Europa e Mediterraneo Balcani

Quindici marzo duemilaventicinque
Belgrado-15-3-2025

 

Un movimento di liberazione di natura costituente. Reportage da Belgrado.

 

di Michele Nardelli

Ho voluto essere a Belgrado, in mezzo ad una folla immensa di trecento o forse quattrocentomila persone, arrivate a piedi, in bicicletta, in moto, con i bus, le auto e i trattori dalle città e dai villaggi della Serbia profonda come da quartieri popolari di quella grande città, malgrado il blocco del trasporto pubblico imposto da Vucic. Un fiume ininterrotto che ha invaso la capitale sin dalla sera precedente e per tutta la giornata del 15 marzo, fino a notte inoltrata. Che scorreva accanto ai due grandi fiumi (d'acqua) che costituiscono uno dei più affascinanti ecosistemi europei dietro le nazioni [1].

Un fiume che scorre da mesi e che per i giovani di questo paese rappresenta forse un'ultima speranza, quella della dignità di poter immaginare un futuro nella terra in cui si è nati prima di scomparire in un altro e più doloroso fiume, quello del migrare. E che il quindici marzo duemilaventicinque ha conosciuto una sua metamorfosi sociale in un evento di dimensioni e caratteristiche forse mai viste prima nei Balcani.

Che questo sia avvenuto grazie in primo luogo agli studenti che con i simboli rancorosi e vittimistici del passato non hanno sostanzialmente nulla a che fare, in una mobilitazione capillare che da mesi ha invaso le città come i territori tradizionalmente poco inclini al cambiamento, e tutto questo in nome della verità contro la corruzione, della democrazia contro le mafie che hanno invaso le istituzioni, dell'amore per la propria terra svenduta alle multinazionali delle terre rare in nome dello sviluppo, ci racconta di una società ancora capace di reagire.

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Lo sguardo strabico, per stare al mondo. Il 15 marzo a Belgrado, il 17 a Sarajevo.
Il simbolo della sollevazione

No, non è una fuga. Piuttosto, se si vuole, una boccata d'aria fresca. Così ho messo insieme il bisogno di completare le interviste/conversazioni che mi ero ripromesso nel viaggio dell'estate scorsa e ben raccontato dall'amico Domenico (https://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=5120), e la necessità di vedere da vicino quel vero e proprio “sollevamento popolare” che sta attraversando la Serbia e contagiando la regione, per darmi una certa distanza dalla ritualità velenosa e gridata che segna il dibattito pubblico nostrano...

... Il crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad, un governo senza contrappesi che cerca di insabbiare l'accaduto a suggello del clima di impunità che regna in Serbia, la decisione di riprendere l'estrazione del litio per l'industria automotive con effetti devastanti sul piano ambientale, hanno fatto da detonatore ad un movimento che scuote in forme inedite il regime di Belgrado. E non solo...

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mercoledì, 16 aprile 2025 ore 07:00

Pasqua in Bosnia Erzegovina
Il ponte di Mostar

Campanili, minareti, sinagoghe

dal 16 al 21 aprile 2025

Una proposta di viaggio con Viaggiare i Balcani

   

Bosnia-Erzegovina, preziosa tessera del grande mosaico d’Europa! Un viaggio attraverso una terra carica di storia, impreziosita da genti di fedi religiose diverse e da culture e tradizioni che s’incontrano, si combinano e talvolta si scontrano. Un’occasione unica per ammirare questo Paese con i colori della primavera che illuminano fiumi e boschi ed avvolgono abitazioni e campagne, croci e mezzelune.

L’itinerario è mosso da profonda curiosità culturale e umana per una regione spesso scossa dalla Grande Storia, in cui si intrecciano complesse storie personali, familiari e di comunità. Anche se le vicende del XX secolo ne hanno messo a dura prova la specificità, la Bosnia-Erzegovina rimane un ambiente in cui il tessuto multiculturale e multireligioso si avvertono con forza; un luogo che riesce a trasmettere forti emozioni e a stimolare riflessioni.

Bosnia Erzegovina

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venerdì, 21 febbraio 2025 ore 18:00

NAZIONALISMI E “PULIZIA ETNICA” IN BOSNIA-ERZEGOVINA - Prijedor (1990-1995)
Trnopolje, Prijedor, agosto 1992

Venerdì 21 febbraio 2025, alle ore 18.00

presso l'Officina dell'Autonomia della Fondazione Museo Storico del Trentino (via Tommaso Gar 29, Trento)

ci sarà la presentazione del libro di Simone Malavolti

«Nazionalismi e “pulizia etnica” in Bosnia-Erzegovina. Prijedor 1992-1995»

(Pacini editore, 2024)

 

Prijedor, cittadina bosniaca di quella che un tempo era la Jugoslavia, sale alla ribalta della cronaca internazionale per le terrificanti immagini dei corpi emaciati dietro il filo spinato di un campo di concentramento. E' solo la punta dell'iceberg di un progetto iniziato con l'occupazione militare della città da parte dei nazionalisti serbi nella notte del 30 aprile 1992. Un'escalation di violenza di massa che provocherà la fuga e la deportazione di migliaia di cittadini, l'internamento di circa 5000 persone, l'uccisione di oltre 3000 individui, la distruzione di interi villaggi e l'imposizione di una memoria pubblica unilaterale e negazionista.

 

Introduce e modera

Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino

 

Intervengono in dialogo con l'autore Simone Malavolti

Annalisa Tomasi, Associazione Progetto Prijedor

Marco Abram, Osservatorio Balcani Caucaso – TransEuropa

Michele Nardelli, scrittore, già presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani

 

Incontro promosso dalla Fondazione Museo Storico del Trentino

Trento, via Tommaso Gar 29 - Trento, Fondazione Museo Storico del Trentino – Officina dell'Autonomia

La copertina del libro

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Nazionalismi e 'pulizia etnica' in Bosnia Erzegovina – Prijedor (1990 – 1995)
la prima di copertina del libro

Simone Malavolti

«Nazionalismi e “pulizia etnica” in Bosnia Erzegovina – Prijedor (1990 – 1995)»

Pacini Editore, 2024

«Nazionalismi e “pulizia etnica” in Bosnia Erzegovina – Prijedor (1990 – 1995)» è un libro di grande valore. Un lavoro rigoroso e raro, per la ricerca delle fonti e per l'accuratezza della ricostruzione di un passaggio storico manipolato dalla propaganda nazionalista e da narrazioni separate.

Scavare dentro i conflitti e le guerre non è mai un compito facile, richiede di prendersi una distanza anche emotiva dagli avvenimenti e dalla logica manichea che tende ad identificarsi con una parte. Questo non significa non saper distinguere fra aggressori ed aggrediti, senza però mai dimenticare che la guerra (come la sua fine, chiamata frettolosamente pace) non è mai giusta. In questo scavare dentro i conflitti (e le parole), con Mauro Cereghini parlammo di “equiprossimità”, il riconoscere la tragedia delle vittime a prescindere dalla loro appartenenza nazionale, religiosa o etnica1. A questo compito Simone Malavolti offre un contributo significativo, uno studio di caso per raccontare come sono andate le cose in una delle aree più segnate dalla “pulizia etnica” nella guerra dei dieci anni che ha segnato l'Europa alla fine del secolo scorso.

Per chi ha vissuto quella tragedia in prima persona, questo libro rappresenta una forma di risarcimento, nel riconoscimento del dolore delle vittime ma anche verso chi – a prescindere dalla propria appartenenza – si è opposto al delirio nazionalistico. Anche per questo, richiederebbe di venir tradotto in serbo-croato-bosniaco e presentato nei territori che facevano parte della Jugoslavia. Cosa non facile, se consideriamo che ancor oggi, a distanza di trent'anni dagli avvenimenti raccontati nel libro di Malavolti, ci sono aree nelle quali le autorità locali tendono a boicottare ogni narrazione diversa da quella ufficiale, ovvero quella di chi ha “vinto” nella separazione etnica della Bosnia Erzegovina. Ne sanno qualcosa quei pochi intellettuali che coraggiosamente hanno “tradito” le loro appartenenze o presunte tali.

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martedì, 21 gennaio 2025 ore 18:00

Nazionalismi e Pulizia Etnica in Bosnia Erzegovina - Prijedor (1990 - 1995)
la prima di copertina del libro

Incontro di presentazione del libro di Simone Malavolti

«Nazionalismi e “Pulizia Etnica” in Bosnia Erzegovina. Prijedor (1990 - 1995)»

Pacini Editore, 2024

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Martedì 21 gennaio 2025, ore 18.00

presso il Circolo ARCI – Vie Nuove

Viale Giannotti 13 - Firenze

§§§

Un incontro dedicato alla storia e alla memoria di uno dei capitoli più drammatici della dissoluzione jugoslava. Prijedor, teatro di atrocità negli anni ‘90, diventa il centro di un’analisi che intreccia ideologia, violenza, media e geopolitica.

Intervengono

Simone Malavolti, autore e storico specializzato nei paesi jugoslavi
Luca Bravi, Dipartimento Forlilpsi, Unifi, esperto di memoria e Bosnia-Erzegovina
Michele Nardelli, scrittore e co-fondatore dell’Osservatorio Balcani e Caucaso

Partner dell’evento

Istituto Storico Toscano della Resistenza
Pacini Editore

Firenze, Circolo ARCI Vie Nuove, Via Giannotti 13

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La volpe
la prima di copertina del libro

Dubravka Ugresic

La volpe

La nave di Teseo, 2022

 

«... La maledizione della volpe sta nel fatto di non essere amata. (…) E' l'eterna passeggera clandestina, la migrante che con facilità attraversa i mondi, e quando la sorprendono senza biglietto inizia a girare le palline con la coda, a esibire i suoi trucchi da quattro soldi. Quell'attimo di ammirazione fugace che riceve, lei, accecata (ah, la fragilità di una volpe!), lo scambia per amore. Sono i suoi attimi di gloria. Tutto il resto è una storia di paure, di fuga davanti ai proiettili del cacciatore, di continuo abbaiare dei cani da caccia; una storia di persecuzioni, di botte, di ferite da curare, di umiliazioni, di solitudine e di una misera consolazione: un sonaglio fatto con ossa di gallina.» La volpe, pagina 373.

 

Le pagine scorrono inizialmente senza capire dove si voglia andare a parare. Poi, piano piano, cominci a riannodare i fili della trama. Infine, fatichi a staccartene. Scrivo due parole a matita sulle pagine bianche e lo ripongo con pudore. L'ultimo libro di Dubravka Ugresic ti consegna un'amara e forse non voluta autobiografia. Il soggetto di questo lavoro è la letteratura che sfuma e prende le sembianze incerte e mutevoli della volpe. Che attraversa con amara leggerezza il vissuto della giovane studiosa jugoslava, della dissidente verso un paese nel quale non riesce più a riconoscersi, della naufraga che ha perso ogni cosa e che deve reinventarsi per sopravvivere, della traditrice affermata e odiata, della scrittrice di economy class per magri compensi che spesso nemmeno arrivano, della persona che s'interroga sull'inadattabilità e su quel che rimane, della donna stanca che vorrebbe finalmente il calore di una casa, della persona calpestata dai tempi.

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Dubravka Stojanović, il labirinto degli anni '90
da OBC-T

“Gli anni ’90 sono lontani ma noi siamo bloccati in quel decennio. Viviamo nel passato e non possiamo vivere nel presente, né immaginare il futuro. La domanda è: perché? E soprattutto: come possiamo uscire da questa situazione, da questo labirinto?”. Intervista con la storica Dubravka Stojanovi

Intervista a cura di Cecilia Zecchinelli *

Dubravka Stojanovi, nota storica di Belgrado che in quel “noi” include tutte le società post-jugoslave, lavora da molti anni sulla democrazia nei Balcani, sulla memoria e la sua manipolazione. Recentemente ha dato vita a un importante progetto insieme allo scrittore e accademico bosniaco Igor Štiks e al direttore del centro culturale Grad di Belgrado, Dejan Ubovi: la creazione di un centro di riconciliazione regionale e museo permanente degli anni '90, di prossima apertura nella capitale serba, che ha già visto come tappa intermedia la mostra itinerante Lavirint 90-ih  (Labirinto degli anni 90). Aperta fino al 15 settembre a Sarajevo nell’edificio del Museo storico della Bosnia Erzegovina, la mostra ha avuto una prima edizione nel 2023 a Belgrado e si sposterà poi in Montenegro e in Croazia.

Con Štiks e Ubovi avete costituito una fitta rete di attivisti, esperti, artisti e Ong dei Paesi post-jugoslavi e avete raccolto moltissimi documenti, audio, video e oggetti di quel decennio, da cui è poi nata la mostra. Perché concentrarsi sugli anni '90? Soprattutto in Bosnia Erzegovina la memoria di quel periodo sembra perfino eccessiva, il ricordo della guerra e degli assedi è ovunque.

Il problema non è la memoria, ma quale memoria. Le nostre élite politiche, economiche e sociali, che non sono molto diverse da quelle di allora, continuano a trarre vantaggi da quel conflitto e oggi governano grazie alla paura della gente, all’odio reciproco, manipolando tutte queste complesse emozioni e la stessa memoria. Per rafforzare il loro dominio autoritario tengono le persone bloccate in quel trauma. E la sconfitta traumatica, come sostiene la storica tedesca Aleida Assmann, è il più terrificante genere di sconfitta e di dolore. Ma in quei terribili anni 90 non c’erano solo guerra e nemici. Con il nostro lavoro e la mostra vogliamo “aprire” il passato, mostrare che sono possibili delle soluzioni e che si può uscire dal labirinto che non a caso dà il titolo all’esposizione e che abbiamo creato fisicamente nel suo percorso.

 

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venerdì, 18 ottobre 2024 ore 18:00

AttraVerso i Balcani. Da Zagabria a Belgrado.
Vukovar, immediato dopoguerra

I Piani Giovani di Zona dell'Alta e Bassa Val di Sole propongono un'esperienza alla scoperta dei Balcani.

L'iniziativa comincerà con 3 incontri preparatori prima di partire per un viaggio di 5 giorni alla scoperta di una parte d’Europa ai più sconosciuta, per scoprirne la sua storia recente e più remota.

Il primo incontro preparatorio si svolge a Croviana, presso la Sala Comunale, venerdì 18 ottobre 2024 con inizio alle ore 18.00 ed ha come obiettivo un inquadramento storico e geografico della regione balcanica. Relatore sarà Michele Nardelli. Il secondo avrà come focus il tema dell'allargamento dell'Unione Europea e vedrà come relatore Jens Woelk. Il terzo appuntamento verterà infine attorno alla questione della Rotta Balcanica che sarà curato da OBC-Transeuropa e dal Centro Astalli.

 

 

Croviana, Sala Comunale

La locandina dell'iniziativa

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mercoledì, 4 settembre 2024 ore 14:30

I Balcani, venticinque anni dopo. Incontro formativo
Sarajevo, assenze

Il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) ha previsto un incontro che si svolgerà online il 4 settembre 2024 alle ore 14.30, in preparazione dell'ormai prossimo viaggio di una delegazione del Consiglio Nazionale CNCA in Bosnia Erzegovina.

Per questo si è immaginato un momento formativo sulla regione balcanica a venticinque anni dalla fine della guerra che ha concluso il secolo scorso, con Daniele Bombardi di Caritas Italiana e Michele Nardelli, fra i fondatori di Osservatorio Balcani Caucaso.

Da remoto

Il viaggio del CNCA

mercoledì, 26 giugno 2024 ore 08:00

Un viaggio di ritorno, un libro scritto a metà, una comunità di pensiero
Una splendida immagine del viaggio sul Danubio da Vienna a Belgrado (12 - 21 settembre 2003) promosso da Osservatorio Balcani Caucaso

Dal 26 giugno al 3 luglio 2024, dopo una lunga assenza, sarò di nuovo nel cuore balcanico dell'Europa.

Lo scopo di questo viaggio è ben sintetizzato dal titolo della lettera (la trovate in allegato) che ho inviato ad una serie di amici e testimoni prvilegiati della regione: un viaggio di ritorno, un libro scritto a metà, una comunità di pensiero.

Persone con le quali ho condiviso a partire dagll'inizio degli anni '90 iniziative di solidaretà, progetti di cooperazione, sguardi e pensieri o che ho conosciuto ed apprezzato attraverso i loro scritti e il loro impegno sociale, culturale e politico.

Nel corso del viaggio, con ognuno di loro, avremo altrettanti momenti di conversazione sul presente e sul futuro di questa parte, per certi versi cruciale, dell'Europa. 

Un viaggio durerà otto giorni lungo un itinerario che ci porterà a Zagabria e Osijek (Croazia), Belgrado, Nis, Kraljevo (Serbia), Mostar, Sarajevo, Srebrenica, Tuzla, Banja Luka e Prijedor (Bosnia Erzegovina), che avrà un seguito nel mese di agosto a Trieste e nel Carso e, successivamente, in un nuovo viaggio in Macedonia del Nord, Albania e Kosovo. Nonché in una serie di interviste/conversazioni da remoto con le persone che in questa occasione non avremo potuto raggiungere o incontrare perché impegnati altrove.

Zagabria, Osijek, Belgrado, Nis, Kraljevo, Mostar, Sarajevo, Srebrenica, Tuzla, Banja Luka, Prijedor, Trieste

La lettera inviata

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venerdì, 31 maggio 2024 ore 17:30

Mi riguarda. La giornata delle Fasce Bianche
1992, il campo di Omarska a Prijedor

 

Anche quest'anno Trento commemora la Giornata Internazionale delle fasce bianche per ricordare quanto avvenuto in Bosnia Erzegovina negli anni '90. L'appuntamento presso il Cortile interno di Palazzo Thun si tiene in parallelo alla commemorazione a Prijedor e in altre città d'Europa.

Il 31 maggio 1992 le autorità serbo-bosniache di Prijedor imposero ai cittadini non-serbi di portare al braccio una fascia bianca. In migliaia vennero poi rinchiusi nei lager. Più di 3 mila vennero uccisi, di cui 102 bambini.

Dal 2013, ogni 31 maggio si tiene a Prijedor e in altre città europee, la "Giornata internazionale delle fasce bianche", sotto al cappello “Jer me se tie” (Perché mi riguarda!). Quest'anno, la manifestazione a Prijedor inizierà alle 11.00 nella via Ahmeta Babi, nel luogo dove dovrebbe sorgere il monumento in memoria dei 102 bambini di Prijedor uccisi. Alle 12.00 si proseguirà nella piazza centrale della città, in cui i partecipanti con la fascia bianca al braccio leggeranno i nomi e cognomi di tutti questi bambini. Quest'anno si aggiunge anche l'installazione dedicata ai 102 bambini di Anita Karabaši “Nema Nikog Da Ga Bere” (Non c'è nessuno che lo raccolga).

Trento, Palazzo Thun, via Belenzani

La locandina dell'evento

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Connessione di sguardi e di pensieri. I miei Balcani, quattro anni dopo.
A colloquio con Zlatko Dizdarevic

di Michele Nardelli

(17 luglio 2024) Non ho mai tenuto il conto dei viaggi balcanici, prima della guerra degli anni '90 e soprattutto successivamente, quando questa parte di Europa è diventata ai miei occhi – come uso dire – uno straordinario caleidoscopio sulla modernità. Ma di certo quello dal quale sono da poco rientrato, sul piano del confronto con gli interlocutori nelle nostre conversazioni come su quello emotivo, ha lasciato il segno. Per la deriva autoritaria che segna i paesi attraversati, per la devastazione sociale e l'assenza di futuro che induce chi ne ha la possibilità ad andarsene (ma non tutti), per il diffuso disincanto verso il progetto politico europeo, ma anche per le connessioni di pensiero che ne sono venute. E per il piacere di riabbracciare persone che non vedevo da tempo e avvertire la profondità delle relazioni costruite.

Ad accompagnarmi in questo viaggio ci sono stati Snjezana Djuricic e Domenico Sartori. Snjezana, oltre che raffinata interprete, attenta osservatrice delle cose del mondo, senza la quale questo viaggio non sarebbe stato possibile. Domenico, giornalista e amico con il quale abbiamo condiviso tratti importanti di lavoro sulla comunità trentina, pressoché nuovo (se escludiamo la sua partecipazione nel settembre 2003 al viaggio di Osservatorio Balcani che collegò attraverso il Danubio Vienna con Belgrado) in questa parte di Europa. Alla fine del nostro viaggio, nel suo quaderno di appunti non c'erano più pagine bianche.

 

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L'Europa vista dai Balcani, fra aspettative e disincanto.
Darko Cvijetic

"Un viaggio di ritorno, un libro scritto a metà, una comunità di pensiero" (26 giugno - 3 luglio 2024). Il racconto.

 

di Domenico Sartori

 

Emozioni e paure

Partiamo dalla fine. “La mia follia è rimanere qui”. Incontriamo Darko Cvijetic al motel Le Pont. Insieme al “condominio rosso” dove ancora abita è il suo rifugio quando ritorna a Prijedor, in quella parte di Bosnia Erzegovina chiamata Republika Srpska. Poeta, scrittore, drammaturgo, attore, Cvijetic ha appena pubblicato l’ultimo romanzo della trilogia aperta con L’ascensore di Prijedor (uscito in Italia con Bottega Errante Edizioni). Il protagonista è un criminale di guerra, che ritorna dopo venticinque anni di galera. “Il criminale è cambiato, tutto il resto è rimasto come prima”. E la comunità non può accettarlo: è uno specchio che ne riflette l’immagine. “Perché” dice il romanziere “il criminale di guerra è un potenziale che ognuno di noi ha dentro”. Michele sorride, ne parla spesso nelle sue riflessioni sulla guerra.

E’ il tema, enorme, dell'elaborazione del conflitto. Senza, le guerre non finiscono mai. Elaborare. Conoscere. Guardarsi dentro. E’ fatica, dolore. Qui sta la tragedia. Il passato che non passa. Lo scontro solo “congelato” dagli accordi di Dayton (fine 1995) che hanno fermato le granate e la guerra in Bosnia Erzegovina. Un equilibrio precario dentro la geopolitica globale, l'altra guerra mai risolta fra Serbia e Kosovo, quelle in Ucraina e in Palestina, l’Europa dove risorgono sovranismi, fascismi e nazionalismi, gli Usa a rischio guerra civile. Un “equilibrio” che pare stare bene a tutti i principali attori. Se non altro perché, dentro la tregua, il grande business nei Balcani continua: quello delle privatizzazioni e delle delocalizzazioni, dell’energia e delle materie prime, dei traffici e del real estate. Ne è emblema la cementificazione del lungofiume di Savamala a Belgrado, voluta dall’attuale presidente della Repubblica, Aleksandar Vucic. Dalla fortezza di Kalemegdan, l’imponenza del gigantesco affare immobiliare, il progetto Belgrade Waterfront, taglia l’orizzonte: hotel di lusso, il più grande centro commerciale dei Balcani, 10 mila appartamenti riservati alle élite, 4 miliardi di euro di investimento, la Eagle Hills Company di Abu Dhabi protagonista.

La lettera che illustra le ragioni del viaggio

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Sarajevo, quarant'anni fa
Il logo delle Olimpiadi di Sarajevo 1984

L'8 febbraio di quaranta anni fa a Sarajevo prendevano il via i Giochi Olimpici Invernali, una degli eventi, non solo sportivi, più riusciti e ricordati della storia della ex Jugoslavia

di Edvard Cucek *

(8 febbraio 2024) L'8 febbraio 2024 ricorrono quaranta anni da quando nella capitale della Bosnia Erzegovina, Sarajevo, fu accesa la fiamma olimpica. L’idea di organizzare i Giochi olimpici invernali in città era partita da un gruppo di appassionati di sport ed era stata ufficializzata il 16 ottobre del 1977. Era la seconda volta che un paese comunista si aggiudicava l’organizzazione dei giochi olimpici, prima di allora c’era stata l’Unione Sovietica con Mosca 1980, ma Sarajevo è stata la prima e ultima per le Olimpiadi invernali. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) il 19 maggio 1978 scelse Sarajevo come sede dei XIV Giochi Olimpici con 36 voti su 39, al secondo giro di votazioni. La città sulla Miljacka ebbe la meglio sulla giapponese Sapporo e la svedese Göteborg.

I preparativi durarono sette anni ed i risultati sorprendenti ottenuti dal comitato organizzativo dei Giochi olimpici furono merito di Emerik Blum, ex dirigente dell’azienda energetica bosniaca “Energoinvest” e sindaco di Sarajevo tra il 1981 e il 1983. Blum riuscì in poco tempo a rendere la città moderna e pulita terminando i lavori di gassificazione che erano stati avviati alla fine degli anni Sessanta. Una delle condizioni imposte dal CIO infatti era quella di avere l’aria pulita. I cittadini di Sarajevo - dopo secoli di riscaldamento a legna e carbone - poterono finalmente respirare anche in inverno e godere della neve bianca anche in città. Emerik Blum fece appena in tempo a vedere i risultati strepitosi del suo impegno di una vita. Si spense, infatti, qualche mese dopo la fine dei giochi, nel giugno del 1984.

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