"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Dubravka Ugresic
La volpe
La nave di Teseo, 2022
«... La maledizione della volpe sta nel fatto di non essere amata. (…) E' l'eterna passeggera clandestina, la migrante che con facilità attraversa i mondi, e quando la sorprendono senza biglietto inizia a girare le palline con la coda, a esibire i suoi trucchi da quattro soldi. Quell'attimo di ammirazione fugace che riceve, lei, accecata (ah, la fragilità di una volpe!), lo scambia per amore. Sono i suoi attimi di gloria. Tutto il resto è una storia di paure, di fuga davanti ai proiettili del cacciatore, di continuo abbaiare dei cani da caccia; una storia di persecuzioni, di botte, di ferite da curare, di umiliazioni, di solitudine e di una misera consolazione: un sonaglio fatto con ossa di gallina.» La volpe, pagina 373.
Le pagine scorrono inizialmente senza capire dove si voglia andare a parare. Poi, piano piano, cominci a riannodare i fili della trama. Infine, fatichi a staccartene. Scrivo due parole a matita sulle pagine bianche e lo ripongo con pudore. L'ultimo libro di Dubravka Ugresic ti consegna un'amara e forse non voluta autobiografia. Il soggetto di questo lavoro è la letteratura che sfuma e prende le sembianze incerte e mutevoli della volpe. Che attraversa con amara leggerezza il vissuto della giovane studiosa jugoslava, della dissidente verso un paese nel quale non riesce più a riconoscersi, della naufraga che ha perso ogni cosa e che deve reinventarsi per sopravvivere, della traditrice affermata e odiata, della scrittrice di economy class per magri compensi che spesso nemmeno arrivano, della persona che s'interroga sull'inadattabilità e su quel che rimane, della donna stanca che vorrebbe finalmente il calore di una casa, della persona calpestata dai tempi.
Immagino che non ce ne saranno altre: Dubravka Ugresic, malata terminale, ha deciso di mettere fine alla propria esistenza il 17 marzo 2023, poco prima di compiere 74 anni. Non ho mai conosciuto Dubravka se non per la lettura dei suoi libri (bellissimo “Il museo della resa incondizionata”, Bompiani, 2002), anche perché il suo esilio risultò senza fine. Del resto, come ricorda Predrag Matvejevic proprio nella sua prefazione di quel libro, nessuno le fece l'invito di tornare a casa. Destino comune, "fra asilo ed esilio". Rimane il rimpianto di non averla conosciuta di persona e di non aver potuto intrecciare sguardi e pensieri.
Non so se il paesino di Kuzurovac - a cinquanta chilometri da Zagabria e non lontano dalla sua città natale, Kutina - esista davvero, ma alla prima occasione di viaggio da quelle parti cercherò la lapide di Bojan, giudice, sminatore e amore fugace, anch'egli calpestato dai tempi. Nella certezza che lungo quel luogo di confine se cerchi campi minati, case bruciate e illusioni perdute non hai che l'imbarazzo della scelta. (m.n.)
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