«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene

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Comunità. Di aree interne e terre alte, di energia effettivamente sostenibile e solidale, di geografie ecosistemiche per leggere il nostro tempo.
Alcuni dei partecipanti all'incontro nel Matese

Report sul terzo incontro (in presenza) del Collettivo di scrittura

Matese, 25 - 28 settembre 2025

 

Il terzo incontro del Collettivo di scrittura nato a partire dalla pubblicazione di “Inverno liquido” si è svolto a fine settembre a Pietraroja (Benevento) e ha visto la partecipazione di Mauro Arnone, Giuliano Beltrami, Micaela Bertoldi, Antonio Cherchi, Maurizio Dematteis, Guido Lavorgna, Alessandro Mengoli, Nino Pascale, Rita Salvatore, Luca Serenthà e chi scrive.

Siamo nel Matese, una delle aree interne del Mezzogiorno che sarà oggetto di indagine nella pubblicazione della Collana di Derive Approdi dedicata all'impatto delle crisi sugli ecosistemi, relativa alla rinascita delle terre alte attraverso il patto politico fra chi sceglie di restare, chi arrivando trova buone ragioni per immaginarvi il proprio futuro e chi sceglie di ritornare dopo una vita realizzata altrove portandosi appresso un bagaglio di esperienze da mettere in gioco.

Sarà il motivo principale che attraverserà questi quattro giorni di immersione in territori spesso segnati dall'abbandono, niente affatto poveri, semmai impoveriti a cominciare da una malintesa idea di modernità e di sviluppo, dalla mancanza di istituzioni di autogoverno e da modelli di sviluppo importati e che avevano e continuano ad avere ben poco a che fare con la ricchezza culturale e materiale di queste terre.

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La Palestina di Ali Rashid
Ali Rashid

Sono quasi cinque mesi che Ali Rashid ci ha lasciati. Un vuoto che, personalmente, avverto forse in maniera ancora più acuta in questi giorni di travolgenti manifestazioni. Che pongono l'ingiustizia come tratto insopportabile di un mondo alla deriva e la Palestina come questione morale del nostro tempo.

Un tempo che per Ali corrispondeva a quello del suo percorso esistenziale. Quella vita che, in un racconto senza ritrosie, avrebbe potuto rappresentare un “romanzo della storia” come lo avrebbe chiamato Predrag Matvejevic. Non un “romanzo storico” per una narrazione spesso retorica del passato, ma «un repertorio di racconti, scene, argomenti», libero di fornire una traccia per quei ragazzi, palestinesi o cittadini del mondo che siano, per orientarsi nella complessità di una vicenda densa di chiaroscuri, eppure tanto tragica da non ammettere esitazioni.

Era diventato il nostro argomento d'incontro. Iniziammo a lavorarci ma poi il dolore per quanto stava accadendo e l'urgenza di stare accanto alla sofferenza della sua gente richiamavano Ali sul palcoscenico della testimonianza che pure sapeva indossare con l'eleganza che gli era naturale. Fino ad esserne travolto.

Rimangono qualche decina di pagine e un po' di appunti per l'indice di un racconto rimasto nelle nostre penne. E frammenti come questo (https://youtu.be/WVXzkv0lDCI) che pure non smettono di emozionarci. (m.n.)

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Sicurezza senza umanità
Emigrazione trentina

di Simone Casalini *

Dunque, dalla metà del 2026 il Trentino avrà il suo Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) che sarà localizzato appena a sud della Motorizzazione, in una palazzina di sei appartamenti che sarà demolita e ricostruita in chiave Panopticon. Il «sorvegliare e punire» di Michel Foucault è transitato nel «rinchiudere ed espellere» perché oggi il soggetto del castigo non è più il delinquente comune, ma il migrante. Che reca con sé una doppia colpa: essersi affacciato nel continente sbagliato e mostrare segni di devianza.

L’accordo con il ministro dell’Interno Piantedosi per la costituzione del Cpr ha almeno due piani politici di lettura. Nel primo è difficile non riconoscere, per quelli che sono i suoi obiettivi e proclami, il successo del presidente Fugatti. Ottiene la realizzazione del Cpr, che nel suo elettorato è uguale a consenso, e il dimezzamento in prospettiva della quota di rifugiati sul territorio provinciale (da 700 a 350).

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Cerchiamo ancora. La proposta di una comunità di studio a Trento
La copertina del libro di Filippo La Porta «Maestri irregolari»

Lo siamo in tanti e, pur in maniera diversa, si sente in maniera diffusa la solitudine di un tempo nel quale i corpi intermedi arrancano alle prese con la propria sopravvivenza piuttosto che con l'esigenza di comprenderne i motivi: ascrivibili a ragioni diverse, prima fra tutte «un paradigma di “semplificazione” che ci separa illusoriamente dalla natura, ci rinchiude nei confini nazionali, frammenta i saperi, irrigidisce le identità»[1].

Da più persone e trasversalmente alle legittime appartenenze viene il bisogno di riempire questo vuoto, per darsi un tempo disteso e luoghi di studio e confronto collettivo. In passato avremmo forse potuto catalogare questo bisogno come una dimensione prepolitica, ma a chi scrive appare invece in tutta la sua politicità.

E lo è ancora di più in questi giorni, laddove la distanza fra i luoghi che ci ha consegnato il Novecento e il sentimento di indignazione che ha portato in piazza milioni di persone richiede di abitare con intelligenza lo spazio fra il “non più” e il “non ancora”. Da quando Gaza – come ha scritto Alessandro Baricco – è divenuta una soglia invalicabile e il nome di un certo modo di stare al mondo.

Da qui la proposta di una Comunità di Studio, come forma di resistenza e di rinnovamento culturale che considera l'apprendimento permanente lungo l'intero arco della vita essenziale per essere presenti al proprio tempo.

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Aree interne: Lettera aperta al Governo e al Parlamento
Aree abbandonate del Mezzogiorno

Pubblichiamo la “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, sottoscritta a conclusione dell’annuale convegno dei Vescovi delle Aree interne. Il documento, firmato al momento da 140 tra Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Abati, resta aperto per ulteriori adesioni. Il testo sarà consegnato all’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili”.

Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali – e in particolare i piccoli centri periferici – alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta. S’impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.

La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l’ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che «la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive» (p. 45). Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di «combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità» (ivi). Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’ISTAT un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, «con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse». In sintesi, il sostegno per una morte felice.

 

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«Inverno liquido». Il calendario aggiornato delle presentazioni. Sono 136 quelle realizzate.
La presentazione del libro a Torino con Vanda Bonardo e Enrico Camanni

«Non ci si salva da soli. Occorre incrociare gli

sguardi, condividere le conoscenze, tessere le

trame di alleanze ampie e plurali, dando vita

a sempre più strutturate comunità di pensiero

e azione. Per essere interpreti di un cambio di

paradigma non più rimandabile. Per pensare

insieme il mondo a venire. Questo libro va

inteso come un numero zero, il primo passo

di un collettivo di scrittura attorno ai nodi del

passaggio epocale che stiamo attraversando».

 

 

Nel gennaio 2023 è uscito il libro di Maurizio Dematteis e Michele Nardelli “Inverno liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa” (Derive & Approdi, Roma, 300 pagine, 20 euro), lavoro arricchito dalla prefazione di Aldo Bonomi, editorialista del “Sole 24 ore”, e dalla postfazione di Vanda Bonardo, presidente di Cipra Italia e responsabile della Carovana dei ghiacciai di Legambiente.

Due anni di Inverno liquido

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Conservare abitando. Per una nuova geografia delle terre alte.
da https://pontidivista.wordpress.com/

di Federico Zappini

(20 settembre 2025) La fine dell’estate – con lo zero termico per giorni oltre i 5000 metri – è il momento giusto per una riflessione sul nostro rapporto con ambiente e territori montani. Per farlo però partirò dalla laguna veneziana e da una città d’arte, Roma.

Venezia. L’isola di Poveglia era stata messa in vendita dall’Agenzia del Demanio, con il rischio concreto di trasformarsi in resort di lusso. Solo la mobilitazione civica – con i comitati ad ottenerla in concessione, dopo dieci anni abbondanti di battaglia – l’ha sottratta alla speculazione, salvandone la sua identità naturalistica e culturale. Si apre ora una nuova fase di protezione attiva degli ecosistemi e valorizzazione responsabile degli spazi che saranno recuperati grazie a energie e competenze dei cittadin* attiv*.

Roma. Anche le superfici della Cappella Sistina subiscono gli effetti dell’overturism. L’elevato numero di visitatori compromette la conservazione degli affreschi, richiedendo interventi di restauro sempre più frequenti. La fruizione di massa di beni naturali o artistici mette a rischio ciò che ci siamo dati il compito di tramandare integro alle generazioni future.

Dolomiti. I crolli di questi anni – la Marmolada prima, la cima Falkner nel gruppo di Brenta poi – testimoniano la fragilità di quello che rappresenta un hotspot climatico, stressato da condizioni ecologiche e ambientali mutate radicalmente. Le Dolomiti patrimonio Unesco vedono ogni loro elemento a forte rischio: ghiacciai in ritirata e conseguente diminuzione delle acque a valle, foreste affaticate oppure che invadono disordinatamente prati aperti, qualità dell’aria che peggiora insieme all’aumento delle temperature, rocce e terreni instabili che amplificano il rischio di dissesto idrogeologico.

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