"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Tanto per capirci non credo all'autoriforma di questa politica, ma sono altrettanto consapevole che quel rovesciamento debba trovare nella politica occhi attenti a quel che di prezioso prende corpo fuori o, meglio, ai margini della stessa.
Gli occhi attenti a cui pensavo erano quelli del presidente nazionale dei Giovani Democratici Fausto Raciti, con il quale abbiamo avviato da qualche mese un dialogo politico a tutto campo, oltre la stessa scuola di formazione politica “Territoriali ed europei” rispetto alla quale stiamo peraltro lavorando per una seconda edizione primaverile.
Comuni amici insistono sull'utilità di un incontro con Stefano Fassina, per cercare di capire che cosa intenda quando si propone una riorganizzazione delle fondamenta della sinistra italiana e, analogamente, con Goffredo Bettini che del PD è stato uno dei fondatori (era coordinatore della segreteria Veltroni) e che ha mantenuto un suo profilo sopra le correnti quand'anche nell'ultimo congresso alla fine abbia sostenuto Matteo Renzi.
Avrei voluto incrociare lo sguardo con Giulio Marcon, oggi deputato indipendente di SEL, e non solo per cercare di capire quel che accade in quell'ara politica che in molti danno ormai come destinata a confluire nel PD. Giulio non è certo persona di partito, un pensiero libero con il quale ho spesso condiviso sensibilità e impegno nell'arcipelago per la pace e dintorni.
Avrei voluto intrattenermi anche con Lorenzo Dellai, un po' perché non ne sta imbroccando una di giuste (e questo non aiuta nessuno), un po' per vedere che fine ha fatto l'idea del “partito territoriale” che pure in passato abbiamo condiviso, rimasta sulla carta per svariate ragioni, non ultima il fatto che proprio l'ex presidente si è fatto prendere dalle contingenze politiche che lo hanno portato di volta in volta ad abbracciare Montezemolo, Monti ed oggi quel neopopolarismo che Casini sta cercando di traghettare verso Berlusconi. Infine perché considero Lorenzo Dellai uno degli artefici dell'anomalia politica trentina di cui già oggi si comincia ad avvertire lo scricchiolio. Il non averci investito a suo tempo, il continuo rincorrere delle emergenze politiche, infine l'insano intreccio fra progettualità politica e destini personali non hanno certo aiutato a far crescere quell'ipotesi di ristrutturazione del quadro politico.
Avrei infine voluto confrontarmi con gli amici impegnati nell'associazionismo politico e culturale con cui in questi anni abbiamo scambiato i nostri pensieri (penso a Silvano Falocco e gli amici della Scuola Danilo Dolci di Roma) per cercare di comprendere se anche qui si sta muovendo qualcosa e per condividere il percorso che vorremmo intraprendere per raccontare un paese che è cambiato e sta cambiando, fra consuetudini culturali e nuovi codici rappresentativi, ma anche fra privilegi scambiati per diritti e stili di vita considerati non negoziabili...
Invece ho rimandato il tutto. Quasi a trovare, di giorno in giorno, un buon motivo per rimanermene qui. La forte influenza che mi sta tormentando da oltre una settimana mi ha come aiutato a togliermi le castagne dal fuoco perché in cuor mio so bene che quel che vado cercando è merce rara e ogni volta ritorno dalla capitale con la sensazione di ritrovarmi con le pive nel sacco.
So bene quanto il pensiero federalista ed europeo faccia fatica – oggi come ieri – a trovare rappresentazione. Quanto sia ancora lontano dalla realtà quello sguardo insieme territoriale e sovranazionale, capace di fare propria la cultura del limite e di almeno provare un approccio nonviolento anche nelle forme dell'agire politico in genere così violente.
Mi sono dato tre o quattro anni di tempo per un'“azione parallela” che si propone di dar vita a laboratori locali, reti formative, nuove narrazioni... Dentro e fuori della politica, rispettando le sensibilità e l'impegno di ciascuno. Anche in Trentino. E' un tempo disteso, quasi naif rispetto alle leggi mediatiche della politica, ma non è detto che siano da escludere accelerazioni. Perché a ben guardare penso che la politica saprà comunque trovare idee e modalità per rinascere su basi diverse da quelle che offre l'attuale mercato politico. Se non dovesse accadere, il “finale di partito” rischia di sommergerci tutti.
In ogni caso credo proprio che a breve a Roma ci andrò.
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