"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Europa e Mediterraneo

Perché uno Stato per due popoli
due stati?

 

di Vera Pegna *


Attualmente circolano due proposte di soluzione alla cosiddetta questione israelo-palestinese. La prima, quella dei due popoli due Stati sostenuta dall’intera diplomazia internazionale, attribuisce ai palestinesi non uno Stato sovrano bensì un territorio di circa il 20% della Palestina, collegato a Gaza con un tunnel e inframmezzato dagli insediamenti di 700.000 coloni israeliani comunicanti tra loro con dei cavalcavia di proprietà israeliana; per giunta, questo non-Stato sarebbe totalmente dipendente da Israele per la fornitura di energia elettrica, telefonia mobile, aeroporto e altri servizi essenziali; né avrebbe come capitale Gerusalemme est, bensì un sobborgo di questa chiamato Abu Dis. Avete capito, palestinesi? È prendere o lasciare.

Della seconda proposta, quella di un unico Stato per i due popoli, la diplomazia internazionale non parla, né tanto meno ne parlano i media. È radicalmente diversa dalla prima, in quanto parte dalla constatazione della realtà sul terreno, ovvero dal fatto che nel territorio della Palestina storica esiste un solo Stato, Israele – senza confini stabiliti – con a fianco e senza soluzione di continuità la Cisgiordania, cui si aggiunge Gaza; l’intero territorio è governato da un’unica autorità, il governo israeliano che, a suo piacimento, ne annette pezzi, erge muri e impone regimi politici diversi alle popolazioni ivi residenti: pieni diritti di cittadinanza agli ebrei, diritti minori ai palestinesi d’Israele (chiamati arabi d’Israele, cristiani, drusi, beduini sì da confondere la loro comune identità nazionale), apartheid per i palestinesi della Cisgiordania e ghettizzazione di Gaza.

 

 

Processo Mladic, confermato l'ergastolo
Srebrenica, memoriale di Potocari

Oggi, 8 giugno, il Meccanismo residuale del Tribunale penale internazionale dell'Aja ha emesso il verdetto finale a carico di Ratko Mladi, comandante di stato maggiore dell'esercito serbo bosniaco (VRS), confermando la sentenza di primo grado al carcere a vita (da www.balcanicaucaso.org)

di Nicole Corritore

Latitante per ben 16 anni, oggi, dopo 26 anni dal primo mandato di cattura e tre anni e mezzo dal primo verdetto, Ratko Mladi è stato condannato in appello dal MICT  (Meccanismo residuale del Tribunale penale internazionale dell'Aia per i crimini nella ex Jugoslavia che a gennaio 2018 ha sostituito l'ICTY) al carcere a vita confermando così la sentenza di primo grado.

Mladi, nato nel 1942 nel villaggio di Boanovii vicino a Kalinovik a circa 70 km da Sarajevo, è stato militare di carriera nell'esercito popolare jugoslavo (JNA) e nel maggio 1992, un mese dopo l'inizio della guerra in Bosnia, è stato nominato comandante di stato maggiore dell'esercito serbo bosniaco (VRS) il cui comando ha mantenuto per tutto il conflitto e fino ai primi mesi del 1996.

“È una persona molto, molto pericolosa”, disse la procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia dal 1999 al 2007 Carla del Ponte, quando Mladi era ancora un ricercato.

 

Giornata internazionale delle fasce bianche
Omarska (Prijedor), 1992. Campo di concentramento

Ancora una volta ci saremo. In silenzio. In piazza. Fermi. Saremo a ricordare ciò che troppi cercano di dimenticare, di cancellare, di far sparire. Saremo a recitare i nomi di quei 102 bimbi morti in una guerra senza senso. Saremo in piazza con le nostre fasce bianche, perché i segni della discriminazione, dell’ingiustizia, della disuguaglianza, dell’orrore, sono uguali ovunque.

Anche quest’anno vogliamo ricordare, assieme a tutte le città che in Regione, in Italia, nel Mondo hanno deciso di dedicare quel momento del 31 maggio al ricordo. Sono più di 80 le città del Mondo che con Prijedor, in Bosnia Erzegovina, vogliono ricordare cosa accade quando una guerra finisce e non arriva la pace. Nella Bosnia Erzegovina di oggi, che vuole entrare nell’Unione Europea, quasi 25 anni dopo la guerra che dissolse la ex Jugoslavia la pace è lontana. Nelle cancellerie degli Stati vicini si elaborano documenti per dissolverla definitivamente, spartendola fra una Grande Serbia e una Grande Croazia. La fine della guerra non ha unito i popoli. I giovani sentono ancora raccontare storie differenti. Si educa alla divisione. Si insegna l’indifferenza, quando non si insegna l’odio.

 

Israele: la pace unica soluzione possibile
Lo storico disegno di Crepax

Giovedì 20 maggio 2021, alle ore 18.30 sul canale you tube di Net Left

Sulla questione del conflitto in Israele e la striscia di Gaza, Net Left organizza un confronto fra Moni Ovadia, Ali Rashid, Michele Nardelli, Riccardo Agostini.

Il dibattito sarà condotto da Valeria Noli

Rovesciamenti
Lifta, Gerusalemme

«Tempi interessanti» (114)

In queste ore mi chiedo come sia stato e sia possibile il capovolgimento della verità, tanto da far diventare aggressori gli aggrediti. Potremmo darci le solite risposte più o meno corrispondenti ai nostri schemi interpretativi, scomodando il ruolo delle grandi potenze piuttosto che l'azione degli apparati del consenso o dell'influenza delle lobbies economico-finanziarie. Che pure ci sono e non sono di certo estranee in quella che Nelson Mandela definiva la più grande questione morale del nostro tempo. Al tempo stesso credo che sulla tragedia che si consuma dal 1948 nella Mezzaluna fertile del Mediterraneo si possa misurare oltre ogni immaginazione la falsa coscienza dell'Occidente. O forse pensiamo che quel che sta avvenendo in queste ore nel Vicino Oriente sia dovuto all'odio primordiale fra arabi ed ebrei? No, non c'è nulla di più falso di questa contrapposizione di comodo.

Perché arabi ed ebrei, di comune origine semita, sono state nella storia popolazioni culturalmente affini. Protagonisti, insieme, delle antiche civiltà orientali, alle quali dobbiamo le prime forme di urbanità e di architettura civile, la nascita delle religioni monoteiste, le magnificenze e i saperi dell'età dell'oro che creò i presupposti – grazie all'espansione araba nel Mediterraneo e al grande movimento delle traduzioni1 – dello stesso rinascimento europeo. Semmai lungo questa storia comune arabi ed ebrei sono state vittime degli stessi oppressori che hanno esercitato nei loro confronti logiche di dominio, crociate e guerre di religione, colonialismo e suprematismo razziale. ...

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Rovesciamenti
Lifta, Gerusalemme

«Tempi interessanti» (114)

In queste ore mi chiedo come sia stato e sia possibile il capovolgimento della verità, tanto da far diventare aggressori gli aggrediti. Potremmo darci le solite risposte più o meno corrispondenti ai nostri schemi interpretativi, scomodando il ruolo delle grandi potenze piuttosto che l'azione degli apparati del consenso o dell'influenza delle lobbies economico-finanziarie. Che pure ci sono e non sono di certo estranee in quella che Nelson Mandela definiva la più grande questione morale del nostro tempo. Al tempo stesso credo che sulla tragedia che si consuma dal 1948 nella Mezzaluna fertile del Mediterraneo si possa misurare oltre ogni immaginazione la falsa coscienza dell'Occidente. O forse pensiamo che quel che si consuma in queste ore nel Vicino Oriente sia dovuto all'odio primordiale fra arabi ed ebrei? No, non c'è nulla di più falso di questa contrapposizione di comodo.

Perché arabi ed ebrei, di comune origine semita, sono state nella storia popolazioni culturalmente affini. Protagonisti, insieme, delle antiche civiltà orientali, alle quali dobbiamo le prime forme di urbanità e di architettura civile, la nascita delle religioni monoteiste, le magnificenze e i saperi dell'età dell'oro che creò i presupposti – grazie all'espansione araba nel Mediterraneo e al grande movimento delle traduzioni1 – dello stesso rinascimento europeo. Semmai lungo questa storia comune arabi ed ebrei sono state vittime degli stessi oppressori che hanno esercitato nei loro confronti logiche di dominio, crociate e guerre di religione, colonialismo e suprematismo razziale. ...

 

Il Concerto di Baghdad. Un omaggio al maestro Franco Battiato
Concerto di Baghdad

Quello che qui potete vedere è il filmato del “Concerto di Baghdad” di Franco Battiato. Realizzato il 4 dicembre 1992 al Teatro nazionale di Baghdad, il concerto si svolse in prossimità della prima guerra del Golfo che fece precipitare quel paese in una condizione di profonda sofferenza. 

Il concerto era parte dell'iniziativa umanitaria per l'infanzia irachena promossa da Un ponte per Baghdad. La sua realizzazione fu possibile grazie alla mediazione di Ali Rashid, allora vice ambasciatore palestinese in Italia. Ad accompagnare Franco Battiato, l'Orchestra dei Virtuosi Italiani e dall'Orchestra Sinfonica Nazionale irachena, con la direzione di Mohammad Othman, Antonio Ballista e Giusto Pio.

https://youtu.be/otuDAwqOE20