"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(23 settembre 2011) Nei giorni scorsi notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza è in cammino" ha rivolto alcune domande ad alcune figure del movimento per la pace in Italia sul significato della marcia Perugia Assisi. Fra questi anche Michele Nardelli, presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Ecco l'intervista.
1. Quale è stato il significato più rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?
Quello di aver cercato di tener vivo il pensiero di Aldo Capitini, anche quando nel movimento per la pace prevalevano altre culture. Dobbiamo dirci al tempo stesso che la nonviolenza non ha avuto grande cittadinanza politica, rimanendo confinata nella testimonianza di pochi. E che la pace, così come talvolta anche la marcia Perugia Assisi, è stata spesso banalizzata in una melassa che non indaga la guerra, le sue cause come i suoi lati inconfessabili. Se non prendiamo atto che la guerra è la normalità, continueremo a parlare della pace dell'ingenuità, come la definisce James Hillman "dell'ignoranza travestita da innocenza".
2. E cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?
Mi piacerebbe che in occasione del cinquantenario, il pensiero di Capitini emergesse in tutta la sua complessità, anche se temo che così non sarà. Proprio a partire da questo "pensiero senza cittadinanza", avrei voluto che la marcia del cinquantenario fosse dedicata all'Europa e al Mediterraneo, l'Europa come soggetto politico che non c'è e il Mediterraneo come luogo al centro di quel che qualcuno ha definito "scontro di civiltà". Ricordandosi magari che quest'anno è anche il 70° del Manifesto di Ventotene, di quel federalismo europeo pensato in piena seconda guerra mondiale come proposta di pace. Lo avevo anche proposto alla Tavola della Pace ben prima che la primavera araba ridisegnasse il Mediterraneo, ma si è preferito guardare altrove. A proposito di tabù, spero almeno che il tema del taglio delle spese militari e degli F35 trovi nella marcia la forza di parlare ad una politica che invece se ne sta zitta, come se Finmeccanica fosse intoccabile.
3. Quale è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?
Come dicevo, confinata nella testimonianza pochi. Eppure, nella ricerca - che penso ineludibile - di nuovi paradigmi per leggere questo tempo la nonviolenza è una delle poche cose che il Novecento ci ha consegnato che ancora può rappresentare un utile chiave di lettura e comportamento.
4. Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?
Quello di rompere il muro che li circonda, mettendosi in gioco, abitando i conflitti e le contraddizioni, dialogando con tutti e soprattutto con i luoghi che con le pratiche della pace apparentemente non hanno nulla a che fare. Insomma, evitare di essere relegati al ruolo dei "testimoni" della nonviolenza.
5. Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?
Quel che sta avvenendo nel Mediterraneo ha un grande valore. Una primavera fatta da giovani donne e uomini, colti e che per comunicare usano internet, senza alcuno dei logori simboli del Novecento, che non chiedono pane ma dignità. Che tutto questo avvenga - nonostante la repressione dei regimi - in maniera nonviolenta (la Libia è tutta un'altra storia) è un fatto davvero straordinario.
6. Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?
Una cosa di metodo ed una di merito. Quella di metodo, evitare di rincorre gli avvenimenti. Come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani il 1 ottobre dello scorso anno abbiamo dato il via ad un percorso sulla "Cittadinanza euromediterranea", articolato in quattro itinerari dedicati alla storia, ai saperi, ai pensieri e alle geografie. Più di cento iniziative, con l'obiettivo di guardare le cose sotto un'angolazione diversa e di dialogare con le realtà più improbabili. Un'esperienza davvero interessante che ha fatto sì che fossimo sulla notizia senza affanno, un piccolo esempio di come la pace debba darsi una propria agenda di lavoro che non sia la lettura quotidiana dei giornali o il rincorrere le emergenze. Quella di merito, fra le altre possibili. Dopo mezzo secolo di occupazione perché non dar vita ad una piattaforma che guardi all'Afghanistan del 2014? Dopo tutti i disastri compiuti, una sorta di risarcimento che dia voce alla società civile afgana affinché il futuro di questo paese non sia nella mani dei signori della guerra.
7. Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa è la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?
Cos'è la nonviolenza? Coerenza di mezzi e fini. Come accostarsi ad essa? Essere consapevoli che la coerenza non esiste se non come ricerca e tensione individuale.
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