"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
Nel 1992, quando il consigliere Roberto Pinter e Solidarietà lanciarono la prima battaglia contro i privilegi dei consiglieri regionali, era difficile non solo trovare supporto da parte di altri consiglieri (perché a prescindere dalla “casta” è purtroppo vero che chi acquisisce dei privilegi tende a conservarli) ma perfino trovare spazio sui mezzi d’informazione che se ne guardavano bene dal denunciare i privilegi della classe politica e che ancora faticano a toccare i tanti altri privilegi.
Sono passati sedici anni e per fortuna qualcosa è cambiato. Le battaglie, prima solitarie poi supportate dai mass media, dalle organizzazioni sindacali e dalla parte più sensibile della politica, hanno fatto risparmiare qualche decina di milioni di euro: dapprima bloccando i privilegi più assurdi, dalla pensione di invalidità alla tredicesima all’assegno funerario, poi riformando i vitalizi fino ad arrivare al loro superamento, infine sganciando le indennità dal perverso meccanismo di adeguamento di cui gode il parlamento e che segue i privilegi dei magistrati. Una riforma significativa e solitaria nel nostro paese, sempre pronto ad emulare i ricchi e ad identificarsi con le loro fortune piuttosto che a metterle in discussione.
E se all’inizio di questa battaglia l’obiettivo era la messa in discussione del vitalizio, piano piano si sono messi in discussione i privilegi accessori, gli aumenti ed infine l’ammontare stesso delle indennità, giudicandolo troppo elevato. La condizione di privilegio c’è, ed è inutile negarlo, anche per chi prima di fare il consigliere o il deputato riceveva stipendi o parcelle altrettanto discutibili e che quindi trova del tutto naturale il fatto di conservare l’indennità di provenienza, così da riproporre il censo come distinzione nel governo della cosa pubblica.
In questo contesto, vorrei ricordare alcune cose.
1) Nel mese di dicembre 2008 ho ricevuto il primo stipendio di consigliere per un ammontare netto di 7.338,54 euro. In campagna elettorale ho assunto con gli elettori un patto che prevede che la metà dell’indennità venga destinata alla costruzione di una rete provinciale di confronto permanente fra cittadini e politica, collegando su base informatica luoghi d’incontro in ogni comunità di valle, nonché alla formazione politica e all’attività del Partito Democratico. Ciò significa che, per quanto mi riguarda, ho trattenuto 3.667,27 euro. Con questo non intendo ovviamente giustificare gli attuali importi, ma credo ci sia un distinguo doveroso da fare tra chi fa politica per passione e chi la usa anche per trarne un vantaggio economico, e mi dispiace che il Partito Democratico del Trentino abbia iniziato riducendo la percentuale versata dai consiglieri al partito, passata dal 45% della scorsa legislatura all’attuale 20%. Per quanto mi riguarda l’impegno è e rimane del 50%.
2) Qualcuno potrebbe obiettare che la scelta di destinare metà dello stipendio di consigliere per nobili finalità siano fatti miei. E’ vero, come è altrettanto vero che è bene saperlo. Così come è bene saper distinguere fra chi non batte ciglio e chi si è fatto in quattro per ridurre i privilegi nelle istituzioni. La mia storia politica è lì a dimostrare che prima di altri ho considerato l’impegno contro i privilegi un tratto distintivo del mio agire politico.
3) Concordo con la riduzione delle indennità di carica e ricordo che il disegno di legge presentato dalla Sinistra democratica nella scorsa legislatura andava esattamente in questa direzione. Così come la prima mozione che abbiamo presentato nelle scorse settimane come Gruppo consiliare del Partito Democratico in Regione. Analogamente credo che sia doveroso mettere mano agli sprechi e che non servano, per fare un esempio, tre auto e autisti per presidente e per i due vicepresidenti del Consiglio regionale.
4) Si può discutere su quale sia l’importo giusto delle indennità di carica, ma senz’altro questo è elevato. E per questo ritengo che bloccare l’adeguamento automatico sia oggi doveroso, come sarebbe doveroso bloccare tutte le indennità dei pubblici amministratori, alcune delle quali andrebbero messe letteralmente in discussione, restituendo alla politica il valore di impegno volontario.
5) In attesa del blocco ritengo altresì doveroso che gli aumenti siano utilizzati per azioni di solidarietà sociale.
Per finire, un’ultima considerazione. Nella scorsa legislatura si sono ottenuti risultati per certi versi impensabili. In questa che è appena iniziata in un contesto di grave crisi economica e sociale, sarebbe un bel segnale riprendere da dove si era arrivati per andare oltre.
Michele Nardelli
Consigliere provinciale del Partito Democratico del Trentino
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