«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
di Federico Zappini
(27 marzo 20225) Le ultime settimane sono state in larga parte dedicate a discutere dello stato di salute dell’Unione Europea, delle sue priorità di fronte a un Mondo in fibrillazione e di alcuni dei contenuti del Manifesto di Ventotene.
In particolare l’attenzione si è concentrata sull’ipotesi di superamento degli Stati nazionali – in chiave federalista e antinazionalista – e sul pilastro sociale a essa collegato, in nome della solidarietà e dell’uguaglianza tra i popoli e in opposizione ad ogni ipotesi di dominio militare, politico o economico dei pochi (o pochissimi, visto il vento che tira) sui molti.
Ce ne siamo occupati anche scendendo in piazza, in quanto abitanti dello spazio urbano e insieme del Mondo intero. Lo abbiamo fatto perché preoccupati della torsione illiberale di cui siamo testimoni e vittime a diverse latitudini (dal sud America al sud-est asiatico, dalla Russia di Putin agli Stati Uniti di Trump, mai come oggi accomunati da interessi e stile, quasi alleati) ma anche perché convinti che esista una specificità europea nell’offrire garanzie allo stato di diritto, nel riconoscimento per tutti e tutte di diritti sociali e civili, nella propensione a modelli di governo democratici, plurali e nonviolenti.
di Federico Zappini
Sicurezza. Non c’è espressione più scivolosa e spesso fraintesa.
Non potrebbe essere altrimenti, perché chiunque voglia occuparsene dovrebbe aver chiara la distanza tra ciò che il termine dovrebbe rappresentare (la giustizia cui faceva riferimento John Rawls, il patto sociale su cui i cittadini possono contare) e ciò che negli ultimi decenni è diventato. Campo privilegiato per la speculazione elettorale sotto la spinta costante degli imprenditori della paura, così come li chiamò per primo Marco Revelli.
Da quando ho memoria politica – vent’anni almeno – l’uso strumentale della sicurezza c’è sempre stato, rinfocolato da una classe politica (a destra, ma non solo) che ha costruito sulla retorica dell’emergenza e della pericolosità dei contesti urbani le proprie fortune. Un gioco cinico che continua a produrre danni.
Ogni rilevazione statistica ci dice che l’epoca che stiamo vivendo è tra le meno violente della storia dell’umanità. Gli omicidi in Italia sono passati da 711 a 330 annui nel ventennio tra il 2004 e il 2023, dopo che a inizio anni ’90 raggiungevano la cifra record di 1.700. Unica fattispecie in controtendenza è quella dei femminicidi il cui dato è addirittura in leggera crescita negli ultimi anni. Se allarghiamo lo sguardo agli altri reati contro persone o patrimonio (aggressioni e lesioni, furti e rapine) anche qui troviamo cifre in calo che non descrivono un Paese sotto scacco della criminalità. Viene da chiedersi allora perché sia ancora così forte il racconto di una sorta di apocalisse urbana – anche per la città di Trento – caratterizzata, così si dice, da interi quartieri fuori controllo.
di Federico Zappini *
(7 marzo 2025) È difficile rimanere indifferenti di fronte alla proposta di Michele Serra di organizzare una manifestazione continentale a sostegno dell’Europa nel momento in cui l’intero Mondo sembra sull’orlo di una crisi irreversibile. E’ bene però che di una chiamata alla mobilitazione così urgente e ambiziosa si riconoscano tanto il valore quanto le contraddizioni, insieme l’innegabile passione e la potenziale ingenuità.
Il primo fattore di rilevanza riguarda evidentemente la contingenza internazionale. L’amministrazione Trump ha accelerato una serie di dinamiche che rischiano di rimodellare l’ordine mondiale secondo i rapporti di forza e non invece rispettando le norme del diritto. La “gestione” muscolare della guerra in Ucraina (e in parallelo di quelle in Medio Oriente) e le conseguenti molteplici tensioni internazionali, i dazi commerciali usati come arma di pressione su nemici e alleati, l’accantonamento degli accordi sul clima sono solo alcune dei dossier aperti sul tavolo. La minaccia, in generale, è che la politica su scala planetaria si sviluppi più per ricatti e accordi di opportunità che per la condivisione di valori e attraverso la cooperazione e il confronto.
Corteo antifascista e antirazzista
Sabato 22 febbraio 2025, ore 15.30 – Via Verdi, Trento
Il Ddl “Sicurezza” - Disegno di Legge 1236 - rappresenta un attacco frontale ai diritti e alle libertà fondamentali, una stretta repressiva che vuole colpire chiunque voglia opporsi alle politiche di austerità, sfruttamento, devastazione ambientale e smantellamento dei servizi pubblici.
Lo dicono movimenti, organizzazioni, sindacati, lo hanno ribadito organismi internazionali fra cui il Consiglio d’Europa, l’OSCE e l’ONU, che hanno apertamente espresso preoccupazione per la natura illiberale di questo testo di legge.
Ecco perché non possiamo restare in silenzio di fronte ad un provvedimento che criminalizza il dissenso e le principali lotte sociali - da quelle per il lavoro, per la casa, per la giustizia ambientale - limitando la libertà di manifestare e colpendo proprio le fasce più deboli e marginalizzate della società.
Non possiamo accettare che l’Italia segua il modello autoritario ungherese. Quella del governo Meloni non è una ricerca di maggiore “sicurezza”, ma un tentativo di avere una società paralizzata dalla paura, in cui la partecipazione attiva sia ostacolata.
di Paola Caridi *
(25 marzo 2025) Dormo di meno. Notizia irrilevante, in tempo di genocidio, il genocidio di Gaza. Notizia irrilevante, chiusa nella biografia di una singola persona, se non fosse che, a condividerla con le altre e gli altri, a non rimanere in silenzio, si scopre che non sei la sola. Che, da Roma a Parigi a Torino a Palermo, è un sussurro. “Non dormo la notte, penso ai miei figli”. “Comunque la vita mi è cambiata”. “No, non sto bene, anche se sto bene”. “Ma cosa possiamo fare? Noi non contiamo niente”. “Lo sai? Non ce la faccio più a guardare le immagini che arrivano da Gaza. Me ne vergogno, ma io non ce la faccio più a guardarle”. “Non riesco neanche a piangere”.
In questo anno e mezzo di incontri pubblici, presentazioni di libri, zoom, viaggi, treni e aerei, piccole condivisioni di parole, dediche sui libri (“mi scriva qualcosa sulla pace, non ha importanza il mio nome”), ho compreso che il disagio è un sussurro. Una colonna sonora.
Non riesce a diventare gesto, manifestazione, massa critica. Ma è così rilevante che non diventi ciò che pensiamo possa veramente contare, in chiave politica? Me lo domando, da giorni settimane mesi. Per ora (ma solo per ora, oggi), mi basta che ci sia, e non per conforto. Probabilmente lo lego, e alcuni dei miei amici che si occupano di Egitto mi capiranno, a quello che Asef Bayat, acuto sociologo iraniano-americano, aveva definito in un suo libro bellissimo e famoso, life as politics. “La vita come politica”. Non prepolitica, non a-politica. La vita come politica.
Domenica 9 febbraio 2025: Passeggiata dalle Viote del Bondone a Vason organizzata da ventidue associazioni per contrastare un modello di sviluppo turistico anacronistico e predatorio che viene proposto per il Monte Bondone, così come per tante altre località del Trentino.
Appuntamento ore 10. 00 al parcheggio delle Viote per una facile passeggiata di 3 km fino alla piazzetta di Vason, adatta a tutt e intervallata da interventi di approfondimento.
Domenica 9 febbraio 2025, anche in Trentino, ventidue tra associazioni e movimenti parteciperanno alla mobilitazione nazionale "La Montagna non si arrende", un'iniziativa diffusa che coinvolgerà l'intero arco alpino e la dorsale appenninica per contrastare un modello di sviluppo anacronistico e predatorio, basato su pratiche estrattive e grandi-eventi come i giochi olimpici.
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato sul pianeta Terra e in Trentino, come in tutte le Alpi, le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale. L’intero Trentino si trova quindi a gestire un cambiamento climatico repentino con grandi impatti sul nostro territorio.
Quello che invece non cambia è la logica di sfruttamento delle nostre montagne che punta solo all’ottenimento di consenso e a vantaggi economici di breve termine, perlopiù privati, con un enorme spreco di risorse pubbliche.
(9 febbraio 2025) La nevicata non ferma la giornata di protesta per dire no a nuovi bacini per l'innevamento artificiale sul Bondone e per affermare che un'altra idea di montagna è possibile, dando finalmente il via ad un progetto di sostenibilità ambientale che valorizzi la biodiversità e la bellezza naturalistica del sistema montuoso del Bondone.
Qui di seguito le immagini della manifestazione e l'intervista a Stefano Musaico, che ha coordinato l'iniziativa di ventiquattro associazioni trentine (dal sito web del quotidiano L'Adige)