Europa e Mediterraneo

Andalusia, un voto fra conservazione e cambiamento
I leader di Podemos, Andalusia

(24 marzo 2015) Il primo appuntamento elettorale del 2015 ha confermato i pronostici degli analisti politici: il bipartitismo, che ha governato la Spagna dal 1982, è in crisi (ma non troppo) e i nuovi attori politici (Podemos e Ciudadanos) entrano nello scacchiere politico per rimanerci e per contare. La forza di Iglesias si attesta ad un buon 15 per cento in attesa del voto nazionale di novembre dove i sondaggi la danno in testa.

di Steven Forti *

“Il PSOE prende ossigeno, Podemos si consolida e il PP crolla”. Questo il titolo di Público, giornale on line vicino al partito guidato da Pablo Iglesias. El País evidenzia invece “la solida maggioranza” della socialista Susana Díaz, mentre El Mundo mette in luce che il “calcio” di Podemos al sistema è “forte”, ma non “rompe lo scacchiere politico”. C’è del vero in tutte e tre le letture.

 

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La casa della saggezza
La copertina del libro
Jim Al-Khalili
 
La casa della saggezza
L'epoca d'oro della scienza araba
 
Bollati Boringhieri, 2013
 

Un affresco di grande fascino alle radici della conoscenza e dell'identità euromediterranea. L'autore ricostruisce con straordinaria perizia la storia di un'epoca nella quale menti geniali spinsero le frontiere della conoscenza così in là da plasmare le civiltà che seguirono, fino ai giorni nostri.

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Turchia, fra realtà e messa in scena
Il simbolo dei lupi grigi nella nottata del 15 luglio

di Michele Nardelli

(17 luglio 2016) Che cosa sta realmente accadendo in Turchia? La mia impressione è che nella notte del 15 luglio sia accaduto qualcosa di strano, fra la realtà e la messa in scena.

Un golpe vero fallito grazie alla mobilitazione popolare? Un colpo di stato organizzato da dilettanti mandati allo sbaraglio, forse mal consigliati? Un golpe finto, per rafforzare il regime e chiudere la partita interna con l'opposizione verso quello stato presidenziale che la Costituzione impedisce ad Erdogan?

Nelle concitate ore notturne quando ancora sembrava che gli insorti avessero la meglio, le cancellerie occidentali, nel loro imbarazzato silenzio, già lasciavano intendere che in fondo la presa del potere da parte dei militari non sarebbe dispiaciuta affatto. Analogo il tono delle principali testate giornalistiche occidentali, ben lungi dal considerare che un putsch militare contro un governo legittimo è sempre e comunque un'azione antidemocratica, in gran parte improntate ai nuovi scenari del dopo Erdogan.

 

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Europa. Non è tempo di giochi
Debito

 

di Yanis Varoufakis *

 
 
(18 febbraio 2015) Sto scrivendo questo articolo a margine di un negoziato cruciale con i creditori del mio paese – un negoziato i cui risultati potranno segnare una generazione oltre a rappresentare un possibile punto di svolta per l’esperimento europeo e per quello dell’unione monetaria. Gli esperti di teoria dei giochi tendono ad analizzare i negoziati trattandoli come giochi in cui i contendenti, proiettati esclusivamente sul proprio interesse individuale, tentano di accaparrarsi la fetta più grande della torta da dividere. Data la mia precedente esperienza accademica come ricercatore in teoria dei giochi, molti commentatori hanno affrettatamente avanzato l’ipotesi che, in qualità di nuovo ministro delle finanze della Grecia, avrei operato per ideare stratagemmi, bluff o opzioni nascoste utili a vincere non avendo nulla in mano.
 
Nulla può essere più lontano dalla verità di quanto è stato scritto in questi giorni. Se la mia precedente esperienza con la teoria dei giochi ha avuto un effetto su di me, questo è stato quello di convincermi che sarebbe pura follia considerare l’attuale negoziato tra la Grecia e i suoi partner come un gioco da vincere o perdere grazie a bluff o sotterfugi tattici.

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Una bella giornata, per la Grecia e per Syriza
Grecia, fiore della plaka

 

 

(25 gennaio 2015) Non so se oggi in Grecia – come dice Alexis Tsipras – si faccia la storia. Penso inoltre – contrariamente a quel che sostiene il candidato di Syriza – che il futuro debba essere l'austerità, non quella della troika bensì la consapevolezza che siamo già oltre il limite e che se vogliamo dare un futuro ai nove miliardi di esseri umani che abiteranno il pianeta nel 2030 dobbiamo riconsiderare e riqualificare i consumi nel nome della sobrietà e della bellezza.

 

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Podemos, la Spagna in marcia per il cambiamento
La marcia per il cambiamento

di Steven Forti *

(2 febbraio 2015)
Oltre 300 mila persone, secondo gli organizzatori, hanno invaso pacificamente Madrid sabato scorso al grido di “Sí se puede” e del “Pueblo unido jamás será vencido”. Moltissime le bandiere repubblicane spagnole e non poche quelle greche, accanto a quelle viola di Podemos, tra la plaza de Cibeles e la Puerta del Sol, la piazza resa famosa internazionalmente dalla acampada del movimento del 15-M nel maggio 2011.

La Marcha por el cambio, ossia la “marcia per il cambiamento”, convocata da Podemos è stata un successo, al di là della solita divergenza sul numero reale dei partecipanti (la polizia ne ha contati 100 mila e El País 158 mila). I dirigenti di Podemos hanno lanciato un messaggio chiaro: non siamo qui per protestare, ma per vincere le elezioni e cambiare la Spagna.

Nei discorsi dei dirigenti Luis Alegre, Carolina Bescansa, Juan Carlos Monedero, Iñigo Errejón e soprattutto Pablo Iglesias [qui il suo discorso] – acclamato al grido di “Presidente! Presidente!” – c’è stato quel mix di Laclau e di Gramsci adattato al contesto spagnolo: la costruzione di un discorso politico che unisce i concetti di egemonia e di nazional-popolare a quello di populismo, figlio delle esperienze progressiste latinoamericane. Molti i richiami ad un passato vicino e lontano a cui guardare (la Spagna repubblicana, l’antifranchismo, il movimento del 15-M: il DNA di Podemos, secondo Iglesias), molti i debiti contratti con tanti movimenti e lotte in corso, moltissimi i cenni ad un futuro da conquistare da parte di un popolo che si è finalmente risvegliato. Monedero è stato esplicito a questo riguardo, citando i versi di Federico García Lorca e León Felipe.

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I mercati finanziari, la Grecia e l'Europa
Atene

 

di Michele Nardelli

 

(19 gennaio 2015) Domenica prossima 25 gennaio la Grecia torna al voto dopo lo scioglimento anticipato del Parlamento. Le previsioni danno tutte nettamente in testa il partito Syriza, formazione della sinistra nata qualche anno fa nel contesto dei movimenti che hanno dato vita ai forum sulla globalizzazione e che ben presto ha fatto diventare ferri vecchi non solo i tradizionali partiti comunisti ma anche il Pasok, il partito socialista che nelle elezioni politiche del 2009 ancora poteva contare sul 43% dei suffragi.

 

Quello che è in seguito accaduto è storia recente: alla crisi finanziaria globale si è sommata l'esplosione del debito pubblico greco, portando questo paese (che, non va dimenticato, è al 29° posto nell'ISU, l'indice di sviluppo umano) sul baratro della bancarotta. La cura da cavallo imposta dalla BCE e dal FMI ha forse evitato il fallimento, ma con costi sociali disastrosi che hanno gravato sulla condizione di vita delle famiglie e dei settori sociali più vulnerabili. 

 

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La storia la scrivono i vincitori... Ma chi ha vinto nella guerra dei dieci anni?
Sarajevo, uno dei tanti cimiteri

Intorno alla condanna di Mladic e al suicidio di Praljak

(questa riflessione è stata pubblicata contemporaneamente anche su www.balcanicaucaso.org)

 

di Michele Nardelli

(5 dicembre 2017) Spenti i riflettori sulla condanna all'ergastolo di Ratko Mladic tutto sembrava riprendere a scorrere nella “normale” indifferenza con cui si guarda a questa parte d'Europa che ci ostiniamo a non considerare tale. E a non capire, alternando reazioni all'emergenza e superficialità.

Non è stato infatti diverso nemmeno in larga parte dei commenti sulla condanna di quello che un tempo era il capo militare dei serbo-bosniaci, immortalato sul banco degli imputati all'Aja nei panni di un vecchio livido di rancore che – giustamente – finirà i suoi anni dietro le sbarre. Commenti in genere improntati a descriverlo come l'incarnazione del male, il malvagio della carezza al bambino di Srebrenica prima della mattanza o, per altri versi, ad indicarlo come il primo combattente contro lo stato islamico in Europa. Commenti che hanno sottolineato che prima o poi i responsabili sono chiamati a pagare per i loro crimini, in virtù del fatto che la storia la scrivono i vincitori. Ma se non fosse così?

Il dubbio si insinua dopo la vicenda che all'Aja ha visto per protagonista Slobodan Praljak. Quest'ultimo era meno noto del suo collega di mattanze con il quale – pur su un altro fronte – aveva in comune il delirio nazionalistico (in questo caso la “grande Croazia”), l'odio verso i bosgnacchi musulmani (partì da lui l'ordine della distruzione del “vecchio”, il ponte di Mostar) e le pratiche esoteriche e i riti cavallereschi come fu la fedeltà nibelungica per il Terzo Reich (in fondo il richiamo ai popoli celesti o le apparizioni di Medjugorje non sono poi tanto diversi). Il suo gesto di fronte alla condanna1 è l'epilogo di un rituale che lo vorrebbe consacrare come martire ed eroe.

Resta però difficile pensare a Mladic o Praljak nella parte dei vincitori. Proviamo allora a seguire un racconto diverso, fuori dal coro. Partendo da una semplice domanda: chi ha vinto nella “guerra dei dieci anni”? Se guardassimo con un po' di attenzione quel che è accaduto in quegli anni e nel dopoguerra, tanto in Bosnia come altrove (nei Balcani e non solo), la risposta appare piuttosto chiara. Hanno vinto loro, i criminali. 

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martedì, 2 dicembre 2014 ore 17:30

L'Europa, il Mediterraneo e lo 'scontro di civiltà'
Cordoba, l\'antica moschea

La Società Dante Alighieri promuove una conferenza dibattito su un tema di particolare attualità: «L'Europa, il Mediterraneo e lo “scontro di civiltà”». A discuterne con il pubblico, Michele Nardelli, formatore ed esperto sull'area mediterranea e balcanica.

 

 

Trento, Associazione culturale Antonio Rosmini. via Dordi 8

La locandina della conferenza

Spagna: tra il referendum catalano e Podemos
Piazza catalana

 

di Steven Forti

(24 novembre 2014) Negli ultimi tempi della questione catalana ne abbiamo parlato in diverse occasioni. E non senza ragioni. Dal settembre del 2012 la Catalogna è uno dei nervi scoperti della crisi spagnola: cinque manifestazioni a Barcellona con una partecipazione sempre superiore al milione di persone negli ultimi quattro anni e mezzo (la manifestazione del luglio 2010 contro la sentenza del Tribunale Costituzionale riguardo al nuovo Statuto d’Autonomia, le tre Diades dell’11 settembre del 2012, del 2013 e del 2014 e la consultazione non vincolante sull’indipendenza dello scorso 9 novembre) non sono cosa da poco. Quest’ultima doveva essere il momento clou e così, in un certo senso, è stato. Momento clou, ma non quello “definitivo”.

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EULEX: lo scandalo corruzione

 

Lo scandalo EULEX che sta scuotendo l'Unione europea e il Kosovo ha colpito al cuore la credibilità della più grande missione estera dell'Unione.

 

di Violeta Hyseni Kelmendi, corrispondente da Pristina di Osservatotio Balcani Caucaso

(6 novembre 2014) L’escalation di accuse di corruzione che ha coinvolto ufficiali di primo livello della missione EULEX in Kosovo ha mobilitato le nuove strutture dell’Unione europea nel tentativo di salvare la credibilità della sua più grande missione all’estero. Sotto pressione sin dal primo giorno del suo insediamento come Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini ha promesso la nomina di un esperto legale indipendente per le necessarie indagini. “La questione è tra le priorità della mia agenda. Intendo nominare con urgenza un esperto legale riconosciuto ed indipendente per valutare lo stato di implementazione della missione rivolgendo un'attenzione particolare alla accuse di corruzione”, ha dichiarato Mogherini.

 

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Scoprire i Balcani, serate di presentazione
la copertina del libro/guida

Storie, luoghi e itinerari dell'Europa di mezzo

 

Per festeggiare i dieci anni di attività l'associazione Viaggiare i Balcani ha deciso di pubblicare un libro-guida destinato a tutti coloro che vogliano mettersi in viaggio verso il Sud-Est Europa. Duecentocinquanta pagine dense di suggestioni e sguardi "altri" rispetto alle tradizionali narrazioni (anche turistiche) su questi territori, a comporre un imprescindibile strumento di conoscenza da mettere nello zaino al momento della partenza.

 

Il libro-guida per un turismo responsabile nei Balcani verrà presentato nel mese di aprile a Milano (13 aprile), Scandicci (14 aprile), Biella (15 aprile), Trento (16 aprile, ore 18.30 Caffé Bookique) e Trieste (17 aprile) in altrettante serate promosse da Slow Food e Viaggiare i Balcani.

 

"... Seduti al fresco di un grande tiglio o dell'acqua che scorre, prendete un caffè. Non l'espresso, simbolo delle nostre vite di corsa, ma la kafa, turca, bosanska o domaca che sia. Quel rito lento di cui abbiamo bisogno per riconnetterci con lo scoorrere del tempo" dalla prefazione di Michele Nardelli

 

Disponibile su ordinazione mandando una mail a info@viaggiareibalcani.net

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A perdere, caro amico, siamo abituati. In ricordo di Predrag Matvejević
Con Predrag Matvejevic a Trento

di Michele Nardelli

(3 febbraio 2017) Mi passano davanti agli occhi molte immagini.

Trieste, piazza Unità d'Italia, in una mattina di febbraio del 2009. So che Predrag non dev'essere molto lontano perché il giorno precedente era qui per una conferenza e così lo chiamo sul suo cellulare italiano. Dopo un quarto d'ora stiamo conversando nel sole tiepido che inonda la piazza. Abbiamo un sacco di cose da raccontarci. Progetti, viaggi, libri... ma soprattutto sensazioni e immagini del lungo dopoguerra bosniaco. Quel paese dal quale se n'era andato con l'inizio della deflagrazione della Jugoslavia, nel 1991. Fra asilo ed esilio1, come amava dire, prima a Parigi e poi dal 1994 al 2008 a Roma, dove aveva ricevuto dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la cittadinanza onoraria. Perché quella guerra ormai finita da tempo l'avevano vinta i talebani di ogni nazionalità e l'ostracismo verso questo intellettuale un po' croato e un po' russo ma soprattutto cittadino europeo che durante e dopo la guerra non aveva mai smesso di rappresentare una spina nel fianco, era paradossalmente cresciuto, tanto da essere perseguito nel 2005 dal Tribunale di Zagabria che lo condannò a cinque mesi di carcere per il saggio intitolato “I nostri talebani”. Predrag mi annuncia l'uscita di un libro al quale sta lavorando da tempo, “Pane nostro”2. Io gli racconto dell'impegno istituzionale che almeno un po' mi costringerà a diradare la mia frequentazione balcanica ma che a breve avrebbe potuto aprire nuove opportunità di collaborazione con la presidenza del Forum trentino per la pace e i Diritti Umani. Porto nel cuore quel mattino, nella luce particolare di quella città e della sua splendida piazza.

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Quei cinquecento metri.
Sarajevo, un\'immagine dell\'interno della Vijesnica

Ritorno nei Balcani. Terza puntata

(Agosto 2014) «Il secolo appena finito è iniziato a Sarajevo e nello stesso luogo si conclude, ma le diverse prospettive (politica, sociale, ideologica, antropologica, storica) in cui ci si è posti per osservare e analizzare gli eventi balcanici si sono spesso rivelate parziali e insufficienti, e pochi si sono accorti del fatto che nelle opere di Ivo Andrić, premio Nobel per la letteratura 1961, si possono trovare chiavi di lettura estremamente acute e puntuali. Nessun altro autore, infatti, ha percepito, e mostrato, con tanta forza il “brulichio” delle genti balcaniche, le loro interferenze etniche e religiose, i meticciati che forse solo in questa parte d'Europa hanno raggiunto una tale intensità. Nessun altro ha percepito, e mostrato, con tanta precisione le sofferenze di questi popoli, nessuno ha saputo osservare con tanta attenzione e raffinatezza questi luoghi, i Balcani, che – per usare le parole di Churchill – “producono più storia di quanta ne possono consumare”, e appaiono a un tempo come “la polveriera d'Europa” e come “la culla della cultura europea”»1.

Le parole dell'amico Predrag Matvejević, scritte per la nota introduttiva all'edizione dei “Romanzi e racconti” di Ivo Andrić, ci aiutano a comprendere non solo il valore di un autore dimenticato ma anche la superficialità con cui l'Europa ha guardato a quanto accadeva nel suo cuore balcanico lungo lo scorrere del Novecento fino alla tragedia degli anni '90.

A Sarajevo, il Ponte latino e la Vjesnica (l'edificio austroungarico che nel 1992 ospitava la biblioteca nazionale) distano fra loro non più di cinquecento metri. Percorrendoli a piedi, meno di dieci minuti, dovremmo avere consapevolezza di quanto essi siano stati cruciali nel XX secolo, ma non sempre è così.

L\'articolo di Luca Rastello

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Il fallimento dell'Occidente e la questione palestinese
Il muro

di Michele Nardelli

(15 luglio 2014) Quel che sta avvenendo nella “Striscia di Gaza” è una delle tante operazioni militari che abbiamo conosciuto nella storia di un conflitto che dal 1948 in poi hanno segnato la tragedia della “mezzaluna fertile del Mediterraneo” o c'è dell'altro? Il cliché in effetti non è molto diverso dal passato: ogni volta che sembravano crearsi condizioni favorevoli ad una soluzione politica della questione palestinese è accaduto qualcosa che ha fatto saltare tutto in aria.

Nonostante la progressiva rinuncia da parte palestinese di quote significative della Palestina storica, malgrado la mancanza di continuità territoriale (e di sovranità) di uno stato palestinese in fieri che pure ha ottenuto il riconoscimento da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (unica fonte del diritto internazionale), non solo non si è arrivati ad un accordo di pace ma è proseguita la politica del fatto compiuto attraverso una pratica sempre più aggressiva di insediamenti illegali sostenuti militarmente dallo stato israeliano, imponendo una base di trattativa ogni volta più sfavorevole alle istanze palestinesi.

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