"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Una video conferenza di Adel Jabbar
Nel 2010, inaugurando come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani il percorso annuale dedicato alla "cittadinanza euromediterranea", ragionammo con Adel Jabbar sulla necessità di far conoscere ad un pubblico più vasto le figure storiche della nonviolenza nel pensiero islamico: il Gandhi musulmano Badshan Khan, quello sudanese Mahmoud Mohamed Taha, il riformista egiziano Muhammad 'Abduh. Con Ali Rashid e lo stesso Adel Jabbar invitammo a Trento una figura di particolare interesse che incarna la storia millenaria della famiglia araba e musulmana che svolge il ruolo di garante dello "status quo" nel luogo più importante della cristianità, ovvero della regola del Santo Sepolcro a Gerusalemme, Wajeeh Nuseibeh. Ancora, ed in più occasioni, abbiamo avuto con noi Sami Adwan, uno degli intellettuali palestinesi più prestigiosi, studioso della nonviolenza ed artefice di uno straordinario lavoro fra i ragazzi palestinesi e israeliani attorno al tema della "storia dell'altro".
Un lavoro di ricerca e conoscenza che nel corso di questi dieci anni non si è mai interrotto, nel lavoro del Forum, nelle attività dell'associazione "Pace per Gerusalemme", nella rassegna cinematografica Religion Today.
Ecco perché credo sia di particolare interesse la conferenza sulla nonviolenza nell'Islam che ci presenta Adel Jabbar in questo video: https://youtu.be/resoeopZ5RA che vi invito a seguire.
Aglaja Veteranyi
Perché il bambino cuoce nella polenta
Keller, 2019
Solo ora, dopo la lettura del libro di Aglaja Veteranyi, ho compreso il senso profondo di quelle parole con le quali l'amico Gheorghe, artista rumeno, qualche anno fa a fronte del mio quasi rimprovero verso le sue superstizioni e paure, aveva chiuso la discussione: “voi – mi disse Gheorghe – non potete capire”.
Ci voleva l'universo parallelo dei circensi rumeni. Ci volevano gli odori, la cucina greve, le file per il pane «che diventa professione», la paura che ti entra nella carne, per farmi comprendere per davvero quelle parole.
Perché il circo è l'immagine appena deformata della realtà, la rappresentazione tragicomica della condizione umana. Puoi fuggire, andartene altrove, ma non te la togli di dosso, ti impregna la vita... Puoi persino elaborarla, ma è sufficiente un poliziotto qualsiasi che esibisce il suo misero potere per riportarti giù, nell'abisso del sopruso.
Per abitare il quale il romanzo di Aglaja Veteranyi è una chiave potente. Un acquerello geniale che ci aiuta a capire la fatica del vivere, in Romania, in Svizzera o altrove, poco importa. «Il circo è sempre all'estero». Nel terrore quotidiano per la madre che volteggia appesa per i capelli esorcizzato dal racconto del bambino che cuoce nella polenta. O, per altro verso, nell'abbandono in collegio, terreno fertile di esercizio di violenza e potere da parte di una qualsiasi signora Hitz che ti ossessiona con i bambini poveri che in Africa muoiono di fame (senza mai essere stata né in Romania, né in Africa). O, ancora, nell'ordinario abisso della vita, dove «l'inferno è dietro il paradiso».
Un'agenda di liberazione su cui musulmani e musulmane dovrebbero impegnarsi.
Conversazione con il sociologo Adel Jabbar, a cura di Giovanni Sarubbi
Qualche giorno fa ho ospitato su questo blog una prima conferenza dell'amico Adel Jabbar dal titolo "L'infinita notte araba. Dispotismi, conflitti e disordine", nella quale veniva analizzato il contesto geopolitico del vicino Oriente a partire dalla conclusione della prima guerra mondiale ad oggi. Una storia di colonialismo, sfruttamento, istanze di liberazione e di regimi fantoccio e dispotici. Guerre in nome dello scontro di civiltà e primavere soffocate.
Ora un nuovo appuntamento online su un tema culturale e religioso, molto spesso oggetto di banalizzazione. Un tema, il Ramadam, affrontato sotto sguardi diversi in una serie di conversazioni rivolto non solo al mondo arabo che vive in Italia ma più in generale al confronto interreligioso. Fra questi lo sguardo di Adel Jabbar, per un'analisi storica, culturale ma anche sociale dell'Islam contemporaneo. Il mese di Ramadan come spazio di conoscenza e riflessione.
Con una specifica attenzione al tema delle guerre contemporanee che trova nel mondo arabo, in particolare dalla seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri, uno dei principali teatri.
Un stimolo davvero molto interessante, che potete trovare qui https://youtu.be/uU4fEk1V6JI
Adel Jabbar - L'infinita notte araba. Dispotismi, conflitti e disordine (conferenza online)
Grazie alla Biblioteca provinciale Claudia Augusta di Bolzano, una breve lezione dell'amico Adel sul contesto geopolitico e storico del Vicino Oriente.
La puoi ascoltare su https://youtu.be/E4P8bKPdS2c
«... E' probabilmente troppo ambizioso pensare che le catene dell'infelicità stiano per spezzarsi. Il malo-sviluppo arabo si è troppo aggravato perché la felicità possa essere a portata di mano. E il persistere dell'egemonia occidentale, resa più pesante dall'occupazione americana in Iraq e dalla sempre maggiore supremazia di Israele, non consente di postulare un risveglio arabo in tempi stretti. Ma nulla - né la dominazione straniera, né i vizi strutturali delle economie, ancor meno l'eredità della cultura araba - impedisce di ricercare, malgrado le pessime condizioni attuali, la possibilità di un equilibrio.
Per raggiungerlo, molte sono le condizioni necessarie, e non tutte dipendono dagli arabi. Ma anche se non si può realizzarle tutte, resta sempre possibile forzare il destino, iniziando dalla condizione più urgente e senza la quale non c'è scampo alcuno: che gli arabi abbandonino il miraggio di un passato ineguagliabile e guardino finalmente in faccia la loro vera storia. In attesa di esserle fedeli».
Samir Kassir, L'infelicità araba. Einaudi, 2006
Beirut
Storia di una città
Einaudi, 2009Di fronte alle tragiche imamgini di queste ore, un piccolo omaggio alla città di Beirut raccontata magistralmente da Samir Kassir, uno degli intellettuali più prestigiosi del mondo arabo che della sua primavera fu protagonista e vittima.
«Da sempre Beirut, tra i bagliori di una città aperta - al tempo stesso orientale e occidentalizzata, cristiana e musulmana, moderna ma profondamente radicata in una storia che ha visto passare Pompeo, Saladino, i Pascià Jazzar e Ibrahim - e gli incubi di un luogo esposto di continuo alla guerra, con i suoi abitanti di svariata provenienza, i suoi scrittori e artisti, i suoi contrasti ed eccessi, continua ad alimentare limmaginario piú variegato.
Restituendo alla città i mille volti della sua storia, Samir Kassir ci racconta le grandi contraddizioni della prima metropoli del mondo arabo. Spesso idealizzata in passato per lo scenario felice e la natura lussureggiante, nella seconda metà del Novecento Beirut vive la sua età delloro, ponendosi al centro di interessi economici che superano i confini della piccola Repubblica Libanese.
La crisi europea, che si sta svolgendo al confine tra Grecia e Turchia, vista dagli occhi di chi, in passato, si è trovato ad essere rifugiato.
di Aleksandar Brezar *
(marzo 2020) Non è facile parlare di un trauma profondo, che cambia la vita. C'è sicuramente bisogno di tempo. Hai bisogno di processarlo, di passare attraverso un apparente ciclo senza fine di impotenza, repressione, dolore, negazione, colpevolezza e di fronteggiarlo se eventualmente torna alla luce.
C'è bisogno di tempo per accettare che non andrà veramente mai via. Diventa semplicemente più facile conviverci. Se sei fortunato. Persino allora, non puoi prepararti per quando deciderà di colpirti in faccia o di pugnalare il tuo cuore, non molto diversamente da un capriccio.
Proiezione del documentario di Simone e Roberto Ceccarelli. Gli autori dialogano con Pejman Abdolmohammadi, professore di Storia dei Paesi islamici presso l'Università di Trento. Lunedì 13 gennaio 2020, alle ore 20.30
Il 14 gennaio 2011 Ben Ali era costretto precipitosamente a lasciare la Tunisia sull'onda delle sommosse partite dall'immolazione di Mohamed Bouazizi a Sidi Bouzid, in una delle regioni più povere. A nove anni di distanza la Tunisia è rimasta l'unica "primavera araba" ancora in corso, ha approvato una Costituzione all'avanguardia ed è diventata, tra mille contraddizioni, un laboratorio politico sia nel campo islamista che in quello che secolarista. Ma le riforme stentano ad avere successo e nel terzo trimestre del 2019 si sono registrati più di duemila manifestazioni di protesta nel Paese. Il corollario è che i giovani continuano a partire.