"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Il nostro debito verso la Grecia

Aristotele
di Michele Nardelli

(17 giugno 2012) Che cosa accade se in Grecia vince Syriza? Non conosco abbastanza bene questo partito-coalizione (se non per la sua storia legata al Forum sociale europeo) per poter esprimere un'opinione ponderata. Ma in cuor mio spero che ce la faccia.

Devo dire che non mi è piaciuto affatto il terrorismo psicologico che si è fatto in nome della stabilità e del mantenimento degli accordi con la BCE e con l'Unione Europea. E al tempo stesso spero maturi in quell'ambito politico un pensiero che vada oltre la difesa degli interessi delle categorie sociali che si sentono minacciate dai tagli imposti dai
burocrati del pensiero unico.

L'idea che i patti lacrime e sangue imposti alla Grecia possano essere rinegoziati, non mi pare affatto fuori dal mondo. Vorrei pensare alla Grecia come ad un laboratorio politico, economico e sociale che prova a seguire un'altra strada, fatta certo di rigore e di austerità, ma anche di fantasia e di piena valorizzazione di ciò che quel paese rappresenta sotto il profilo storico, culturale, ambientale, turistico... ovvero economico,
considerato che tutto ciò può rappresentare un elemento di grande unicità e dunque condizione per una propria forte identità economica.

E il debito? Direi che si potrebbe rovesciare lo sguardo. Tutta l'Europa deve molto alla Grecia. Si tratta della culla della civiltà occidentale verso la quale abbiamo un debito immenso. E' irragionevole che l'Europa se ne faccia carico - in una condizione straordinaria come quella attuale - per azzerare/colmare/rinegoziare il debito? Perché verso questa parte d'Europa che, non dimentichiamolo, ha subito più di altre gli effetti del Novecento (per responsabilità della Germania, dell'Italia e da ultimo degli Stati Uniti) non si possa mettere in campo un piano eccezionale dove sia la politica, e non i banchieri, a dettare le regole? Perché non dare una chance alla Grecia nell'attivare un progetto fondato sulla ricchezza di quel paese e sulla motivazione delle sue risorse umane?

La Grecia è un paese di poco più di 11 milioni di abitanti, poco più del 2% della popolazione dell'Unione Europea. E' mai possibile che il pensiero della Commissione o dei capi di stato e di governo dei 27 sia così arido da non immaginare che per un paese come la Grecia non si possa mettere in atto un piano di aiuti che non rappresenti una spada di Damocle sulla sua popolazione? Il debito pubblico della Grecia ammontava nel 2010 a 329 miliardi di euro. Non è una sciocchezza, certo, ma nemmeno una cosa insormontabile se pensiamo che il debito dei paesi della zona euro era nello stesso anno di 7.822 miliardi.

O qualcuno ha paura che questo possa aprire gli occhi ad una opinione pubblica (e ad una politica) talmente subalterna al pensiero unico della finanza globale da nemmeno immaginare una strada di azzeramento dell'immenso casinò nel quale siamo tutti finiti?

Mentre scrivo questi appunti, gli elettori greci decidono del loro destino, ma in un contesto europeo e in un tempo interdipendente il loro voto ci riguarda. Per questo mi auguro che Syriza vinca le elezioni e che si apra in quel paese (e in Europa) una stagione davvero nuova perché capace di fantasia e di responsabilità.

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Michele il 18 giugno 2012 09:37
    Caro Franco, la tua analisi è molto lucida e la condivido. Se questo è quel che sanno fare i tecnici non andremo lontano. Al tempo stesso gran parte della politica purtroppo altro non sa fare che assecondare gli umori, incapace di visione e di uscire dal vecchio schema dello sviluppo senza limiti. Occorrono nuove idee, ma i laboratori sono rari e quelli che ci sono come il Trentino sembrano piuttosto affaticati, anche qui in mancanza di ossigeno e di fantasia. Preferiamo le scorciatoie e l'affidarci ai salvatori della patria, piuttosto che alla fatica dello studio e della ricerca, della proposta alta e della mediazione. Cioè della politica (quella buona, s'intende). A questa cerco di dedicare il mio tempo. Ma non sono ottimista.
  2. inviato da franco il 17 giugno 2012 18:34
    Io sono molto preocupato anche per il futuro del mio paese, l'Italia. Sono un semplice pensionato ed al momento la crisi mi tocca relativamente, ma vedo che siamo tornati al punto iniziale della crisi quando era stato necessario affidare a Monti il Governo del paese. Se dopo vari mesi di tentativi siamo tornati di nuovo al punto di partenza col governo tedesco che non cede di una virgola il segnale è pessimo. I tedeschi non vogliono che le proprie banche perdano gli euro prestati alla Grecia, non vogliono che con gli eurobond ci sia una comune partecipazione ai costi di finanziamento degli stati sovrani, ma allo stesso tempo loro che non ne hanno bisogno vedono arrivare a casa propria vagonate di euro dei riaparmiatori europei impauriti, vedono che i loro bund vengono acquistati ad interessi praticamente zero finanziandosi così senza costi mentre noi e la Spagna (senza parlare della Grecia) dobbiamo pagare interessi dal 6 all'8% che significano finire inevitabilmente in default.
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