"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Pensieri e parole per abitare il presente

Summer school

Questo intervento è apparso in prima pagina del quotidiano L'Adige di oggi

di Michele Nardelli e Fausto Raciti *

(23 agosto 2013) "Territoriali ed europei". S'intitola così la Scuola estiva che prende il via oggi pomeriggio al Monte di Mezzocorona per iniziativa dell'associazione culturale "Politica responsabile" e dei Giovani Democratici. L'obiettivo è ad un tempo semplice ed ambizioso: interrogarsi e cercare le parole.

Porsi le domande sulle grandi questioni del nostro tempo, sull'economia devastata dalla sua dimensione finanziaria, sull'uso e sulla distribuzione delle risorse a fronte di un pianeta che fra non molto sarà popolato da 9 miliardi di esseri umani che rivendicheranno pari dignità, sulla sostenibilità di modelli di sviluppo che nemmeno si pongono il tema del limite, sul ruolo degli stati nazionali a fronte di un contesto sempre più interdipendente, sul carattere ambivalente delle identità culturali nel loro difficile equilibrio fra modernità e tradizione.

E, per altro verso, sul significato che in un contesto del genere assumono parole come progresso, sviluppo, pace, sicurezza. Parole che hanno smarrito il messaggio evocativo che nel tempo avevano assunto, rese sterili dall'uso banale che se ne è fatto allorquando il progresso degli uni è diventato l'esclusione di altri, l'illimitatezza dello sviluppo ha alterato gli ecosistemi, in nome della pace e della sicurezza si sono riempiti gli arsenali e si sono giustificate le guerre.

E' nostra convinzione che alla radice della crisi della politica ci sia in primo luogo proprio la necessità di interpretare un tempo nuovo, che richiede chiavi di lettura e strumenti diversi da quelli sin qui utilizzati. In altre parole la necessità di capire la portata delle trasformazioni cui assistiamo e gli strumenti che la politica si dà per evitare che sia il mercato (e i poteri forti) a governare i processi del presente.

Per fare questo è necessario in primo luogo "darsi il tempo". Lo spazio del pensiero, della riflessione, della parola di fronte al delirio di un "fare" che rincorre gli avvenimenti ed improntato sulle emergenze. In questo senso la politica deve ritornare ai fondamentali, smarcandosi da un'agenda dettata da chi ai grandi temi del presente ha dato risposte demagogiche e basate sulla paura ma che pure hanno saputo tenere in scacco questo paese per vent'anni. E da chi ne è stato subalterno. Come è ovvio le risposte alle domande possono essere diverse, ma questo dovrebbe essere il senso di una dialettica politica vera, dove cercare punti d'incontro e sintesi costruttive.

In secondo luogo è necessario chiedersi se la "forma partito", come fino ad oggi l'abbiamo conosciuta, sia ancora in grado di interpretare questo ruolo di sintesi o non occorra invece anche in questo caso riflettere e cambiare. Riflettere sul fatto che i partiti sono progressivamente diventati macchine elettorali piuttosto che luoghi di conoscenza e di organizzazione delle idee in grado di stare nei processi reali. Se questa capacità di interagire con i cambiamenti sociali non sia stata sostituita dalle indagini demoscopiche, riducendo la proposta politica a marketing commerciale. E soprattutto se l'agire politico dei partiti nazionali non sia fuori scala rispetto al fatto che la cifra del tempo - dell'economia come dell'ambiente, della comunicazione come della cultura - sia sempre più sovranazionale e ad un tempo territoriale. Sarebbe anche il caso di riflettere su un Novecento dove l'eterogenesi dei fini ha avuto nella "forma partito" - nel sovrapporre e confondersi fra partito e stato - uno dei fattori più micidiali nel trasformare il sogno in incubo. Ma questa è una storia a parte.

Se dunque le forme della politica non debbano assumere sempre più un carattere territoriale, all'insegna del "pensare da sé" di cui parlava Hannah Arendt, e insieme sovranazionale, immaginando reti di dialogo e di iniziativa politica a "geografia variabile" (dolomitica, alpina, adriatica, mediterranea, europea...). In altre parole, come titola la Summer school, immaginandosi territoriali ed europei.

La politica deve sapersi ripensare, tanto nelle idee come nelle forme. Per quanto ci riguarda richiede la ricerca di pensieri originali nei quali declinare le grandi istanze egualitarie e libertarie del passato con i possibili itinerari di un nuovo umanesimo in dialogo con gli altri esseri viventi e con la natura. Nel far riconnettere i territori e la politica, le "terre alte" e le "terre sole" con le aree metropolitane, un progetto di forte coesione sociale in un paese e in un'Europa piegate dagli egoismi e dalle lobby finanziarie.

Nella tre giorni che da oggi a domenica vedrà impegnate persone provenienti da varie regioni italiane, incrociando sguardi e generazioni, di tutto questo parleremo. Che lo spunto venga da una terra che in questi anni ha saputo resistere alle dinamiche dello spaesamento e della paura, non crediamo sia affatto casuale.

Michele Nardelli, consigliere provinciale del PD

Fausto Raciti, portavoce nazionale dei Giovani democratici

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Ciro il 26 agosto 2013 23:07
    Auguri (e complimenti) per la bella iniziativa sul Monte di Mezzocorona.

    Un abbraccio
  2. inviato da Claudio il 26 agosto 2013 17:57
    Caro Michele grazie dei vari inviti che mi hai girato.
    Ho visto solo ora da pc le mail che hai inviato. Non sarei potuto intervenire visto che mi sono goduto un po' la famiglia nel mio buen retiro veneziano ma anche per limiti tecnologici sto utilizzando questo nuovo indirizzo mail.
    Ho letto con grande interesse il tuo bilancio di legislatura (dovrò approfondire il tema certificazione delle competenze) così come mi ha fatto piacere aver partecipato ad alcuni dei momenti di riflessione che hai organizzato in quest'ultimo anno. Apprezzo davvero la tua capacità di far corrispondere agli ideali di cui sei portatore quella politica del fare di cui oggi forse si è fatto uno slogan da prima pagina ma in cui io credo fortemente.
    Ce lo diciamo sempre ma penso che la funzione e il valore della nostra autonomia stiano proprio nel riuscire a proporre idee nuove che riescano a tradursi in politiche e modelli innovativi, tanto in economia quanto nel sociale; passare dalle buone idee a dei modelli che funzionino costa fatica, lavoro e magari richiede anche qualche errore che solo chi ha i capelli grigi (e beato chi li ha!!) sa di aver commesso.
    Non ti annoio oltre, e lungi da me "lisciarti il pelo" (come diresti tu), se ti va di invitarmi anche in futuro mi farà molto piacere.
    In bocca alla lupo per la tua riconferma nel prossimo Consiglio.

    Claudio
il tuo nick name*
url la tua email (non verrà pubblicata)*