di Giovanni Pascuzzi *
L’influenza sociale viene definita dalle scienze che la studiano (psicologia, scienza politica e sociologia) come la capacità di orientare i comportamenti degli altri. Gli strumenti attraverso i quali si attua sono essenzialmente tre: il denaro, il potere e il prestigio.
Chi è ricco può comprare beni e prestazioni lavorative. L’esempio tipico è rappresentato dal capitano d’industria che costituisce e organizza le imprese: avendo la possibilità di ristrutturarle, chiuderle, delocalizzarle può incidere sulla vita di tante persone e pure sulle entrate fiscali di uno Stato.
A ben vedere il denaro costituisce anche un potere di fatto (e veniamo al secondo strumento) come contrapposto al potere di diritto, ovvero dell’autorità, che per definizione orienta il comportamento degli individui attraverso ordini, leggi o incentivi. Il prestigio, infine, deriva da una particolare considerazione sociale e varia da contesto a contesto. In passato era legato all’essere anziani o all’aver rivestito ruoli militari. Oggi è legato più alla cultura: per questo gli intellettuali hanno (o dovrebbero avere) grande prestigio sociale.
Riprendo dal blog https://pontidivista.wordpress.com questa interessante riflessione
di Federico Zappini
Non era difficile da immaginare: è dunque arrivato il momento in cui qualcuno tenta di aggiungere una variabile nell’equazione della politica trentina. Un’equazione che – dal 2013 in poi, almeno – dimostra una persistente difficoltà nel trovare una quadra accettabile. Era altrettanto evidente che tale spunto sarebbe potuto arrivare solo da chi si sentisse libero di intervenire da fuori quello schema che – nel bene e nel male – caratterizza il governo della Provincia autonoma di Trento da almeno quindici anni. Ecco allora che la presa di parola di un gruppo di sindaci, espressione di una sensibilità civica (cosa significa oggi?) e non partitica, era atteso. Potrebbe dimostrarsi addirittura utile se non ci si limiterà a leggerlo attraverso le schermaglie tra addetti ai lavori ma lo si accoglierà come stimolo alla riflessione generale sullo stato di salute della vita democratica e politica della comunità trentina, e non solo.
«Tempi interessanti» (56)
(7 novembre 2016) Mentre leggo l'editoriale di Simone Casalini sul Corriere del Trentino di domenica, a conclusione della pregevole inchiesta che quel giornale ha realizzato attraverso i profondi cambiamenti che segnano la vita sociale e culturale delle aree urbane della città di Trento, avverto una profonda analogia con ciò che scrive Marco Revelli nel suo viaggio dentro luoghi simbolici della trasformazione post fordista di questo paese1.
L'inchiesta del Corriere (articolata in trenta puntate) si è conclusa al quartiere delle Albere, lo spazio urbano nato sulle macerie della vecchia Michelin, croce e delizia di un progetto urbanistico che ha fatto della cosiddetta edilizia contrattata il suo mantra.
«Tempi interessanti» (51)
... Che cosa ci vuole a dire che questo collegamento, autostradale o no, non ci interessa in quanto portatore di un modello di sviluppo che non vogliamo? Una scelta politica a tutto tondo, per dire che questa scelta va contro l'idea che abbiamo del Trentino.
Credo che, in fondo, il problema sia tutto qui. Se continuiamo a ragionare secondo il paradigma della crescita, secondo il quale più merci e denaro sono in circolazione più aumenta il benessere, rimarremo prigionieri di un pensiero che ci ha portati all'insostenibilità. E la sostenibilità non è un lusso che non ci possiamo permettere ma la condizione per poter guardare negli occhi le generazioni a venire...
di Federico Zappini *
(20 luglio 2016) Sedici chilometri separano Lavis da Mattarello. Da solo il dato potrebbe apparire irrilevante, ma non si può dire altrettanto se lo si usa per comparare diversi agglomerati urbani. Sedici chilometri – metro più metro meno – è infatti la distanza che bisogna percorrere per andare dall’EUR allo Stadio Olimpico a Roma o dal sito di Expo all’Idroscalo a Milano. L’estensione longitudinale (direzione Nord-Sud) di una città di montagna – come Trento – equivale al diametro delle due principali metropoli italiane. Contesti certamente diversi che condividono la sfida organizzativa della mobilità.
Domenica 8 maggio si vota in 16 comuni del Trentino (e in 4 dell’Alto Adige – Sud Tirolo) per eleggere sindaci e consigli comunali. In Trentino i comuni interessati, nati dai processi di fusione del 2014 e 2015, sono: Altavalle, Altopiano della Vigolana, Amblar-Don, Borgo Chiese, Borgo Lares, Cembra Lisignago, Contà, Dimaro Folgarida, Madruzzo, Pieve di Bono-Prezzo, Porte di Rendena, Primiero San Martino di Castrozza, Sella Giudicarie, Tre Ville, Vallelaghi e Ville d’Anaunia.
Complessivamente gli elettori chiamati alle urne sono 36.633. Nei nuovi comuni con più di tremila abitanti (Altopiano della Vigolana, Primiero San Martino di Castrozza, Vallelaghi e Ville d'Anaunia) l'eventuale ballottaggio si svolgerà il 22 maggio.
L'aggregazione dei comuni – nel corso di qualche anno siamo passati da 223 a 155 municipalità – avviene dopo lo svuotamento della riforma istituzionale che aveva dato vita alle Comunità di Valle, avvenuto per il convergere trasversale di culture centralistiche, localismo municipale e populismo che hanno affossato il disegno di trasferire sul territorio alcune delle più importanti competenze provinciali.
«Tempi interessanti» (42)
Ci si aspetterebbe che da una stagione congressuale venissero sguardi e intuizioni in grado di indagare il presente e immaginare il futuro. In una parola, visioni. Per aiutare le istituzioni, i corpi sociali, i singoli individui ad abitare questo tempo complesso.
Se poi si ha la responsabilità del governo di un'autonomia pressoché integrale come la quella trentina, ai partiti di maggioranza si sarebbe dovuto richiedere una capacità di alzare lo sguardo e nel contempo di operare una verifica rispetto alle scelte compiute nella prima metà della legislatura. E invece? La stagione dei congressi per il centrosinistra autonomista trentino non si è ancora formalmente conclusa, ma già possiamo dire che di tutto questo c'è stato ben poco o nulla.
di Roberto Pinter
(19 maggio 2016) L'annuncio da parte del ministro Delrio dei prossimi cantieri; la condizione posta dagli spagnoli per l'acquisto della Serenissima, cioè la realizzazione della Valdastico; le dichiarazioni del governatore del Veneto e le rassicurazioni del governo provinciale che non c'è un legame con il rinnovo della concessione dell'A22: tutto ciò aggiunge ulteriore confusione al capitolo riguardante la Valdastico. Quella che sembrava la pietra tombale sul vecchio progetto autostradale si svela per quello che è in realtà: cioè il primo passo verso la realizzazione di una strada che sembrava archiviata.
Per la prima volta, dopo che l'opposizione in Trentino e la mancanza di risorse a livello nazionale aveva accantonato il completamento a nord della Valdastico, è stato messo su carta quello che non si vuole ammettere e cioè la disponibilità del Trentino a realizzare una nuova strada che collega il Veneto al Trentino e che ne permetta lo sbocco sull'asta dell'Adige. Non si parla di autostrada ma la Serenissima che ha bisogno della Valdastico per il rinnovo della concessione continua a perseguire il vecchio progetto.
di Roberto Pinter
(16 gennaio 2016) Il rinnovo della concessione all'A22 è una buona notizia, perché lascia alle Istituzioni dell'Autonomia il controllo di una importante infrastruttura, e del suo impatto sul territorio, nonché il controllo delle risorse economiche che comunque ne derivano. Che l'A22 si trasformi in una società interamente pubblica è un'altra notizia positiva dopo una stagione all'insegna delle privatizzazioni come scelta spacciata come l'unica per garantire efficienza e modernizzazione. Ma c'è una terza notizia ed è che la sottoscrizione giunge prima di definire quale sarà il futuro del progetto della Valdastico ed è una buona notizia per chi ritiene che una qualche subordinazione del rinnovo all'impegno per il completamento della Valdastico verosimilmente ci sia o ci sia stata.
Trent'anni fa ho fatto la mia prima conferenza stampa, insieme ad esponenti veneti del mio partito, all'uscita del casello di Piovene Rocchette per denunciare il rinnovato progetto di completamento e devo dire che il tempo sebbene sembra trascorso invano date le dichiarazioni del presidente della Regione Veneto, in realtà oltre a non concretizzare il progetto ha permesso di maturare alcune cose.
martedì, 20 ottobre 2015 ore 18:00
Telve, Rifugio Passo Manghen
Questo intervento del presidente dell'associazione "territoriali#europei" è apparso oggi sul "Trentino"
di Alessandro Dalla Torre
(4 settembre 2015) La giornata dell’Autonomia è uno di quegli eventi inevitabilmente destinati ad essere issati sul pennone più alto della retorica politico-istituzionale. Da quell’altezza, assecondando il verso in cui dirige la brezza della storia, sventolerà dunque indifferente le sue buone ragioni. Ci saranno, poi, quanti si limiteranno a guardare a quella bandiera e quanti invece guarderanno anche al verso in cui dirige quella brezza. Si sa: spesso le bandiere, in genere tutte le bandiere, tendono ad illudere, mentre la storia – se la si vuole veramente intendere – difficilmente si presta a questo gioco.
di Federico Zappini
(24 settembre 2015) Come formula giustificativa – quando avviene qualcosa di spiacevole in Trentino, soprattutto se di stampo razzista e discriminatorio – le istituzioni ripetono in automatico: “Questa è terra storicamente sensibile, accogliente e solidale”. Peccato che il curriculum vitae di una comunità – anche qualora fosse effettivamente immacolato – non ci garantisce per il presente, figurarsi per il futuro. Verrebbe da dire – per comprendere l’impossibilità di descrivere con precisione le traiettorie dell’agire umano – “sono certo di non aver ucciso nessuno, fino a questo momento…”. Questa frase dovremmo ricordarcela tutti quando ci scandalizziamo di fronte all’accusa che anche il territorio trentino sia vittima di un generale imbarbarimento nei rapporti interpersonali e di una crescente insofferenza nei confronti del diverso.
lunedì, 17 agosto 2015 ore 20:45
GLI UOMINI CHE VOLEVANO BUCARE LE MONTAGNE
Dopo più di quarant’anni si torna a parlare dell’autostrada A31 Valdastico.
Che cosa pensare e, soprattutto, che cosa fare?
Un’occasione per capire di cosa si parla e come ciò ha a che fare con il nostro futuro.
Incontro pubblico con
DARIO ZAMPIERI (Dipartimento di geoscienze Università di Padova): Progettare negando la geologia nel paese del Vajont e di Stava
ROBERTO ANTOLINI (giornalista di “Questotrenti-no”): A4 e A31: l’intreccio degli interessi
EMANUELE CURZEL (consigliere CdV Alta Valsugana): A31 e Valsugana. Dati e “interpretazioni”
Caldonazzo, ex Caseificio (viale Stazione)
Lunedì 17 agosto, ore 20.45
Organizza: comitato di Caldonazzo contro l’A31 Valdastico
Caldonazzo, ex Caseificio, viale Stazione
Tempi interessanti (21)
(20 luglio 2015) Non amo gli anniversari, vi vedo troppa retorica e ipocrisia. Non mi piace l'idea che il ricordo sia richiamato di tanto in tanto anziché diventare insegnamento permanente. Sono stufo di sentire espressioni come “mai più” o “per non dimenticare” che suonano vuote e che io stesso ho usato in passato, perché ogni volta che le ho pronunciate poi ho dovuto prendere atto di quanto fossero rituali e lontane dalla realtà. Perché dalla storia non si impara quasi nulla. Perché la ritualità ha il sopravvento sull'elaborazione. Perché non solo si dimentica ma si rimuove tutto ciò che chiama in causa le nostre stesse responsabilità (falsa coscienza). Perché nella ricerca delle responsabilità si tende ad affrontare solo il tema della colpa criminale, lasciando inesplorata la colpa politica e quella morale.
di Michele Nardelli
(5 luglio 2015) In una duplice intervista pubblicata oggi sul Corriere del Trentino, Alessandro Olivi e Franco Panizza parlano delle ipotesi di sviluppo per il Trentino dove la questione del completamento della Valdastico rappresenta una delle questioni – non solo sotto il profilo simbolico – più rilevanti. Stando al vicepresidente Olivi "in Giunta non se ne sarebbe parlato" e secondo il segretario del Patt io sarei "schiavo di antichi tabù", visto che la proposta sarebbe quella di togliere traffico dalla Valsugana. Allora, chi dei due dice la verità? Se non se ne è parlato, da dove salta fuori l'ipotesi di un nuovo tracciato dell'autostrada che uscirebbe a Trento sud?
Tanto le dichiarazioni di qualche giorno fa del presidente Rossi, come le parole di Panizza nell'intervista di ieri, riconoscono che invece l'ipotesi è sul tappeto e che da parte della Provincia Autonoma c'è un cambio di approccio rispetto alle posizioni sin qui assunte dalle precedenti amministrazioni. L'idea dello scambio con la Valsugana non è peraltro un'ipotesi nuova ma fin qui scartata per il semplice fatto che non c'è alcun legame fra le due opere, perché il Trentino negli ultimi anni ha fatto la scelta strategica della rotaia, perché le nostre competenze autonomistiche ci danno gli strumenti per disincentivare l'uso di quell'arteria qualora la superstrada (privata) della Valsugana andasse in porto e infine per il semplice fatto che il traffico sul tratto Trentino della Valsugana è oggi in larga misura generato in loco.