"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

La politica perduta

Marco Revelli

La politica perduta

Einaudi, 2003

La crisi della politica è sotto gli occhi di tutti. Da garanzia di ordine e sicurezza, essa si va rovesciando nel proprio contrario: in fattore di insicurezza, violenza, paura. Lo dimostra un quindicennio di nuovo disordine mondiale, dalle cosiddette guerre umanitarie fino alla recente avventura irachena...

Con Marco Revelli coltiviamo un’amicizia a distanza. Nel senso che con Marco abbiamo condiviso nel corso degli anni ’90 una rigorosa analisi critica dei pensieri del ‘900 ed uno sforzo di ricerca di nuovi pensieri di libera-zione umana. Al di là di ogni appartenenza, ci siamo ritrovati nelle molte occasioni di riflessione lungo i passaggi cruciali della vicenda politica degli ultimi anni, a far parte di un collettivo virtuale con altri amici come Mario Agostinelli, Gianfranco Bettin, Aldo Bonomi, Alberto Magnaghi, Emilio Molinari, Tonino Perna, Paolo Rumiz ed altri ancora, persone dalle storie tanto diverse con le quali abbiamo tenuto aperto un ragionamento, insieme di pensiero critico e di azione irrituale. Penso all’approccio territorialista, allo sviluppo locale e all’autosostenibilità, al diritto all’acqua… penso all’impegno per la pace, alla diplomazia parallela e ai “miei” balcani.

Ma la cosa che ogni volta continua a sorprendermi in questo colloquio a distanza con Marco Revelli è una sorta di sintonia in tempo reale, un comune sentire con quello che Marco va indagando. E se era più comprensibile in “Oltre il Novecento”, considerato il passaggio di tempo nel quale siamo comunemente immersi, non lo era affatto se pensiamo all’ultimo lavoro di Revelli, “La politica perduta”, edito da Einaudi. Quello che Marco ci propone è infatti una critica della politica intesa come luogo di esercizio della forza, che riproduce il male da cui dovrebbe proteggerci, che indica l’esaurirsi della “politica dei moderni” ed insieme il proporsi di un “nuovo Medioevo” nel quale lo stato di natura prevale su quello di diritto. Insieme la necessità di ritrovare “una politica del futuro” nella quale mezzi e fini si sovrappongano in una pratica della politica che sa far stare insieme utopia e concretezza, che sa abitare le contraddi-zioni, che “si mette in mezzo” e si fa carico. Tracce comuni di una politica diversa. 
  

 

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