"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Il Corriere del Trentino di oggi propone un editoriale del suo direttore sul tema del conflitto che ho pensato di riprendere.
di Enrico Franco *
Viviamo in una società da un lato anestetizzata, dall’altro esacerbata. Oscilliamo cioè tra l’indifferenza e la «guerra» praticata per motivi più o meno gravi se non futili. Ci si accoltella per una partita di calcio e si continua a prendere la tintarella in spiaggia a un metro dal cadavere appena riportato a riva. In Trentino gli estremi sono attutiti, tuttavia si possono cogliere ugualmente. Anche nella politica, lo ha notato pure Dellai, riscontriamo enormi contraddizioni. Troppi vagheggiano, qui come a Roma, la fine della distinzione tra destra e sinistra, ma sul riconoscimento di elementari diritti civili si scatenano battaglie campali. Altro esempio può essere il trasloco nel partito del governatore di chi, solo alla fine dell’anno scorso, si era fatta eleggere sotto il simbolo del movimento anti-sistema per eccellenza.
Si confonde la liquidità decantata da Zygmunt Bauman con l’ambiguità. Manca il coraggio di fare i conti con la realtà, di guardare in noi stessi, di spenderci in un impegno costruttivo. Un simile atteggiamento può sfociare nell’indifferenza come nella guerra, perché in entrambi i casi non siamo disposti a faticare per trovare una soluzione vera, che quasi sempre è frutto di una mediazione, dell’incontro di più ingredienti. O ce ne freghiamo, scusatemi l’espressione, o imponiamo il nostro esclusivo punto di vista.
Dovremmo allora rivalutare la sana arte del conflitto, come ci suggerisce l’ultimo prezioso saggio di Ugo Morelli. Perché il conflitto — avvisa il titolo del libro edito da Città Nuova — è generativo quando ben incanalato. Poche sere fa se n’è discusso, a Villa Lagarina, con l’autore e con tre intelligenze che credono nella politica: Mauro Gilmozzi, Serena Giordani e Michele Nardelli. Ossia l’assessore provinciale che vuole bilanciare gli interessi di città e valli; l’assessora comunale che, nella professione di insegnante, si confronta con l’esuberanza giovanile; l’ex presidente del Forum della pace che ha conosciuto sul campo il dramma della guerra vera.
Un dibattito intenso, impossibile da sintetizzare in poche righe. Ma forse, su tutto, un messaggio ha prevalso. Affinché il conflitto sia generativo occorre che le parti lo accettino, dunque che si mettano in gioco. Che siano disposte a vedere le ragioni dell’altro, ad ammettere i propri errori, a compiere un passo indietro. È poi necessario fare i conti con il fattore tempo: raggiungere un punto d’incontro può richiederne parecchio, ma i rinvii troppi lunghi radicalizzano le ferite. Chi ha orecchie per intendere — soprattutto nel Palazzo, ma non solo — per favore intenda.
* dal Corriere del Trentino del 30 novembre 2014
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