«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene

Europa e Mediterraneo

Trieste 1954: lo spettacolo di Cristicchi dimentica l’anima plurale della città
Trieste, anni '50

di Mauro Cereghini

A Simone Cristicchi va dato il grande merito di avere contribuito a riportare nel dibattito pubblico italiano la memoria dell’esodo istriano-dalmato, e delle sue sofferenze, dopo decenni di colpevole silenzio. Con lo spettacolo Magazzino 18, presentato nel 2013 e circolato a lungo in tutta Italia, ha emozionato e insieme raccontato una vicenda complessa, con le molte sfaccettature che la riguardano. Ha ricevuto anche feroci critiche, ma nel complesso quell’opera aveva una sua compiutezza scenica e – nell’inevitabile riassunto di un testo teatrale – solidità storica.

Dieci anni dopo Cristicchi ci riprova con Trieste 1954, spettacolo che si muove tra la fine della seconda guerra mondiale, con l’occupazione jugoslava della città e poi l’amministrazione affidata agli alleati, e il passaggio alla Repubblica Italiana. Ma stavolta il risultato del lavoro è decisamente inferiore. Nulla da dire sulle capacità artistiche del cantante, né tanto meno dell’altra voce Franca Drioli, che presenta alcune canzoni in triestino, e di coro e orchestra che accompagnano con maestria musicale. Il racconto però dura appena tre quarti d’ora, dopo di che si aggiungono canzoni dal repertorio di Cristicchi. Belle sì, ma con un certo retrogusto di riempitivo…

La fine di un Mondo e quello nuovo che ancora non viene.
Manifestazione a Trento

di Federico Zappini

E’ faticoso muoversi sulla linea di faglia di un salto d’epoca. Da venticinque anni le crisi (economiche, ecologiche, militari, di senso) si accumulano e interagiscono. La fine di un Mondo porta con sé un carico di contraddizioni difficili da sciogliere. Non avviene in un sol colpo e oscilla tra l’emersione di elementi simbolici che rompono lo schema dato e – dove possibile – i tentativi di qualcuno di rielaborare la realtà sotto altre forme, altri equilibri. Con ogni probabilità ciò che sta avvenendo attorno a Gaza (il riconoscimento diffuso di un genocidio in atto, l’incapacità delle istituzione internazionali di ricomporre il conflitto, la presa di parola vigorosa e spontanea di ampie parti della società civile, il “piano di pace” neocoloniale firmato dalla coppia Trump/Blair  che in queste ore potrebbe almeno portare a un iniziale cessate il fuoco) descrive al meglio il caleidoscopio di rischi e opportunità connessi al venir meno dell’ordine scaturito dalla fine della seconda guerra mondiale. Dove si fermerà l’oscillazione del pendolo della Storia che si è rimesso in moto alla massima velocità?

In questi giorni ho trovato di grande interesse l’interpretazione che Luciana Castellina ha dato di questo tempo. In quella che potrebbe apparire come una provocazione ci dice che il vero sconfitto di questa fase è proprio il modello capitalista. Incapace di mantenere le promesse di benessere diffuso su scala planetaria, alle prese con crisi ambientali da esso stesso generate, messo in scacco per un verso dall’”efficienza” di forme di governo illiberali e dall’altro dalla dimensione sfuggente delle rivoluzioni tecnologiche in corso non ha altri strumenti da mettere in campo per preservare il proprio potere che non siano la violenza e il cinismo, che certo trovano la più nitida raffigurazione nella presidenza Trump ma pericolosamente permeano le società occidentali rendendole più aggressive e frammentate, ossessionate dal bisogno di essere rassicurate attraverso l’uso della forza e la repressione di tutto ciò e tutti coloro che vengano riconosciuti come un pericolo imminente, un nemico alle porte. 

 

Gaza, la Global Sumud Flotilla e noi.
La locandina dell'evento

Mercoledì 8 ottobre 2025, ore 18.00, presso la libreria due punti, via San Martino 78 a Trento

Dialogo con Ivan Grozny Compasso

Evento in collaborazione tra libreria due punti e Il T quotidiano.

 

Gaza – e i suoi cittadini – da due anni sono vittime di una violenza indicibile. Migliaia di morti e migliaia di feriti. Milioni di persone lasciate senza casa, senza cibo, senza nessun sostegno sanitario.

Il popolo palestinese – a Gaza, quanto in Cisgiordania – da decenni subisce l’occupazione israeliana, attraverso una strategia coloniale che coordina nuovi insediamenti, pressione militare e violazione costante di una miriade di norme del diritto internazionale.

 

 

La Palestina di Ali Rashid
Ali Rashid

Sono quasi cinque mesi che Ali Rashid ci ha lasciati. Un vuoto che, personalmente, avverto forse in maniera ancora più acuta in questi giorni di travolgenti manifestazioni. Che pongono l'ingiustizia come tratto insopportabile di un mondo alla deriva e la Palestina come questione morale del nostro tempo.

Un tempo che per Ali corrispondeva a quello del suo percorso esistenziale. Quella vita che, in un racconto senza ritrosie, avrebbe potuto rappresentare un “romanzo della storia” come lo avrebbe chiamato Predrag Matvejevic. Non un “romanzo storico” per una narrazione spesso retorica del passato, ma «un repertorio di racconti, scene, argomenti», libero di fornire una traccia per quei ragazzi, palestinesi o cittadini del mondo che siano, per orientarsi nella complessità di una vicenda densa di chiaroscuri, eppure tanto tragica da non ammettere esitazioni.

Era diventato il nostro argomento d'incontro. Iniziammo a lavorarci ma poi il dolore per quanto stava accadendo e l'urgenza di stare accanto alla sofferenza della sua gente richiamavano Ali sul palcoscenico della testimonianza che pure sapeva indossare con l'eleganza che gli era naturale. Fino ad esserne travolto.

Rimangono qualche decina di pagine e un po' di appunti per l'indice di un racconto rimasto nelle nostre penne. E frammenti come questo (https://youtu.be/WVXzkv0lDCI) che pure non smettono di emozionarci. (m.n.)

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L'addio al Novecento dei ragazzi nelle piazze
La palestina e noi

 

 

Questo testo è stato pubblicato dall'autore su Substack. E' di libera circolazione e appartiene a tutti. Lo ritengo un buon punto di partenza per un confronto largo sul significato del passaggio di tempo che stiamo attraversando, senza illusioni né scetticismo. 

 

di Alessandro Baricco

(9 ottobre 2025) Adesso è difficile individuarlo, ma c’è stato un giorno, recente, in cui Gaza ha smesso di essere il nome di una terra per diventare la definizione di un limite: la linea rossa che molti di noi hanno scelto come confine invalicabile. Da quel giorno, lottare al fianco di Gaza non è più stata una scelta politica, da legittimare o da porre in discussione.

È diventata una mossa mentale in cui una certa umanità ha preso distanza da un’altra, rivendicando una propria idea della Storia e richiedendo indietro il mondo a chi glielo stava scippando.

 

Per Gaza. Per la Palestina
Il manifesto della manifestazione

Il Governo israeliano da mesi porta avanti un’operazione che oggi persino un comitato indipendente delle Nazioni Unite definisce per quello che è: un genocidio contro la popolazione di Gaza.

Donne, uomini e bambini vengono privati di acqua, cibo, medicinali, della possibilità stessa di vivere. Con l’invasione dell’esercito a Gaza City e i bombardamenti incessanti, il governo Netanyahu – con il pieno sostegno dell’amministrazione americana – ha imposto deportazioni di massa e un’occupazione militare brutale, calpestando ogni logica umanitaria.

In queste ore l’emergenza è drammatica. Decine di imbarcazioni sono partite da porti europei e nordafricani: è la Global Sumud Flottilia, una missione internazionale per rompere l’assedio e portare cibo e medicinali alla popolazione stremata.

Viaggio della Memoria 2025 in Bosnia Erzegovina. Una mattinata formativa a Parma.
L'incendio della Biblioteca di Sarajevo

Organizzato dal Liceo classico "Romagnosi" di Parma si svolgerà nel mese di settembre un Viaggio della Memoria in Bosnia Erzegovina, rivolto a studenti dell'ultimo anno dei Licei di Parma, che vede l'Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea di Parma come partner.

Il Viaggio della Memoria in Bosnia 2025 (il quarto che realizziamo dal 2017) farà tappa a Mostar, Konjic, Sarajevo e Srebrenica e avrà come focus la guerra in Bosnia, con uno sguardo anche alle dinamiche precedenti (Jugoslavia titina) e presenti (situazione Balcani oggi).

Venerdì 12 settembre, dalle ore 9.00 alle 12.30, presso la sala dell'Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea di Parma, Vicolo delle asse 5) è previsto un incontro di approfondimento, in modo da fornire agli studenti e agli insegnanti gli strumenti per "leggere" più consapevolmente le tracce passate e presenti di una storia complessa, come quella bosniaca/jugoslava.

 

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