Europa e Mediterraneo

Spagna: tra il referendum catalano e Podemos
Piazza catalana

 

di Steven Forti

(24 novembre 2014) Negli ultimi tempi della questione catalana ne abbiamo parlato in diverse occasioni. E non senza ragioni. Dal settembre del 2012 la Catalogna è uno dei nervi scoperti della crisi spagnola: cinque manifestazioni a Barcellona con una partecipazione sempre superiore al milione di persone negli ultimi quattro anni e mezzo (la manifestazione del luglio 2010 contro la sentenza del Tribunale Costituzionale riguardo al nuovo Statuto d’Autonomia, le tre Diades dell’11 settembre del 2012, del 2013 e del 2014 e la consultazione non vincolante sull’indipendenza dello scorso 9 novembre) non sono cosa da poco. Quest’ultima doveva essere il momento clou e così, in un certo senso, è stato. Momento clou, ma non quello “definitivo”.

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EULEX: lo scandalo corruzione

 

Lo scandalo EULEX che sta scuotendo l'Unione europea e il Kosovo ha colpito al cuore la credibilità della più grande missione estera dell'Unione.

 

di Violeta Hyseni Kelmendi, corrispondente da Pristina di Osservatotio Balcani Caucaso

(6 novembre 2014) L’escalation di accuse di corruzione che ha coinvolto ufficiali di primo livello della missione EULEX in Kosovo ha mobilitato le nuove strutture dell’Unione europea nel tentativo di salvare la credibilità della sua più grande missione all’estero. Sotto pressione sin dal primo giorno del suo insediamento come Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini ha promesso la nomina di un esperto legale indipendente per le necessarie indagini. “La questione è tra le priorità della mia agenda. Intendo nominare con urgenza un esperto legale riconosciuto ed indipendente per valutare lo stato di implementazione della missione rivolgendo un'attenzione particolare alla accuse di corruzione”, ha dichiarato Mogherini.

 

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Scoprire i Balcani, serate di presentazione
la copertina del libro/guida

Storie, luoghi e itinerari dell'Europa di mezzo

 

Per festeggiare i dieci anni di attività l'associazione Viaggiare i Balcani ha deciso di pubblicare un libro-guida destinato a tutti coloro che vogliano mettersi in viaggio verso il Sud-Est Europa. Duecentocinquanta pagine dense di suggestioni e sguardi "altri" rispetto alle tradizionali narrazioni (anche turistiche) su questi territori, a comporre un imprescindibile strumento di conoscenza da mettere nello zaino al momento della partenza.

 

Il libro-guida per un turismo responsabile nei Balcani verrà presentato nel mese di aprile a Milano (13 aprile), Scandicci (14 aprile), Biella (15 aprile), Trento (16 aprile, ore 18.30 Caffé Bookique) e Trieste (17 aprile) in altrettante serate promosse da Slow Food e Viaggiare i Balcani.

 

"... Seduti al fresco di un grande tiglio o dell'acqua che scorre, prendete un caffè. Non l'espresso, simbolo delle nostre vite di corsa, ma la kafa, turca, bosanska o domaca che sia. Quel rito lento di cui abbiamo bisogno per riconnetterci con lo scoorrere del tempo" dalla prefazione di Michele Nardelli

 

Disponibile su ordinazione mandando una mail a info@viaggiareibalcani.net

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A perdere, caro amico, siamo abituati. In ricordo di Predrag Matvejević
Con Predrag Matvejevic a Trento

di Michele Nardelli

(3 febbraio 2017) Mi passano davanti agli occhi molte immagini.

Trieste, piazza Unità d'Italia, in una mattina di febbraio del 2009. So che Predrag non dev'essere molto lontano perché il giorno precedente era qui per una conferenza e così lo chiamo sul suo cellulare italiano. Dopo un quarto d'ora stiamo conversando nel sole tiepido che inonda la piazza. Abbiamo un sacco di cose da raccontarci. Progetti, viaggi, libri... ma soprattutto sensazioni e immagini del lungo dopoguerra bosniaco. Quel paese dal quale se n'era andato con l'inizio della deflagrazione della Jugoslavia, nel 1991. Fra asilo ed esilio1, come amava dire, prima a Parigi e poi dal 1994 al 2008 a Roma, dove aveva ricevuto dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la cittadinanza onoraria. Perché quella guerra ormai finita da tempo l'avevano vinta i talebani di ogni nazionalità e l'ostracismo verso questo intellettuale un po' croato e un po' russo ma soprattutto cittadino europeo che durante e dopo la guerra non aveva mai smesso di rappresentare una spina nel fianco, era paradossalmente cresciuto, tanto da essere perseguito nel 2005 dal Tribunale di Zagabria che lo condannò a cinque mesi di carcere per il saggio intitolato “I nostri talebani”. Predrag mi annuncia l'uscita di un libro al quale sta lavorando da tempo, “Pane nostro”2. Io gli racconto dell'impegno istituzionale che almeno un po' mi costringerà a diradare la mia frequentazione balcanica ma che a breve avrebbe potuto aprire nuove opportunità di collaborazione con la presidenza del Forum trentino per la pace e i Diritti Umani. Porto nel cuore quel mattino, nella luce particolare di quella città e della sua splendida piazza.

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Quei cinquecento metri.
Sarajevo, un\'immagine dell\'interno della Vijesnica

Ritorno nei Balcani. Terza puntata

(Agosto 2014) «Il secolo appena finito è iniziato a Sarajevo e nello stesso luogo si conclude, ma le diverse prospettive (politica, sociale, ideologica, antropologica, storica) in cui ci si è posti per osservare e analizzare gli eventi balcanici si sono spesso rivelate parziali e insufficienti, e pochi si sono accorti del fatto che nelle opere di Ivo Andrić, premio Nobel per la letteratura 1961, si possono trovare chiavi di lettura estremamente acute e puntuali. Nessun altro autore, infatti, ha percepito, e mostrato, con tanta forza il “brulichio” delle genti balcaniche, le loro interferenze etniche e religiose, i meticciati che forse solo in questa parte d'Europa hanno raggiunto una tale intensità. Nessun altro ha percepito, e mostrato, con tanta precisione le sofferenze di questi popoli, nessuno ha saputo osservare con tanta attenzione e raffinatezza questi luoghi, i Balcani, che – per usare le parole di Churchill – “producono più storia di quanta ne possono consumare”, e appaiono a un tempo come “la polveriera d'Europa” e come “la culla della cultura europea”»1.

Le parole dell'amico Predrag Matvejević, scritte per la nota introduttiva all'edizione dei “Romanzi e racconti” di Ivo Andrić, ci aiutano a comprendere non solo il valore di un autore dimenticato ma anche la superficialità con cui l'Europa ha guardato a quanto accadeva nel suo cuore balcanico lungo lo scorrere del Novecento fino alla tragedia degli anni '90.

A Sarajevo, il Ponte latino e la Vjesnica (l'edificio austroungarico che nel 1992 ospitava la biblioteca nazionale) distano fra loro non più di cinquecento metri. Percorrendoli a piedi, meno di dieci minuti, dovremmo avere consapevolezza di quanto essi siano stati cruciali nel XX secolo, ma non sempre è così.

L\'articolo di Luca Rastello

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Il fallimento dell'Occidente e la questione palestinese
Il muro

di Michele Nardelli

(15 luglio 2014) Quel che sta avvenendo nella “Striscia di Gaza” è una delle tante operazioni militari che abbiamo conosciuto nella storia di un conflitto che dal 1948 in poi hanno segnato la tragedia della “mezzaluna fertile del Mediterraneo” o c'è dell'altro? Il cliché in effetti non è molto diverso dal passato: ogni volta che sembravano crearsi condizioni favorevoli ad una soluzione politica della questione palestinese è accaduto qualcosa che ha fatto saltare tutto in aria.

Nonostante la progressiva rinuncia da parte palestinese di quote significative della Palestina storica, malgrado la mancanza di continuità territoriale (e di sovranità) di uno stato palestinese in fieri che pure ha ottenuto il riconoscimento da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (unica fonte del diritto internazionale), non solo non si è arrivati ad un accordo di pace ma è proseguita la politica del fatto compiuto attraverso una pratica sempre più aggressiva di insediamenti illegali sostenuti militarmente dallo stato israeliano, imponendo una base di trattativa ogni volta più sfavorevole alle istanze palestinesi.

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Sarajevo, cuore d'Europa
Il luogo dell\'attentato

Sarajevo ricorda oggi il centenario dell'attentato che cambiò la storia europea, innescando la crisi diplomatica che portò all'inizio della Prima Guerra Mondiale

Questo articolo viene pubblicato oggi da Osservatorio Balcani Caucaso e dai quotidiani Trentino e Alto Adige

di Andrea Rossini

(28 giugno 2014) Cento anni fa l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, era partito di buon mattino da Ilidža, sobborgo termale di Sarajevo, per recarsi nel centro della città che da pochi anni era stata annessa all'Impero Austro Ungarico. Insieme a lui c'era la moglie Sofia.

Lungo tutto il percorso, in particolare nel tratto finale, lungo le rive della Miljacka, c'erano gli attentatori. La prima bomba non esplose. Poi Nedeljko Čabrinović lanciò la sua, che però rimbalzò sul tettuccio della vettura imperiale finendo lontana.

L'arciduca decise di continuare il suo percorso fino alla sede del Municipio, per poi riprendere il tragitto con la moglie fino all'incontro fatale con Gavrilo Princip, un giovane serbo bosniaco che apparteneva all'organizzazione rivoluzionaria “Mlada Bosna”, Giovane Bosnia.

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Bosnia Erzegovina, un paese stremato
Bottega artigiana nelle vie di Sarajevo

"Ritorno nei Balcani", la seconda puntata

(Agosto 2014) Amo prendere il caffè al Morića Han, nella Baščaršija, il cuore ottomano di Sarajevo. Venne realizzato nel 1531 da Gazi Husrev-beg come parte integrante del progetto che, insieme alla moschea, alla madrasa (la scuola coranica) e alla mensa per la gente povera, costituì una sorta di atto fondativo della città di Sarajevo. In origine era un caravanserraglio, luogo di accoglienza per i viaggiatori ai quali non si negava mai il pane, l'acqua ed un giaciglio. Antiche civiltà, quando l'ospite era sacro e lo straniero il benvenuto.

Ora nessuno sembra accorgersi delle persone che chiedono l'elemosina nelle strade, men che meno di quelle che per dignità o vergogna si arrabattano con quel poco che hanno. Nemmeno negli anni immediatamente successivi alla guerra era così. Mi colpisce la diffusione della povertà delle persone anziane che spesso si trovano a dover fare i conti con una pensione di centocinquanta marchi convertibili (pressapoco settantacinque euro) o anche meno, sempre che lo Stato di cui sono cittadini riconosca loro qualcosa (visto che quello nel quale hanno versato i contributi non esiste più...).

Con un po' di pudore osservo una persona anziana guardare la frutta in una bancarella ed il suo commentare sconsolato di prezzi che se immaginati in un mercato di casa nostra sarebbero stracciati e che invece, rapportati al reddito di qui, possono risultare inaccessibili. L'abito mi racconta di un passato diverso e dignitoso, che la duplice tragedia della guerra e della dissoluzione del paese di cui era parte (e sul quale aveva investito certamente una parte della sua esistenza) ha cancellato.

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Pensieri europei. Rilanciare l'idea di una Comunità di difesa europea
Cipro

Una visione europea non può prescindere da un cambio di prospettiva anche sul piano della sicurezza e della difesa. I ventotto paesi dell'Unione Europea spendono complessivamente non meno di 260 miliardi di euro ogni anno per il loro apparato militare. E' una cifra enorme che corrisponde ad altrettanti eserciti nazionali tanto più anacronistici, quanto inutili e pericolosi. E, ciò non di meno, capaci di alimentare altrettante lobby politico affaristiche che attorno all'industria della guerra coltivano il loro spazio di potere.

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Dopo il voto. Ritessere il disegno di un'Europa molteplice e plurale
1989

(26 maggio 2014) Nonostante il vento che soffia forte nei paesi del vecchio continente, il progetto dell'Europa politica non esce sconfitto dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo di domenica. E questo grazie in particolare al voto italiano ed allo straordinario risultato del Partito Democratico.

L'astensione dal voto che avrebbe incrinato l'autorevolezza del Parlamento europeo è stata contenuta superando la soglia della partecipazione delle elezioni del 2009; nonostante l'effetto Le Pen in Francia il peso complessivo dei partiti antieuropei non è cresciuto di quanto si temeva; l'influenza della Merkel e dei partiti conservatori risulta più bilanciata rispetto a cinque anni fa.

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Macroregione Adriatico-ionica: potenzialità e limiti
Il mare Adriatico visto dal Velebit

Se la Macroregione Adriatico-ionica vuole essere una strategia per il rilancio di una regione ai margini, il dialogo tra apparati politico-amministrativi non può bastare. Serve un ampio dibattito pubblico per dare stimolo all'azione politica su questioni urgenti e di comune interesse. Un approfondimento dal sito www.balcanicaucaso.org

 

di Luisa Chiodi *

A luglio prende avvio il semestre italiano di presidenza dell'Ue durante il quale verrà lanciata dalle istituzioni europee la Strategia Europea per la Macro-regione Adriatico-ionica (Eusair). Per tutti i territori coinvolti si tratta di un'opportunità significativa per affrontare insieme nodi comuni che spaziano dalla tutela ambientale allo sviluppo delle reti energetiche ma soprattutto per lavorare al complessivo rilancio economico della regione.

La Macroregione è uno strumento comunitario nato meno di 5 anni fa, con il primo esperimento nel Mar Baltico, allo scopo di favorire la partecipazione al processo decisionale non solo degli stati ma anche di regioni, enti locali, società civile, in aree circoscritte dello spazio europeo.

Del resto, dalla fine della Guerra Fredda questioni quali la sostenibilità ambientale o energetica, la migrazione, lo sviluppo economico, hanno continuato a stimolare l'interesse degli enti locali a farsi protagonisti di iniziative transnazionali per affrontare in modo efficace questioni condivise.

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Il Nobel per Predrag Matvejević
Con Predrag Matvejevic

Un intellettuale che guardando al Mediterraneo ha sempre cercato di superare le divisioni e i conflitti mutandoli in ragioni di convivenza, arricchimento, scambio. Pubblichiamo la lettera diffusa dal comitato che sostiene la candidatura al Nobel di Predrag Matvejević. Un appello che vede anche la mia adesione.

(marzo 2016) La seguente lettera è stata diffusa dal comitato che sostiene la candidatura di Predrag Matvejević al Nobel per la letteratura. Un modo per sostenerlo in questo suo difficile momento di salute - è da più di un anno ricoverato in un ospedale di Zagabria - ma soprattutto per far sentire la voce delle sue opere e dei suoi pensieri in questi giorni drammatici per quel Mediterraneo che lui ha tanto amato.

“Predrag Matvejević è la sintesi dell'Europa, anche dell'Est, che si riconosce nel Mediterraneo e nella sua storia: nella sua vita, nella sua famiglia, nella sua opera letteraria e politico-letteraria, ai tempi della cortina di ferro, si ritrovano quasi tutte le etnie, le religioni, le nazionalità e le culture che oggi come ieri, qualcuno vuole trasformare in ragione di conflitto. Tutta l'opera di Matvejević, ma in particolare il suo impareggiabile Breviario Mediterraneo, ripercorre quelle differenze presunte, mostrandone, come forse nessuno ha fatto, oltre lui e Braudel, quanto siano nostre, di tutti; mutandole, così, in ragioni di convivenza, arricchimento, scambio.

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mercoledì, 30 aprile 2014 ore 20:30

Eurovisioni. L'indignazione, il rebetiko e una nuova idea di contratto sociale.
la locandina
Scuola di formazione politica “Territoriali ed europei”

Eurovisioni. L'indignazione, il rebetiko e una nuova idea di contratto sociale

L'Europa non è il problema, bensì la chiave per affrontare un nuovo contesto.

Trento - 30 aprile, 1, 2, 3 maggio 2014

Il disegno di un'Europa politica sta vivendo un forte appannamento. Le sue istituzioni sono viste da molti come un apparato burocratico ed un insieme di regole dettate dai poteri finanziari. Il suo allargamento è stato spesso vissuto dai cittadini dei paesi più forti come un'insidia al proprio status piuttosto che la costruzione di una casa comune. Gli stati nazionali cavalcano l'onda della paura per evitare di cedere verso l'Europa (e verso i territori) quote crescenti di sovranità. La politica si attarda a cercare soluzioni a carattere nazionale, quando invece la cifra dei problemi appare sempre più di natura sovranazionale e territoriale.

Il problema sembra essere quello di tutelare al meglio gli interessi nazionali in Europa, ma così facendo non si costruisce l'Europa come soggettività politica, sociale e culturale, la si indebolisce piuttosto. Questo è l'orizzonte nel quale gli stati nazionali più forti ripropongono la loro leadership sull'Europa e questo, a guardar bene, ci racconta di quanto poco si sia fatto tesoro delle lezioni del Novecento. Tanto che l'idea di un'Europa politica nasce come progetto di pace, nel superamento in senso federalista degli stati nazionali e della loro tendenza all'egemonismo.

Trento, sedi varie

Il programma

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Sarajevo 1984, i Giochi Olimpici della Jugoslavia
Un manifesto delle Olimpiadi invernali di Sarajevo

di Azra Nuhefendić, corrispondente da Sarajevo di Osservatorio Balcani Caucaso

(31 gennaio 2014) Trenta anni fa, dall'8 al 19 febbraio, si svolse a Sarajevo la XIV edizione dei Giochi Olimpici Invernali. Pochi anni dopo le strutture olimpiche, simbolo di una storia e vita comune, furono bersaglio dei bombardamenti

Un metro di neve e venti gradi sotto zero! Nessuno ci faceva caso in Bosnia. Si pulivano le strade principali, si scavava un sentiero nella neve per collegare la casa o il portone con la strada, e la nostra vita procedeva come al solito.

Talvolta già all’inizio di ottobre nevicava. Si andava al ristorante per una cena e quando si usciva, nelle ore piccole, ci aspettava la prima neve. Tap-tap, sulle punte delle scarpe leggere ed eleganti, cercavi di passare per la strada imbiancata, senza scivolare o cadere. La neve rimaneva fino ad aprile, qualche volta anche di più. Capitava che sulle montagne intorno a Sarajevo nevicasse in piena estate. I giornali locali riportavano la notizia, ma nessuno si stupiva.

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C’è un’Europa oltre Bruxelles scegliamola con il voto
Europa nella mitologia

Un appello per l'Europa apparso oggi su la Repubblica, primo firmatario Ulrich Beck

(27 febbraio 2014) Il prossimo maggio le cittadine e i cittadini saranno per la prima volta chiamati alla scelta sul futuro dell’Europa. Quale Europa vogliamo? Dal momento dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e per tutta la durata della crisi i cittadini non hanno mai avuto l’opportunità di esprimere il loro giudizio sul futuro dell’Unione Europea, in un processo di formazione democratica della volontà.

Questa volta, la novità è costituita dalla presenza di diversi candidati alla carica di presidente della Commissione europea, con la possibilità di scegliere tra diversi modelli d’Europa. È un salto quantico politico. Infatti, nel medesimo momento e in tutta l’Europa discuteremo in lingue diverse sugli stessi temi – cioè su persone e sui loro programmi. Vogliamo il “meno Europa” di un David Cameron, dettato dagli imperativi del mercato, oppure un’ “altra Europa”, che sottopone il mercato a regole democratiche, come ha in mente il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz?
I partiti anti-europei e i loro candidati vogliono essere eletti democraticamente per minare la democrazia in Europa. 

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