Europa e Mediterraneo Palestina

Usciamo dalla gabbia. L'appello per la pace e per un unico paese dal Giordano al Mediterraneo fondato sullo stato di diritto. L'elenco dei firmatari.
Palestina inizio '900

«Noi palestinesi e amici della Palestina porgiamo la mano a tutti coloro che hanno detto no alla guerra e che hanno condannato il terrorismo in tutte le sue forme. In modo particolare la porgiamo ai cittadini israeliani (purtroppo ancora una minoranza) e a tutti gli ebrei nel mondo che non hanno concesso il loro nome ai criminali di guerra.

La carneficina in corso contro il popolo palestinese, la pulizia etnica antica e recente, la colonizzazione e le spedizioni terroristiche dei coloni contro la popolazione autoctona, come lo sradicamento degli alberi, la distruzione delle case e la confisca della terra, oltre ad abbattere ogni ponte di dialogo, ledono gravemente l'immagine e la storia di tutta una comunità e rilanciano di nuovo l’antisemitismo, che offende ogni popolazione di origine semita, quella ebraica come quella palestinese. E, nei fatti, rendono Israele il luogo meno sicuro per la popolazione ebraica e per tutti i suoi cittadini.

La battaglia per la libertà del popolo palestinese è la stessa battaglia per la libertà della popolazione ebraica e della nostra libertà.

Lo Stato può diventare una gabbia. Il nazionalismo è stato il cancro della modernità. La fratellanza è un vasto spazio di umanità libera.

Per questo non vogliamo rinunciare al sogno di un unico paese fondato sullo stato di diritto e sull'uguaglianza delle persone a prescindere dalla loro appartenenza e dal loro credo religioso. Siamo ancora in tempo. Iniziamo con il cessate il fuoco e poi cominciamo a guardare alla Mezzaluna fertile del Mediterraneo con altri occhi».

Ali Rashid, Aida Tuma (deputata del Knesset israeliano), Issam Makhluf (già deputato del Knesset, presidente del fronte democratico per la pace e eguaglianza in Israele), Mohammad Bakri (regista arabo israeliano), Renato Accorinti, Mario Agostinelli, Marta Anderle, Sergio Bellucci, Gianna Benucci, Gianfranco Bettin, Mario Boccia, Loris Campetti, padre Nandino Capovilla, Sergio Caserta, Beatrice Cioni, padre Fabio Corazzina, Fiammetta Cucurnia, Massimo De Marchi, Nicoletta Dentico, Tommaso Di Francesco,  Stefano Disegni, Patrizio Esposito, Silvano Falocco, Rania Hammad, Adel Jabbar, Dina Ishneiwer, Raniero La Valle, Mimmo Lucano, Fiorella Mannoia, Serena Marcenò, Rino Messina, Emilio Molinari, Erica Mondini, Michele Nardelli, Mario Natangelo, Silvia Nejrotti, Azra Nuhefendic, Moni Ovadia, Maurizio Pallante, Nino Pascale, Dijana Pavlovic, Tonino Perna, Daniele Pulcini, Gianni Rocco, Michele Santoro, Stefano Semenzato, Vauro Senesi, Sergio Sinigaglia, Gianni Tamino.

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«... il cambiamento profondo che si richiede». Una lettera di Raniero La Valle
Leviatano

Cari amici,

con immenso dolore vi annunciamo che nessun bambino nascerà quest’anno a Betlemme per Natale. Intanto nessuna famiglia non censita o araba può spostarsi da Nazaret a Betlemme, perché tra questa città e Gerusalemme c’è un muro alto otto metri che non si può varcare senza un’attesa di ore attraversando check point presidiati da coloni agguerriti e dall’esercito. A Betlemme poi, in mancanza di albergo, non si può andare a partorire in una grotta, perché c’è il rischio che essa sia allagata da pompe capaci di trasportare migliaia di metri cubi d’acqua dal mare, come si minaccia di fare nei tunnel di Gaza per uccidere quanti vi sono riparati, liberi o ostaggi che siano. È anche un tempo non adatto per partorire, perché non si sa che futuro potrebbero avere i bambini messi alla luce, già ai primi vagiti, perché potrebbero d’improvviso spegnersi le incubatrici o dopo, perché potrebbero finire in mezzo a una strage degli innocenti, come succede a Gaza dove secondo l’organizzazione internazionale “Save the children” sono stati tolti alla vita già più di 3.257 bambini, un numero superiore a quello dei bambini uccisi in conflitti armati a livello globale in più di 20 Paesi nel corso di un intero anno; e questo rischio correrebbero anche in Israele, dove ne sono periti 29, e in Cisgiordania dove di bambini ne sono morti 33. Né si può cercare di portarli in salvo fuggendo in Egitto, perché non si può passare al valico di Rafah e l’Egitto non li vuole. E anche per gli altri bambini non si sa che futuro avranno se gli adulti maschi si uccidono a vicenda in guerre insensate, che è il primo e vero crimine del patriarcato.

 

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Cessare il fuoco e immaginare scenari di pace
Gaza

... Occorre fermarsi. Serve un immediato cessate il fuoco indispensabile per la vita di milioni di esseri umani e per evitare l'allargamento della guerra a tutta la regione, Mediterraneo compreso. Ed iniziare a riflettere su come trovare una soluzione di pace duratura, individuando strade diverse da quelle fin qui percorse.

Ma per far questo occorre un cambiamento radicale nelle politiche di tutti gli attori, nonché un cambio delle classi dirigenti.

Fin quando saranno le armi e la violenza a dettare l'agenda politica del Vicino Oriente (e dei potenti della Terra), la pace non potrà essere che un lontano miraggio.

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Eppure una volta eravamo fratelli.
Ali Rashid, Andalusia, 2022

di Ali Rashid

(settantacinquemila morti fa) Corre il tempo e cambiano le idee, i concetti fondamentali e i significati. Come fosse arrivato a compimento la negazione di ogni valore! Dio è morto. Viva l’eroica morte, giusto l’annientamento del “nemico”. Dilaga il nichilismo e trionfa la tecnica.

Vivono in me i racconti di mio nonno. Andava a Safad in Galilea per comprare un fulard di seta dalla comunità ebraica sfuggita all'inquisizione in Portogallo, avevano imparato la tessitura della seta dagli arabi in Spagna.

Mi ricordo di Khaiem, socio di mio nonno in una cava vicino a Gerusalemme. Khaiem non ha potuto salvare la mia famiglia dalla pulizia etnica, ma continuò a mandare alla nostra famiglia in esilio la parte del guadagno dell'impresa finché non morì.

Non ho notizie dei figli di Khaiem, ma ho seppellito mia sorella in Norvegia, un fratello negli Stati Uniti, un mio caro e stimatissimo zio una settimana fa a New York, mentre la salma di mio nonno giace in un anonimo cimitero di Amman.

Lifta, Gerusalemme

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L'utopia di uno stato democratico
Non so chi abbia scattato questa fotografia, ma la trovo bellissima

Intervista ad Ali Rashid, pubblicata dal blog "Volere la luna" *

di Loris Campetti

Per molti anni in Italia la causa palestinese ha avuto un nome: Ali Rashid. È stato primo segretario della delegazione generale palestinese, nei fatti l’ambasciatore di un popolo senza Stato. Eravamo in un’altra stagione, in cui i palestinesi rappresentavano la parte più avanzata del mondo arabo e, pur tra una guerra e l’altra, tra i raid e le occupazioni israeliane, la politica veniva prima delle armi, se non altro le governava. E l’Italia aveva a cuore la causa palestinese. Giorni fa, Ali ha messo nero su bianco la sua disperazione in una riflessione il cui titolo esplicita la sua utopia che bombe e missili stanno frantumando: «Eppure una volta eravamo fratelli». Ricordo la passione con cui socializzava il suo sogno, uno stato laico democratico capace di accogliere tutti, vittime di ieri e di oggi, al di là delle fedi e delle razze. E ancora oggi, dentro la macelleria in atto a Gaza e dopo la strage di Hamas, non ha cambiato idea, ma considera con amarezza: «Ci stiamo trasformando tutti in vittime e carnefici per la gabbia di un delirio che si chiama Stato-nazione, segnato da confini che discriminano in nome di razze che non esistono e appartenenze funzionali all’esercizio del potere. La ragione, l’umanità, la vita ci supplicano di dire no alla guerra. Nessuno ci ha condannato a farci a pezzi anche se ci assicurano che questo avviene per il nostro futuro. Perché nella guerra non ci sono più, se mai ci sono stati, vincitori e vinti. Perché la violenza segna chi la subisce e chi la fa». Nel 2006 Rashid è stato eletto parlamentare nel gruppo di Rifondazione comunista.

Ho raggiunto telefonicamente Ali Rashid ad Amman, la città dov’è nato da una famiglia scacciata da Lifta, un villaggio alle porte di Gerusalemme, dall’esercito israeliano nel pieno delle sue funzioni: «La pulizia etnica». Parliamo di quel che resta della Striscia di Gaza.

«Come in una discarica, a Gaza sono finiti gli abitanti della costa meridionale della Palestina, vittime della pulizia etnica. Per svuotare ogni città o villaggio palestinese furono compiuti piccoli e grandi massacri. Lo stesso è avvenuto nei luoghi dove sono sorte città nelle vicinanze di Gaza, teatro degli eccidi compiuti da noi palestinesi in una catena di orrori che sembra inarrestabile. Oggi la situazione è terribile, uomini, donne e bambine muoiono sotto le bombe israeliane, muore l’umanità, si muore di fame, di sete, di malattie, di disperazione, le incubatrici si spengono perché non c’è elettricità e altri bambini muoiono, crollano case, ospedali, chiese. Forse che le loro vite valgono meno di quelle dei bimbi israeliani uccisi dalla stessa follia?»

 

 

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Un mandala, per uscire dalla logica della guerra.
Bansky e il muro

di Diego Cason

Nella storia umana la pace è transitoria, una fortunata contingenza, prodotta e protetta da una solida barriera di iniquità, figlie del predominio. Lo sapeva già Esiodo 2800 anni fa:

O Perse, ascolta tu la Giustizia, né mai favorire

la Prepotenza: ch’è male pel debole; e il forte, ancor esso

non la sostien leggera, ma sotto il suo peso s’aggrava,

quand’ei nella Follia della colpa s’imbatte. Assai meglio

vale seguir l’altra via, che guida a Giustizia: Giustizia

sempre alla fine trionfa, lo stolido impara a sue spese.

La pace è un’aspirazione utopica che, come il fuoco, deve essere quotidianamente alimentata. Se la fiamma dell’utopia langue o si estingue l’armonia è perduta e con essa la pace. Anche Pindaro tre secoli dopo, a proposito di Atene, scrive:

Quivi abita, insieme con Ordine e Giustizia sua suora, per cui

in pie’ le città restan salde, e Pace, datrice di beni,

figlie auree di Tètide dal savio consiglio.

Tracotanza, ch’è madre superba

dell’Odio, sanno esse respinger lontano.

Pindaro associa, come è necessario, per avere un’armonia duratura, le tre figlie di Tètide. La loro madre ebbe anche un figlio maschio, Achille, simbolo della prepotenza, condannato alla perenne guerra alla quale si adattò, credendosi immortale, perché ambiva la gloria. Il conflitto e il violento massacro dei fratelli stanno scritti nella natura ferina dell'uomo. Per ottenere la pace è necessario rifiutare il destino e desiderare qualcosa di meglio da condividere con gli altri.

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Storia della Palestina moderna
La copertina del libro

Ilan Pappe

Storia della Palestina moderna

Einaudi, 2014

 

Posizionata come un ponte fra tre continenti, la Palestina è stata oggetto dell'interesse di tutte le potenze internazionali fin dall'Ottocento: dagli Ottomani all'impero inglese, ai sionisti europei, alle superpotenze del dopoguerra. Nel corso del Novecento il suo territorio - e Gerusalemme, città santa a tre religioni - ha finito col diventare la casa di due popoli, che hanno talvolta saputo collaborare, ma che più spesso hanno subito le conseguenze della politica aggressiva dei militari e di chi deteneva saldamente il potere.

In questo libro Ilan Pappe raconta la storia della Palestina, una terra per due popoli. E' un racconto forte, che "cerca di affiancare le narrazioni degli sfruttatori e degli sfruttati, degli invasori e di chi è invaso, degli oppressori e degli oppressi". Un libro accurato, basato su documenti scritti in ebraico, arabo e nelle lingue europee, che ha creato un dibattito internazionale infuocato sull'interpretazione del nodo più vulnerabile della politica mondiale.

Perché uno Stato per due popoli
due stati?

 

di Vera Pegna *


Attualmente circolano due proposte di soluzione alla cosiddetta questione israelo-palestinese. La prima, quella dei due popoli due Stati sostenuta dall’intera diplomazia internazionale, attribuisce ai palestinesi non uno Stato sovrano bensì un territorio di circa il 20% della Palestina, collegato a Gaza con un tunnel e inframmezzato dagli insediamenti di 700.000 coloni israeliani comunicanti tra loro con dei cavalcavia di proprietà israeliana; per giunta, questo non-Stato sarebbe totalmente dipendente da Israele per la fornitura di energia elettrica, telefonia mobile, aeroporto e altri servizi essenziali; né avrebbe come capitale Gerusalemme est, bensì un sobborgo di questa chiamato Abu Dis. Avete capito, palestinesi? È prendere o lasciare.

Della seconda proposta, quella di un unico Stato per i due popoli, la diplomazia internazionale non parla, né tanto meno ne parlano i media. È radicalmente diversa dalla prima, in quanto parte dalla constatazione della realtà sul terreno, ovvero dal fatto che nel territorio della Palestina storica esiste un solo Stato, Israele – senza confini stabiliti – con a fianco e senza soluzione di continuità la Cisgiordania, cui si aggiunge Gaza; l’intero territorio è governato da un’unica autorità, il governo israeliano che, a suo piacimento, ne annette pezzi, erge muri e impone regimi politici diversi alle popolazioni ivi residenti: pieni diritti di cittadinanza agli ebrei, diritti minori ai palestinesi d’Israele (chiamati arabi d’Israele, cristiani, drusi, beduini sì da confondere la loro comune identità nazionale), apartheid per i palestinesi della Cisgiordania e ghettizzazione di Gaza.

 

 

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giovedì, 20 maggio 2021 ore 18:30

Israele: la pace unica soluzione possibile
Lo storico disegno di Crepax

Giovedì 20 maggio 2021, alle ore 18.30 sul canale you tube di Net Left

Sulla questione del conflitto in Israele e la striscia di Gaza, Net Left organizza un confronto fra Moni Ovadia, Ali Rashid, Michele Nardelli, Riccardo Agostini.

Il dibattito sarà condotto da Valeria Noli

Canale you tube di Net Left

Rovesciamenti
Lifta, Gerusalemme

«Tempi interessanti» (114)

In queste ore mi chiedo come sia stato e sia possibile il capovolgimento della verità, tanto da far diventare aggressori gli aggrediti. Potremmo darci le solite risposte più o meno corrispondenti ai nostri schemi interpretativi, scomodando il ruolo delle grandi potenze piuttosto che l'azione degli apparati del consenso o dell'influenza delle lobbies economico-finanziarie. Che pure ci sono e non sono di certo estranee in quella che Nelson Mandela definiva la più grande questione morale del nostro tempo. Al tempo stesso credo che sulla tragedia che si consuma dal 1948 nella Mezzaluna fertile del Mediterraneo si possa misurare oltre ogni immaginazione la falsa coscienza dell'Occidente. O forse pensiamo che quel che sta avvenendo in queste ore nel Vicino Oriente sia dovuto all'odio primordiale fra arabi ed ebrei? No, non c'è nulla di più falso di questa contrapposizione di comodo.

Perché arabi ed ebrei, di comune origine semita, sono state nella storia popolazioni culturalmente affini. Protagonisti, insieme, delle antiche civiltà orientali, alle quali dobbiamo le prime forme di urbanità e di architettura civile, la nascita delle religioni monoteiste, le magnificenze e i saperi dell'età dell'oro che creò i presupposti – grazie all'espansione araba nel Mediterraneo e al grande movimento delle traduzioni1 – dello stesso rinascimento europeo. Semmai lungo questa storia comune arabi ed ebrei sono state vittime degli stessi oppressori che hanno esercitato nei loro confronti logiche di dominio, crociate e guerre di religione, colonialismo e suprematismo razziale. ...

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Rovesciamenti
Lifta, Gerusalemme

«Tempi interessanti» (114)

In queste ore mi chiedo come sia stato e sia possibile il capovolgimento della verità, tanto da far diventare aggressori gli aggrediti. Potremmo darci le solite risposte più o meno corrispondenti ai nostri schemi interpretativi, scomodando il ruolo delle grandi potenze piuttosto che l'azione degli apparati del consenso o dell'influenza delle lobbies economico-finanziarie. Che pure ci sono e non sono di certo estranee in quella che Nelson Mandela definiva la più grande questione morale del nostro tempo. Al tempo stesso credo che sulla tragedia che si consuma dal 1948 nella Mezzaluna fertile del Mediterraneo si possa misurare oltre ogni immaginazione la falsa coscienza dell'Occidente. O forse pensiamo che quel che si consuma in queste ore nel Vicino Oriente sia dovuto all'odio primordiale fra arabi ed ebrei? No, non c'è nulla di più falso di questa contrapposizione di comodo.

Perché arabi ed ebrei, di comune origine semita, sono state nella storia popolazioni culturalmente affini. Protagonisti, insieme, delle antiche civiltà orientali, alle quali dobbiamo le prime forme di urbanità e di architettura civile, la nascita delle religioni monoteiste, le magnificenze e i saperi dell'età dell'oro che creò i presupposti – grazie all'espansione araba nel Mediterraneo e al grande movimento delle traduzioni1 – dello stesso rinascimento europeo. Semmai lungo questa storia comune arabi ed ebrei sono state vittime degli stessi oppressori che hanno esercitato nei loro confronti logiche di dominio, crociate e guerre di religione, colonialismo e suprematismo razziale. ...

 

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sabato, 15 maggio 2021 ore 16:00

In solidarietà con il popolo palestinese
Manifesto dell'iniziativa

Questo è un appello urgente alla mobilitazione in solidarietà con il popolo palestinese e per l'immediata fine delle violenze che stanno ancora una volta insanguinando la Palestina.

Pace per Gerusalemme, insieme a una serie di associazioni, persone e gruppi solidali invitano ad un presidio in occasione del 73° anniversario della Nakba,

Sabato 15 maggio alle ore 16.00 in Piazza Duomo, a Trento.

Ci ritroveremo, nel rispetto delle normative anti-Covid, per chiedere a gran voce:

-la fine dei bombardamenti e delle violenze contro i civili
-l’intervento deciso del Governo italiano, dell’Unione Europea e delle istituzioni internazionali per il rispetto dei diritti umani da parte di Israele
-la fine dell’occupazione e del regime di apartheid
-lo stop alla cooperazione militare tra Italia e Israele.

Vi aspettiamo tutte e tutti.

 

§§§

Trento, Piazza Duomo

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Un unico paese, dal Giordano al Mediterraneo
Disegno di Milo Manra

Nella scorsa notte è giunto finalmente il cessate il fuoco. Dopo morte e distruzione, il fatto che le armi tacciano non è certo un dettaglio. Rimangono le ferite, il dolore e le macerie. E rimane intatta l'aggressività del governo israeliano e dei coloni verso Gerusalemme est e i territori palestinesi. Non mi pare ci sia un granché da festeggiare, se non nella logica farsesca di chi si attarda a pensare che una soluzione di pace e giustizia possa essere affidata al confronto militare. Così l'esito di questi giorni terribili è l'ennesima sconfitta della politica e l'accreditamento di un nemico di comodo come Hamas. Un esito prevedibile, che sposta ancora più inditero le lancette della pace. (m.n.)

 

di Ali Rashid *

Non ci sono parole per esprimere il dolore, lo sbigottimento e l'indignazione per quanto si sta consumando nella terra dove sono nato e per i crimini contro la popolazione civile, in particolare nella striscia di Gaza. E per la complicità di una diplomazia internazionale incapace di chiedere anche semplicemente il cessate il fuoco.

Sono stanco di indignarmi e di piangere. L'intero arco della mia vita è andato così. Un dolore che la mia generazione si è portata appresso per settantatre anni, da quando con la proclamazione dello Stato d’Israele senza nemmeno chiedere alle popolazioni che abitavano quelle terre cosa ne pensassero, venne cancellata la Palestina dalle carte geografiche.

Ma si può cancellare un nome e un popolo che affondano le loro radici nel cammino della storia, delle religioni e delle civiltà del Mediterraneo? Fu davvero una catastrofe (la Nakba come diciamo noi), come altre del resto. L'ordine internazionale scaturito dalla fine della prima e della seconda guerra mondiale venne disegnato dalle potenze occidentali in base ai loro interessi coloniali. Per la nostra gente fu l'occupazione militare della maggiore parte del territorio storico della Palestina, l'espulsione di due terzi della popolazione (un crimine chiamato “pulizia etnica”), la distruzione di più di 480 villaggi palestinesi, l’insediamento di immigrati europei di religione ebraica nelle loro case, l'uso della forza per attuarlo. Per il diritto internazionale sono crimini di guerra che solo la falsa coscienza dell'Occidente ha permesso ad Israele di violare impunemente.

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Una pietra tombale sulla pace
Pietra tombale

«Tempi interessanti» (105)

... Non siamo in presenza di una contesa tra due stati, ma di un'occupazione progressiva di territori in dispregio delle risoluzioni delle Nazioni Unite, dove l'asticella viene spostata unilateralmente dal governo israeliano per poi invitare a raggiungere un compromesso sempre più al ribasso.

Questo sarebbe l'esito del piano di Trump, un atto formale che legittima un crimine già in essere. E che spinge Israele verso una deriva fondamentalista: quella di uno stato etico, incompatibile con lo stato di diritto e dunque con la convivenza e la pace. Aggiungendo destabilizzazione ad una regione già lacerata. E che, al contrario, richiederebbe a tutte le parti di esplorare nuovi orizzonti, oltre il paradigma dello stato/nazione. ...

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venerdì, 18 ottobre 2019 ore 20:00

Nazra torna in Trentino, uno sguardo sulla Palestina
Gaza

Per il secondo anno approda in Trentino il Festival internazionale di cortometraggi palestinesi “Nazra”. Tre appuntamenti pubblici sul territorio tra il 18 e il 20 ottobre.

Nazra, festival itinerante nato per dare spazio di espressione a registi palestinesi e non sulla realtà quotidiana in Palestina, torna di nuovo in Trentino. Nazra in arabo significa "sguardo" e sono molti i punti di vista - diversi per origine, stile e temi proposti - che si incroceranno durante il festival.

Attraverso questa rassegna sarà possibile conoscere l’altro, ma anche sollevare domande e fare breccia nel silenzio o nella disinformazione che permeano il conflitto israelo-palestinese: verranno affrontate non solo le difficoltà della vita in territori occupati militarmente, ma anche la volontà di emersione delle donne e dei giovani in situazioni di conflitto e di violazione dei diritti umani.

Pergine, Trento, Rovereto

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