"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

L'avvertimento

si salvi chi può

(8 maggio 2012) Non è affatto scontato decifrare l'esito del voto di domenica scorsa in Europa. Intanto vediamo i dati di maggiore rilievo.

In Francia, dopo 17 anni, ritorna un uomo di sinistra all'Eliseo. Hollande conferma le ultime previsioni e batte Sarkozy, ma la cosa solo qualche mese fa non era affatto scontata. E infatti ora l'incognita maggiore è capire che cosa accadrà nelle elezioni parlamentari di giugno dove la sinistra potrebbe non avere la maggioranza per governare. Perché il paradosso di questo voto è che il candidato socialista Hollande vince le presidenziali proprio quando l'estrema destra xenofoba di Marine Le Pen raggiunge il suo massimo storico, facendo man bassa di voti nelle aree del nord tradizionalmente vicine alla sinistra. Tanto da condizionare i toni del ballottaggio finale pur di conquistarsi quel pugno di voti che alla fine risulteranno decisivi (51,7% contro il 48,3%). Vince la sinistra, ma il segnale più forte che viene dal voto francese è una sorta di avvertimento antieuropeo.

In Grecia, questo segnale è invece un fiume in piena. I due principali partiti che hanno sostenuto il piano di tagli e riforme imposto da Unione europea, Bce e Fmi registrano una sonora sconfitta.  La destra di Nea Dimokratia di Antonis Samaras ha al 18,9% dei consensi contro il 33,5% ottenuto nelle precedenti elezioni. Ancora peggio al Pasok di Evangelos Venizelos che ottiene il 13,2% contro il 43,9% del 2009 e si vede scavalcato al secondo posto dalla Coalizione della sinistra radicale (Syriza, formazione che raggruppa molte esperienze nate attorno al Forum sociale europeo) che conquista il 16,8% e 52 deputati. Preoccupa il 7% dei neonazisti che portano una folta pattuglia di 21 deputati in Parlamento. In questo momento appare difficile la costruzione di una qualsiasi ipotesi di governo, tanto da prospettare un ritorno alle urne. Ma il segnale degli elettori è chiaro: no al piano europeo.

In Germania, nel Land Schleswig-Holstein la CDU (il partito della Merkel) prende il 30,6% dei voti contro il 29,5% della SPD. I verdi salgono al 14% mentre il Partito dei Pirati ottiene l'8,2% e i Liberali l'8,5%, rendendo difficile la conferma della coalizione di governo uscente. Per la Merkel un primo piccolo segnale, ma l'esito delle elezioni amministrative di domani (9 maggio) quando gli elettori tedeschi al voto saranno 18 milioni potrebbe essere ancora più forte.

In Serbia il confronto fra i due principali candidati, il democratico Tadic e l'ex radicale Nikolic, si è chiuso pressoché alla pari e si andrà fra quindici giorni al ballottaggio. L'unica sorpresa sul fronte delle elezioni parlamentari è l'esclusione dal Parlamento del partito di Šešelj, rinchiuso presso il Tribunale internazionale dell'Aja. Anche se  il Partito progressista serbo (SNS), nettamente antieuropeista, che nacque proprio da una costola dei radicali, ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti: 24,1% (73 seggi parlamentari). Il Partito democratico (DS) ha ottenuto il 22.4% (68 seggi), il Partito socialista (SPS, quello che fu di Milosevic) il 14.4% (44 seggi), Il Partito democratico della Serbia (DSS) e i Liberal-democratici (LDP) rispettivamente il 6.9 e il 6.6%, con 21 e 20 seggi. Il partito regionalista Regioni unite della Serbia (URS) avrà 16 parlamentari mentre l'Alleanza degli ungheresi di Vojvodina 5. Gli altri partiti rappresentanti le minoranze ottengono 1 seggio ciascuno. Un voto di continuità, che però registra il permanere di un forte euroscetticismo.

Si è votato anche in Armenia dove ha vinto il Partito Repubblicano Armeno, del Presidente Serzh Sarkisian, con il 44,5%. I suoi partiti alleati Prospera ArmeniaLegge hanno ottenuto rispettivamente il 30,14% e il 5,49%. Sono entrati in parlamento anche i partiti di opposizione Federazione Rivoluzionaria Armena con il 5,73%, Legalità con il 5,79% e la lista Congresso Nazionale con il 7,10% che però hanno contestato l'esito del voto denunciando brogli. Un paese che vive delle relazioni commerciali con l'Unione Europea ma dove la miseria un malcontento sociale dilagante e un'ondata di suicidi soprattutto tra gli anziani che non riescono più a reggere il costo della vita.

Infine l'Italia dove votavano più di 9 milioni di elettori. Il voto ha fotografato un paese allo sbando, dove cresce la distanza dai partiti (con un calo ulteriore di affluenza del 7%) e si premiano più i personaggi che le proposte politiche. Per cui vengono premiati Tosi a Verona (che inverte il dato altrimenti negativo della Lega), Orlando a Palermo (ma Italia dei Valori non intercetta più di tanto il vento che tira), Perrone a Lecce (ma è l'unica città dove il centrodestra ancora tiene), Beppe Grillo che ottiene risultati significativi in diverse città come Parma e Genova. Crolla il centrodestra ed in particolare il PDL. Tiene il centrosinistra che va al ballottaggio ovunque invertendo la precedente tendenza. Ma questo più per effetto della debacle degli altri che per aver ottenuto maggiori consensi.

Se un'analisi più articolata richiede più tempo, il dato generale non sembra tanto diverso da quello francese e suona come un forte avvertimento che viene dai cittadini ai partiti: cambiate registro. In quale direzione il voto (e il non voto) non lo dice in maniera esplicita, ma la vittoria di un movimento come quello di Grillo non rappresenta certo un bel segnale di dove si vorrebbe andare. Soprattutto non in Europa.

E l'Europa (questa Europa?) appare forse come la vera sconfitta di queste elezioni.

 

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