"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Quattro mesi di guerra. Riflessioni.

Srebrenica, memoriale di Potocari

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Dopo circa quattro mesi dall’inizio della guerra in Ucraina proponiamo una serie di brevi riflessioni
che riteniamo utili sia di fronte alla congiuntura attuale che in una prospettiva futura.

1. Innanzitutto, per non ripetere gli errori del passato, va preso atto come questa guerra dimostri – se mai ce ne fosse bisogno – che la pace si costruisce, prima di tutto, coltivandola quotidianamente e costantemente. Nessuna guerra ha un inizio improvviso ed imprevisto. Di conseguenza stupisce che alcune istituzioni internazionali (l’ONU e l’Unione Europea in particolare) si siano rivelate incapaci di presidiare, monitorare e, dove necessario, intervenire (in termini diplomatici e di interposizione a tutela dei civili) ben prima che le fratture diventassero insanabili. Non possiamo sempre occuparci dell’oggi, ignorando cosa è successo ieri. Altrimenti domani saremo daccapo.

2. Nonostante l’invio di armi all’Ucraina, che avrebbe dovuto contribuire a frenare le pretese di Putin, contiamo ancora molte vittime civili, molte distruzioni e nessun cessate il fuoco. Nel frattempo, la parola negoziato non s’usa più, non si vedono più tavoli di trattative, non esiste un vero piano di pace europeo né un’iniziativa diplomatica forte mentre aumentano i rischi di estensione del conflitto che potrebbe avere esiti drammatici per il futuro stesso dell’umanità.

3. Armi chiamano armi. Nel suo recente articolo su Avvenire, Francesco Gesualdi, allievo di don Milani, afferma che “Finché produrremo armi avremo guerre, perché rappresentano l’occasione di consumo di materiale bellico.” E la dimostrazione l’abbiamo avuta quando – approfittando dell’emotività del momento – il nostro governo ha varato un deciso aumento delle spese militari che non ha alcun obiettivo difensivo. Su questo si può e si deve intervenire da subito, senza se e senza ma, cominciando piuttosto a considerare opzioni innovative, come quella dei corpi civili di pace finalizzati all’interposizione a salvaguardia dei civili.

4. Da tempo assistiamo ad una narrazione tossica secondo la quale chiunque ponga dei dubbi su alcuni aspetti di questa guerra viene bollato come complottista o amico di Putin. Nessuno però finora ha potuto offrire una vera soluzione al conflitto, mentre alcuni dubbi sollevati dai pacifisti ora vengono presi in maggiore considerazione anche dagli interventisti della prima ora. Si è perso molto tempo in inutili e sterili polemiche mentre in momenti così complessi ci sarebbe maggior bisogno di coesione e condivisione per la ricerca di una soluzione nonviolenta.

5. La ricerca della pace prevede anche la messa in discussione degli attuali livelli di consumo. È urgente pertanto mettere mano alla conversione ecologica del nostro modello produttivo ed energetico, che comprenda anche la sovranità alimentare ed agricola. Pur nella consapevolezza delle interconnessioni globali esistenti, non è più pensabile vivere totalmente in una condizione di dipendenza, in particolare se legata alle sole risorse fossili. Le conoscenze scientifiche, tecnologie ed il livello della ricerca ci dicono che una transizione è possibile e che va percorsa con convinzione in tempi ravvicinati.

6. Appare evidente la distanza tra una politica che pensa alle armi e la maggioranza dei cittadini che queste armi non le vuole. Tuttavia sembra che una parte preponderante della classe politica e dei mass media non consideri l’esistenza di ampi settori della società che chiedono soluzioni non armate e la ripresa dei tavoli di trattativa.

A tutti, alla classe politica, ai mezzi di comunicazione e alla società civile chiediamo di aiutarci a sviluppare una effettiva strategia di pace con l’avvio di reali azioni di interposizione fra le parti sotto l’egida della comunità internazionale e dell’ONU. I costi insostenibili di questa guerra (umani ed economici) chiamano in causa la necessità di una rinnovata politica di pace da parte del Trentino, dell’Italia e dell’Europa.


*** Marta Anderle, Roberto Calzà, Walter Nicoletti, aderenti al Cantiere di Pace

 

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