo ben chiara la gerarchia dei valori e questo non ci procurava certo un largo consenso. Queste considerazioni ho voluto esprimerle perchè sono convinto che Michele nelle sue interviste rilasciate sul tema agli organi di informazione sia stato coerente col suo vissuto e col suo presente. La riconversione delle acciaierie di Borgo è un atto dovuto! Il pensare ad un distretto termale della Val Sugana - Roncegno, Vetriolo, Levico - è un\\\'operazione così da fantascienza? Non può creare un\\\'indotto di pregio creando servizi adeguati ed aumentando così non solo i livelli occupazionali e creare i presupposti per uno sviluppo ecosostenibile. L\\\'economia e l\\\'immagine del Trentino avrebbero senza dubbio da guadagnarci.
    Nino Mazzocchi
  4. inviato da Mauro il 08 dicembre 2009 23:24
    Le acciaierie vanno chiuse, e al più presto, nella speranza che al loro posto non si insedi un altro centro commerciale.
  5. inviato da roberto il 08 dicembre 2009 19:58
    caro Michele, è una vecchia storia ... che mi fa riandare nel tempo alle contrapposizioni della vicenda Samatec. Sono passati quasi vent'anni dalla fase più acuta e quasi nessuno si ricorda più che a fronte di uno stabilimento per la produzione di carburo silicio che aveva amazzato negli anni (fatti processualmente acclarati) una decina dei suoi lavoratori a causa di sopravvenuti tumori da silicosi e resi invalidi centinaia di operai (silicosi, sordità. ecc), sulla stesa area sorge il complesso delle cantine MezzaCorona, un'azienda locale che offre lavoro ad un centinaio di lavoratori tra operai, impiegati e tecnici di vario livello. Un'azienda che rappresenta il territorio e ne valorizza economicamente i suoi frutti (nello specifico i vigneti) e che nel territorio ha la sua testa anzichè, come era prima, un residuo della industrializzazione (allora sì neccessaria, vista l'alta disoccupazione presente in quelli anni) degli anni Cinquanta.
    Anche allora erano forti le legittime preoccupazioni dei lavoratori di non trovare un un'alternativa occupazionale, lavoratori non sempre guidati con lungimiranza dai loro appresentanti e che accusavano gli "ambientalisti" di pensare "solo" al loro tornaconto (l'aria pulita). Un'azienda, la Samatec, la cui dirigenza faceva capo a gruppi nazionali in via disfacimento a causa delle privatizzazioni in corso e il cui destino produttivo sembrava già segnato da tempo. Allora, però,
    accanto alla denuncia (la Samatec si deve chiudere!) di una piccola
    sinistra coraggiosa (DP del Trentino) si erano schierati anche i Verdi (nel loro, forse, massimo momento di gloria politica). E la
    valorizzazione del prodotto locale, tenendo alta la resa del lavoro
    agricolo, ha contribuito al mantenimento di parte almeno del paesaggio rurale altrimemti, destinato ad essere completamente stravolto dalla speculazione immobiliare (modello nord est). Non voglio farla lunga, tieni duro e cerca di spiegare ai tuoi interlocutori preoccupati che oggi la Provincia di Trento ha molti più strumenti di politica industriale di quelli di cui disponeva vent'anni fa. Purchè ne faccia buon uso.
    ciao
    roberto devigili
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