"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Il Comune di Roma istituisce la Giornata della Memoria delle vittime del colonialismo italiano il 19 febbraio, giorno della strage di Addis Abeba nel ’37, e rivede la toponomastica. Una nostra vittoria.
di Silvano Falocco
Il 6 ottobre 2022 il Consiglio comunale di Roma Capitale ha approvato, con 24 favorevoli, la mozione 232/2022 , prima firmataria Tiziana Biolghini, e con la firma di tutti i capigruppo del centrosinistra, con l’impegno per il Sindaco e la Giunta “ad istituire nella Città di Roma, in quanto Capitale d’Italia, la Giornata della Memoria per le vittime del colonialismo italiano, da svolgersi a Roma il 19 febbraio, in ricordo delle vittime africane dell’occupazione coloniale italiana, nonché a rivedere le titolazioni di alcune vie ad essa ispirate”.
La mozione ha raccolto l’appello che quasi duecento tra storici del colonialismo italiano, di oltre venti università italiane e straniere, studiosi, esponenti politici ed attivisti hanno presentato al Sindaco di Roma e al Presidente della Regione Lazio per risignificare l’odonomastica coloniale presente a Roma, istituire una giornata di riflessione sul colonialismo italiano il 19 febbraio, giorno d’inizio della strage di Addis Abeba e il cambiamento di nome dello spazio We Gil, che ancora richiama l’acronimo della Gioventù Italiana del Littorio.
Nei giorni scorsi è stato lanciato un appello al Sindaco di Roma per riconsiderare simboli e toponomastica del colonialismo italiano che segnano innumerevoli luoghi pubblici di Roma. Un analogo appello è stato rivolto al Presidente della Regione Lazio. L'iniziativa prende il via dopo la pubblicazione del libro "Roma coloniale" di Silvano Falocco e Carlo Boumis (Edizioni Le Commari, 2022) e ha suscitato un dibattito pubblico tutt'altro che banale. Sappiamo bene come i simboli rappresentino molto spesso ferite aperte che andrebbero innanzitutto riconosciute, elaborate, storicizzate, sanate. Pensiamo a come il tema della toponomastica rappresenti una questione aperta e divisiva nel vicino Sid Tirolo - Alto Adige, una terra oggetto di occupazione coloniale da parte dello Stato italiano e del suo tragico ventennio fascista. In realtà in ogni città e comune abbiamo a che fare con i segni del fascismo o delle conquiste della follia imperiale: monumenti, edifici, strade e piazze che ricordano questo passato inglorioso o personaggi che, a scavare poi nemmeno molto, erano figure ignobili o generali che hanno massacrato e mandato al massacro tanta povera gente. Senza dimenticare che tutto questo coinvolge anche storie famigliari che spesso preferiamo rimuovere. Non si propone di cancellare questo passato, ma di considerarlo per quello che è stato, affinché diventi occasione per un percorso di rivisitazione critica della storia. Roma si è proposta di farlo a partire da un libro che a riaperto pagine spesso dimenticate e altrimenti destinate all'oblio. Personalmente parlo spesso della necessità di elaborare il Novecento. Pensiamoci, ma ci sarebbe lavoro per tutti. Anche nelle nostre prossimità. L'Appello che qui viene riportato, insomma, ci riguarda. Potremmo iniziare con il firmarlo, aderendovi, aggiungendo un vostro commento, scrivendo sulla mia pagina di facebook. (m.n.)
Lettera appello al Sindaco d Roma Roberto Gualtieri – Roma capitale
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La nostra città, ancora oggi, custodisce centinaia di tracce del feroce colonialismo italiano, celebrato attraverso piazze, vie, viali, larghi, ponti, lapidi, busti e palazzi la cui presenza muta permette di continuare a godere del senso di superiorità imperiale di cui sono intrisi.
Una vera e propria odonomastica coloniale che fa di Roma, con oltre 140 odonimi, il luogo d’Italia maggiormente connotato da quell’esperienza storica.
Come Lei ben sa, anche per il contributo essenziale delle seconde generazioni, è sorto ovunque, nel nostro paese, un movimento di “de-colonizzazione dello sguardo” che, nelle città, chiede di assegnare un significato nuovo, veritiero e più giusto, a quelle tracce, perché oggi é impossibile continuare a vedere statue, monumenti o vie intrise di storia coloniale in modo innocente, acritico.
Un primo intervento ha portato il Consiglio Comunale di Roma Capitale, il 4 agosto 2020, ad approvare una mozione per intitolare la fermata della metro C non all’Amba Aradam - luogo di una battaglia feroce che vide l’uccisione di migliaia di etiopi per mano dell'esercito e dell'aviazione italiana con l’uso di gas tossici – ma a Giorgio Marincola, partigiano nato in Somalia, legato al Partito d'Azione e ucciso in Val di Fiemme nel maggio del 1945.
Mercoledì 1 dicembre alle ore 10.00 Michele Nardelli, sullo sfondo del libro fotografico di Luigi Ottani e Roberta Biagiarelli lungo la rotta balcanica (AA.VV. Dal libro dell'esodo - Piemme, 2016), ci propone un'altra storia dell'Europa intitolata "Incontri di civiltà" che fonda le proprie radici nel Mediterraneo, in quel "Movimento delle traduzioni" che da Damasco e Baghdad giunse in Andalusia, diventando una delle fonti più fertili del rinascimento europeo.
I "salotti in città" sono promossi dall'Associazione Trentina Sclerosi Multipla – Centro Franca Martini, Café de la Paix, Circolo Arci e la Portineria de la Paix.
Nei giorni 9, 10, 11 luglio 2021, a Trento, Brentonico e Arco
Per una generazione (o più di una) Genova è sinonimo dell'estate del 2001, delle giornate di mobilitazione contro un certo modello di globalizzazione, rappresentato dal G8 ospitato nel capoluogo ligure, città dall'assetto urbanistico angusto e frammentato.
Impegno e speranza.
Incontro e condivisione.
Dolore e frustrazione.
Per le generazioni successive - partendo proprio da chi oggi ha vent'anni o meno - quel periodo dice relativamente poco, sormontato da fatti immediatamente successivi (l'attacco alle Torri Gemelle su tutti) e annegato da due decenni carichi di crisi, tensioni, rivolgimenti storici.
Non si tratta solo di ricordare - anche se di memoria abbiamo assoluto bisogno - ma di riflettere collettivamente su ciò che è stato e su ciò che potrebbe e dovrebbe essere, nel momento in cui ancora troppe sono le ingiustizie (sociali, economiche e ambientali) che attraversano il tempo
che viviamo, a cui nuove e diverse forme di partecipazione e attivazione tentano di porre rimedio.
Perché un altro mondo non solo è possibile. E' necessario.
Il 28 giugno alle ore 18.00, nello spazio esterno della libreria due punti, la presentazione del libro "E allora le foibe?" di Eric Gobetti (Laterza editore). A dialogare con l'autore Eric Gobetti ci sarà Michele Nardelli.
«E allora le foibe?» è diventato il refrain tipico di chi sostiene il risorgente nazionalismo italico e vuole zittire l’avversario. Ma di cosa parliamo quando parliamo di foibe? Cosa è successo realmente?
«Decine di migliaia», poi «centinaia di migliaia», fino a «oltre un milione»: a leggere gli articoli dei giornali e a sentire le dichiarazioni dei politici sul numero delle vittime delle foibe, è difficile comprendere le reali dimensioni del fenomeno. Anzi, negli anni, tutta la vicenda dell’esodo italiano dall’Istria e dalla Dalmazia è diventata oggetto di polemiche sempre più forti e violente.
Questo libro è rivolto a chi non sa niente della storia delle foibe e dell’esodo o a chi pensa di sapere già tutto, pur non avendo mai avuto l’opportunità di studiare realmente questo tema. Questo “Fact Checking” non propone un’altra verità storica precostituita, non vuole negare o sminuire una tragedia. Vuole riportare la vicenda storica al suo dato di realtà, prova a fissare la dinamica degli eventi e le sue conseguenze. Con l’intento di evidenziare errori, mistificazioni e imbrogli retorici che rischiano di costituire una ‘versione ufficiale’ molto lontana dalla realtà dei fatti. È un invito al dubbio, al confronto con le fonti, nella speranza che questo serva a comprendere quanto è accaduto in anni terribili.
Un viaggio in Spagna, a Toledo per la precisione, sulle tracce degli ebrei sefarditi che furono cacciati nel XV secolo dalla penisola iberica e arrivarono in Bosnia Erzegovina. L'occasione per una profonda riflessione sulla memoria, sull'Olocausto, sulle tragedie della storia
Riprendo questo scritto dell'amico Bozidar, pubblicato nei giorni scorsi da Osservatorio Balcani Caucaso – Transeuropa in occasione del giorno della memoria. Perché conoscere la storia è condizione essenziale per comprendere il nostro tempo.
di Bozidar Stanisic
(27/01/2021) Tutte le guide turistiche, sia digitali che cartacee, ripetono, tanto da sembrare un disco rotto, che vale la pena visitare Toledo, per le sue chiese, per la fortezza Alcázar, per il ponte di Alcántara, e soprattutto per El Greco. Non dimenticano di menzionare anche i souvenir – spade, coltelli, armature da cavaliere – , sottolineando inoltre che Toledo è il capoluogo della comunità autonoma di Castiglia-La Mancia e che il fiume Tago crea un anello, unico nel suo genere, intorno alla città situata in cima a una collina che sembra essere stata predestinata ad ospitare un insediamento umano. Le guide spiegano anche che Toledo è la sede dell’omonima arcidiocesi e spesso ricordano ai turisti che quella regione è la terra di Don Chisciotte. A Toledo i viaggiatori possono acquistare souvenir raffiguranti il cavaliere dal volto triste e il suo servitore Sancho, e quelli malaccorti potrebbero inciampare nella statua dell’immortale personaggio di Cervantes situata in una stretta viuzza di questa città che – come si afferma nelle guide – vanta una lunga e ricca storia.
Lunga e ricca… E dolorosa, dico tra me e me. Ma, a onor del vero, non dolorosa per tutti. Dico a me stesso anche che in quel tardo autunno del 2018 mi recai a Toledo non per i motivi di cui sopra, bensì per visitare il quartiere ebraico della città. Dopo aver letto molti libri sull’espulsione degli ebrei dalla penisola iberica, decisi di visitare quel quartiere che in tutte le altre città della Spagna un tempo abitate da ebrei chiamano “judería”.
Incontro nell'ambito dell'Assemblea invernale 2020 del Servizio Civile in Provincia di Trento dal titolo "Ritorno al futuro". La denominazione dell'assemblea parafrasa il titolo di una famoso film uscito nel 1985, diretto da Robert Zemeckis e interpretato da Michael J. Fox e Christopher Lloyd. Fu il primo di una trilogia che ebbe molto successo. Come i protagonisti del film, anche noi andremo indietro nel tempo a conoscere personaggi importanti, per poi tornare all'oggi e capire cosa hanno da dirci.
Per il Servizio Civile trentino si tratta di uno dei momenti più importanti dell'anno.! Vale come formazione generale per il mese di dicembre e si svolge in più giornate. Per questo viene definita «assemblea diffusa». L'assemblea propone l'approfondimento di 27 personaggi importanti di ieri e di oggi attraverso altrettanti think tank (della durata di tre ore e composti da 15 giovani) guidati da esperti di assoluto valore.