"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Il nodo da sciogliere della politica italiana

di Michele Nardelli 

L'intervista dal titolo "Servono nuovi compagni di strada" uscita su "L'Espresso" di questa settimana sintetizza le cose che Lorenzo Dellai va dicendo da tempo. Ma è forse la prima volta il presidente della Provincia autonoma di Trento si propone a leader di un percorso politico che parte dai territori piuttosto che dal centro, indicando "uno schema di gioco" diverso, in grado di "fare quello che ancora non c'è". 

Dellai parla esplicitamente di una nuova area politica, un centro riformista capace di recuperare l'idea degasperiana del centro che guarda a sinistra, ma coniugata con le istanze che vengono dai territori, rovesciando quella che chiama «l'illusione bipartitista che vede come un pericolo tutto ciò che è fuori dal PD» ma anche la "logica tutta romana" e dunque "mediatica e centralistica" che ha segnato la nascita del PD.

Dellai tocca corde che sento vicine. E che non riguardano più di tanto lo schierarsi fra Bersani e Franceschini, quanto il fatto che nella cultura politica del centrosinistra la cultura federalista ancora fatica a trovare casa. Se ne parla talvolta nei documenti, ma poi tutto ritorna nei vecchi schemi come si trattasse di un corpo estraneo che viene sistematicamente rigettato. Un centralismo che non investe solo il modo di intendere l'agire politico, segnandone la verticalità, ma il modo di pensare, l'orizzonte politico incapace di andare oltre lo schema dello stato-nazione, che rende difficile la connessione fra locale e globale, che guarda all'Europa ma che non riesce ad assumere un pensiero europeo e per ciò stesso federalista.

Eppure sono convinto che il nodo da sciogliere della politica italiana abiti proprio qui, nella capacità di interpretare i territori nella loro difficile ricerca di uno spazio di dignità e riscatto rispetto alle dinamiche di spaesamento indotte da un mondo sempre più globale ed interdipendente ma anche a quel che una politica poco incline a mettersi in gioco nei contesti più diversi e capace di autonomia di pensiero ha fatto di loro.

Qualche settimana fa, lungo i tratti della Salerno - Reggio Calabria che percorrevo a ritroso per qualche giorno di vacanza strappato all'impegno politico istituzionale, nel non riuscire a riconoscere tratti di costa che erano rimasti nel mio immaginario, avvertivo l'urgenza di questo riscatto ma anche l'irriducibilità di questa istanza nel vecchio schema politico. Non c'è solo una "questione del nord" come l'hanno posta Massimo Cacciari ed altri in questi anni, c'è anche e forse prima ancora (come cosa mai realmente risolta in questo paese) una "questione meridionale" che non è riconducibile al binomio "sviluppo-sottosviluppo" ma a qualcosa di ben più profondo e che pure Gramsci come Salvemini avevano compreso. Che non si risolve, è lo schema che ancora prevale anche nelle scelte del Governo Berlusconi, con le grandi opere bensì con un nuovo approccio capace di individuare i punti di forza (e di debolezza) in contesti dove la natura e la storia indicano straordinarie potenzialità. Che vuol dire investire nella dignità, nei saperi e nella responsabilità.

Quando Giuseppe De Rita al Festival dell'Economia a Trento parlava della necessità di ripartire da una "cultura terranea" credo intendesse proprio questo. Parlava del suo peregrinare lungo le strade provinciali per riscoprire lì le energie vitali di un possibile riscatto, morale ancor prima che economico.

La penso proprio così, ma di questo non trovo traccia nelle mozioni congressuali. E credo che l'essenza della proposta di Dellai non riguardi solo il soggetto politico "del centro che guarda a sinistra", riguarda la politica nel suo insieme, riguarda il PD, riguarda una sinistra incapace di uscire dallo schema novecentesco. Investe la capacità di sguardo e di fantasia della politica.

E' contro questa politica chiusa nella propria autoreferenzialità che si scontra la stessa proposta di Dellai. Difficile trovare nei partiti che ci sono questa sensibilità, altrettanto difficile che nei territori si provi ad immaginare la politica a partire dal proprio contesto, anche perché chi ci ha provato in questi anni l'ha fatto sull'onda della Lega, contrapponendo il particolare al generale, coltivando paure ed egoismi. Ciò nonostante, sono convinto che questo sia il complesso crinale da percorrere. E che il tentativo di Dellai sia utile per riaprire una situazione politica altrimenti destinata - non solo al Nord - alla marginalizzazione del centrosinistra.

 

Il testo integrale dell'intervista a L'Espresso

 

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