"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Quello che segue è il commento di prima pagina proposto nell'edizione odierna del quotidiano "l'Adige"
di Michele Nardelli
(7 gennaio 2012) Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dalla sala conferenze del Pentagono come nelle grandi occasioni, non annuncia una nuova guerra. Al contrario indica una svolta nella strategia politico militare del suo paese, mettendo fine all'idea degli Usa come gendarme del mondo ed annunciando che non ci saranno mai più interventi al di fuori di un mandato delle Nazioni Unite. E, nel contempo, vara un piano di taglio delle spese militari degli Stati Uniti senza precedenti, a cominciare dagli armamenti nucleari e dal programma di acquisto dei cacciabombardieri F35.
Che questo messaggio debba venire dagli Stati Uniti è davvero paradossale, ma va bene così. E non credo sia affatto casuale che, finalmente, se ne parli anche in Italia. Non c'è ancora una decisione ufficiale, ma anche nel nostro Paese, alle prese con una crisi senza precedenti, il programma di acquisto di 131 cacciabombardieri di attacco F35 di ultima generazione comincia a mostrare qualche vistosa crepa.
Quello che appariva come il tabù delle spese militari sembra infrangersi. Ed è proprio il caso di dire, finalmente. E con esso il potere di condizionamento di Finmeccanica, grande e discussa lobby trasversale nonché titolare dell'operazione di acquisto e assemblaggio dei cacciabombardieri F35, che fino ad oggi era riuscita a far sì che la questione della conferma o meno del programma di dotazione degli F35 non venisse nemmeno posta all'ordine del giorno. Un'operazione dal costo complessivo di circa 16,5 miliardi di euro, fino ad oggi nemmeno sfiorata nonostante un contesto economico di lacrime e sangue, risultava (e risulta) davvero incomprensibile.
E c'è dell'altro. Come per gli Stati Uniti, anche in Italia si comincia ufficialmente ad interrogarsi sul senso di spendere ogni anno oltre 21 miliardi di euro in spese militari, e questo a prescindere dagli interventi internazionali dove l'Italia è impegnata e agli "investimenti" come nel caso degli F35 che rientrano in altri capitoli di bilancio. E se l'Italia non debba guardare ad una integrazione del nostro sistema di difesa in una prospettiva europea. A fronte del fatto che oggi i 27 paesi dell' Unione Europea spendono complessivamente circa 270 miliardi di euro ogni anno per i loro eserciti.
Che la politica italiana si ponga solo ora il problema non solo dei tagli ma di una nuova idea di difesa integrata è insieme significativo ed emblematico. Significativo, perché il tema della costruzione della pace (così come uno sguardo europeo e mediterraneo) fatica ad entrare nell'agenda (e nei paradigmi) della politica. Emblematico, perché ciò avviene grazie al nuovo contesto politico che dagli Usa di Obama arriva sino a noi, seppure con il ritardo e le incertezze che ci raccontano di quanto la politica (italiana e non solo) debba cambiare passo.
Qualcosa di diverso questa nostra terra, per la verità, l'aveva detto. Ancora due anni fa il Consiglio Regionale del Trentino Alto Adige - Süd Tirol aveva approvato una mozione-voto di cui ero primo firmatario per fare pressione sul governo italiano affinché rinunciasse al programma di acquisto degli F35, perché insostenibili in un contesto di crisi e in palese contraddizione con il dettato dell'articolo 11 della Costituzione Italiana. Fu la prima regione italiana ad esprimersi in questo senso.
Più recentemente, nel settembre del 2011, come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani abbiamo deciso di caratterizzare la partecipazione di oltre milletrecento trentini alla marcia per la pace Perugia-Assisi proprio sul tema della riduzione delle spese militari. Tanto che le grandi lettere colorate del Forum "No F 35" hanno fatto il giro d'Italia, diventando una sorta di simbolo di questa battaglia.
Vedere come di questo argomento oggi, ripeto finalmente, se ne parli sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e nelle cronache dei telegiornali sembra quasi un atto liberatorio, la fine di un tabù e l'avvertenza che la politica in questo paese richiede non solo più coraggio e fantasia, ma anche nuove sintesi in grado di dare piena cittadinanza al progetto politico europeo e alla cultura politica della nonviolenza.
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