"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Biblioteca

A Sarajevo il 28 giugno
La prima di copertina del libro

Gilberto Forti

A Sarajevo il 28 giugno

Adelphi, 1984

 

Fra le proposte letterarie attinenti all’anniversario dello scoppio della Grande Guerra, segnaliamo A Sarajevo il 28 giugno, opera in endecasillabi di Gilberto Forti. Undici versioni del giorno che (forse) cambiò la storia. Una recensione di Marzia Bona (Osservatorio Balcani Caucaso - Transeuropa)

di Marzia Bona

A Sarajevo il 28 giugno è una raccolta di undici storie che gravitano attorno all’assassinio di Francesco Ferdinando e Sofia Chotek. Ripercorrendo gli eventi della giornata che fece da detonatore alla Prima guerra mondiale, l’attentato all’arciduca – nel quale fu accidentalmente uccisa anche la moglie Sofia – diviene pretesto per scandagliare la figura dell’erede al trono, la sua lunga attesa riempita da passatempi lussuosi, progetti imperiali e imposizioni dettate dall’etichetta di corte. A sua volta, la figura dell’arciduca si fa metafora della complessità e delle fragilità dell’Impero alla vigilia del conflitto che lo portò alla dissoluzione.

Il libro si lascia alle spalle la narrazione ufficiale degli eventi, per dare spazio e voce a personaggi che – in maniera diversa e a vario titolo – furono testimoni delle vicende. Il risultato è una ricostruzione caleidoscopica, che ripercorre antefatti e conseguenze del 28 giugno 1914. La figura dell’erede al trono, al centro della narrazione, diventa emblema dell’Impero, delle buone intenzioni ingessate dal protocollo, del lato umano di un personaggio passato alla storia come tragico emblema di un casus belli

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Breviario Mediterraneo

Predrag Matvejevic

Breviario Mediterraneo

Garzanti, 2006

 

"I traffici dei mercanti, le migrazioni delle anguille, fughe di popoli e nascita di idee, leggende, architettura, storia, paesaggi".

 Un capolavoro che ti aiuta a comprendere l’intreccio straordinario di parole, saperi, profumi fra oriente ed occidente.

 

«... Gli arabi passavano da una sponda all'altra anche senza carte, conquistavano il mare vincendo per terra. Andavano da est verso ovest, dal Mashrek verso il Magreb - questa era del resto anche la direzione della diaspora ebraica e dell'evangelizzazione cristiana, delle varie spedizioni e trasmigrazioni dal Vicino o dal Lontano Oriente, dei popoli che andavano dietro il corso del sole e, forse proprio per questa ragione, riuscivano nelle loro imprese meglio degli altri. I conquistatori arabi occuparono Ifrkia, s'impadronirono di Alesandria, passarono sulla parte settentrionale del mare nostrum. Vennero a conoscenza di Aristotele e di Tolomeo prima di noi, nonostante l'incendio della biblioteca Alessandrina. La geografia venne tradotta in arabo sia dal greco sia dal siriano prima che lo fosse nelle lingue europee. La grande sintassi divenne il celebre Almagesto. Il geografo Al-Musadi vide anche le carte di Marino di Tiro sulle quali aveva studiato lo stesso Tolomeo. Al Batani assunse o fece sue le concezioni tolemaiche. Al-Huvarismi le completò. Al-Biruri andò persino oltre: anticipò Galileo. Le conoscenze geografiche sono state trasferite dal Mediterraneo sud orientale a quello occidentale e settentrionale...»

 

Aden Arabie

Paul Nizan

Aden Arabie

Fahrenheit 451, 1994



“Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Un libro straordinario che mi accompagna da sempre e che oggi voglio dedicare a Giulio Regeni.

«Pubblicato a Parigi nel 1931, Aden Arabie racconta il viaggio e l'esperienza di un anno in una lontana ed esotica città d'Arabia: Aden. Nizan sottolinea la distanza tra il viaggio come "fuga", fatto per ripagarsi delle proprie frustrazioni reali, e quello invece volontario e cosciente, vissuto come indagine cruda della realtà».

I buoni siamo noi
La copertina del libro
Luca Rastello
 
I buoni
 
Chiarelettere, 2014

 

Il nuovo libro di Luca Rastello. Un romanzo, ma anche una denuncia sull'insostenibilità e sull'ipocrisia del mondo no profit. Una dura critica alla bontà che genera potere, seguito da molte polemiche per i nomi che lascia intendere. Una recensione.

 

di Mauro Cereghini

(maggio 2014) Avrei voluto scrivere de "I buoni", l'ultimo libro di Luca Rastello, come di un romanzo. E dire della sua capacità di catturarti, di avvolgerti nella lettura pur prendendoti a schiaffi quasi ad ogni pagina. Dalle fogne di Bucarest alle fabbriche abbandonate delle nostre periferie urbane, ti getta addosso il fango di un'umanità scartata. La fatica di tante anime fragili, dello psicologo in bilico sulla sua identità sessuale, della ragazza madre dagli occhi sempre tristi, dei bambini rumeni malati di aids. Eppure persone vive, sguardi veri.

E poi parlare del racconto di chi li aiuta, del lato oscuro dei buoni per professione, dei volontari e degli operatori sociali. Anche loro ritratti nella nuda concretezza, fatta di quotidiani compromessi più che di nobiltà e princìpi. Un'immagine lontana dalle riviste patinate, con le rubriche fisse sul sociale-equo-solidale che fa tanto chic. E libera dalle retoriche politicamente corrette delle "operazioni bontà" e delle "partite del cuore", versioni televisive della carità più pelosa. Quella che lava con qualche avanzo di portafoglio le cattive coscienze, permettendo loro di continuare a farsi i fatti propri.

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Non ti riconosco
La copertina del libro

Marco Revelli

Non ti riconosco

Un viaggio eretico nell'Italia che cambia

Einaudi, 2016

 

«Nel corso di questo lungo viaggio erratico tra le pieghe di un Paese sospeso, ho incontrato un'infinità di tracce di metamorfosi istantanea. Di futuri fattisi istantaneamente anteriori. Di promesse appena immaginate e già mancate. Di progetti iniziati e non terminati. E i segni di mappe che non valgono più. Ma non riesco a considerarli simboli di un paradiso perduto».

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Shah - In - Shah

Ryszard Kapuscinski

Shah - In - Shah

Feltrinelli, 2001

 

«Iran, 1980: lo scià Reza Pahlavi è fuggito, Khomeini ha preso il potere. Chiuso nella stanza di un albergo ormai deserto di Teheran, Ryszard Kapuscinski cerca di ricavare un senso dalla massa di appunti, fotografie e registrazioni che ha accumulato durante il suo lungo soggiorno in Iran. In un libro appassionante, in cui la cronaca diviene storia senza perdere nulla della sua umana immediatezza, Kapuscinski ricostruisce il lento ma inesorabile procedere degli avvenimenti che hanno portato alla rivoluzione khomeinista...».

Un libro da leggere nel susseguirsi di rivoluzioni democratiche finite nel sangue, strategie di destabilizzazione da parte di chi in Occidente non si è ancora rassegnato alla fine del colonialismo e di torbide proteste tipiche di questa oscura postmodernità, che attraversano questo straordinario paese.

Non luogo a procedere
La copertina del libro

Claudio Magris

Non luogo a procedere

Garzanti, 2015

 

 

“Non luogo a procedere” è un bel titolo, lo è ancora di più per un romanzo che narra di una delle rimozioni più pesanti del Novecento italiano, quella della “Risiera di San Sabba” ovvero del campo di sterminio che sorse durante la seconda guerra mondiale a Trieste. Un buco nero nella coscienza di una città e di un intero paese. Una rimozione che continua ancora oggi, nonostante i responsabili di quella tragedia siano morti e sepolti e nonostante il riconoscimento seppure tardivo da parte della storiografia ufficiale come luogo della memoria. Andateci a Trieste e ne avrete l'immediata percezione.

Anche per questa ragione, il bel titolo dell'ultimo romanzo di Claudio Magris indica lo stato dell'arte ovvero il senso di una resa. La sconfitta (o forse la vittoria, non cambia) di una città che vive con fastidio la Risiera. Quel luogo di cui volentieri si libererebbe, cancellandolo definitivamente dalla falsa coscienza di una comunità che passati settant'anni non ha ancora elaborato quella tragedia. Tanto che, senza clamore, il tempo l'ha fatta scomparire anche dall'orizzonte visivo, fra lo stadio, un grande supermercato e una tangenziale.

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