"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Il maggiore dei mali

da Greenpeace

«La maledizione di vivere tempi interessanti» (135)

La grande sete della Sicilia e la nostra normalità

di Francesco Picciotto

In questo tempo assurdo ed inquietante molti di noi cominciano a porsi, come fossero mantra, come fossero auspici, interrogativi inquietanti ed assurdi: “ma una cosa esclude l’altra?”, “ho ancora un ruolo su questo pianeta oppure è meglio ritirarmi in pace da qualche parte?”, “devo proprio trovare l’indirizzo da apporre alla mia personalissima busta?”, e infine “quale è il minore dei mali?”. Ognuno di questi interrogativi meriterebbe una discussione approfondita, un articolo, una chiacchierata fra amici, meriterebbe di diventare la trama di un film. Eppure io credo che in questa mia isola triangolare, per sua stessa natura, per nostra stessa natura, si tende a porsi sempre al di là della normalità e in questo caso un po’ oltre ciò che per gli altri è assurdo, ciò che per gli altri è inquietante. Infatti in questo luogo e in questo tempo io credo che la vera domanda sia: “quale è oggi e qui il maggiore dei mali?”. Non è una domanda che pretende una risposta efficace, è piuttosto un modo per restare all’inferno nella speranza di essere un po’ distanti dal nucleo ardente, una maniera per restare grigi che è un colore non certamente simile al bianco ma sicuramente molto diverso dal nero, una strategia per dire ancora una volta “non è colpa mia”.

E allora in questa terra che fra poco brucerà (ma perché non sta già bruciando?), in questa terra che fra poco resterà senza acqua (ma perché non stiamo già morendo di sete?) la domanda diventa importante, addirittura dirimente, anche senza la speranza di una risposta risolutiva.

Sono forse i cambiamenti climatici il peggiore dei mali?

Nei dati che con una freddezza disarmante mensilmente il SIAS (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano) ci trasmette è contenuto il maggiore dei mali? La percezione chiara di una situazione climatica che in “appena” venti anni è completamente cambiata passando dalle due “sciroccate” estive (le chiamavamo così quando non sapevamo ancora che si trattava dell’anticiclone africano che timidamente e sporadicamente contendeva il campo all’anticiclone delle Azzorre) a un incremento anomalo delle temperature e un decremento altrettanto anomalo dell’umidità su base mensile prima e adesso su base bisettimanale e che si esprime attraverso un andamento sinusoidale facile da vedere per chi ha voglia di farlo, è questo il male maggiore?

Oppure il male maggiore è la mancanza d’acqua? La condizione disperata di tutte le nostre riserve idriche, la ricerca assurda di fonti alternative come se nelle falde e nei pozzi l’acqua arrivasse da un altro pianeta e non dall’unico ciclo che governa l’acqua su questo pianeta, il risentire parlare dopo anni di dissalatori, i bacini ridotti a pozzanghere di fango e le istituzioni che brancolano anche solo attorno al problema del “dove mettiamo tutti i pesci quando avremo raschiato il fondo delle dighe?”, Sono forse questi i mali maggiori?

O il male maggiore sta nella frase che tutti continuano a ripetersi: “oltre il 50% delle risorse si perdono all’interno di sistemi di adduzione che non sono stati manutesi da anni” non sapendo, o facendo finta di non sapere, che per risistemare a questo punto anche solo il sistema di distribuzione della Piana di Catania ci vorrebbe una cifra che si aggira attorno ai 4 miliardi di euro?

Forse il male maggiore sta in un’agricoltura e una zootecnica che scoprono solo oggi la crisi idrica? Lo stesso comparto che si trascina dietro da decenni contraddizioni che vanno da una tropicalizzazione delle produzioni senza un governo né un indirizzo, fino a un accanimento terapeutico nei confronti di prodotti che sono già defunti ben prima che la crisi idrica li mettesse ulteriormente alle corde?

E se il male maggiore fosse nascosto dietro ad opere pubbliche progettate e realizzate come se vivessimo in un altro il luogo, in un altro il continente, in un altro tempo? Fontane spettacolari che per mesi tengono banco al centro dell’immaginario collettivo di un’intera città, riempite con centinaia di metri cubi di “acqua per uso idro potabile”, raddoppi ferroviari di importanza “strategica” per i quali ci accorgiamo adesso che non c’è più l’acqua per fare funzionare le “talpe” che dovranno scavare chilometri di gallerie (il tutto accanto ad un’autostrada, quasi per intero su viadotto che corre su uno dei fiumi più importanti della Sicilia, come tanti oramai scomparso, per la quale non avremo mai le risorse economiche necessarie per recuperarla e renderla nuovamente ed effettivamente percorribile), per tacere di incredibili (letteralmente) “collegamenti stabili Messina-Reggio Calabria” (che cosa meravigliosa sono le perifrasi) o di fondamentali osservatori astronomici che ci salveranno dalla sorte toccata ai dinosauri?

Oppure il male maggiore sta negli incendi che nel 2023 hanno distrutto oltre 50.000 ettari su base regionale e oltre 20.000 ettari di aree naturali protette? O nel fatto che per la prima volta a memoria d’uomo gli incendi non hanno mai smesso di colpire neanche durante il periodo invernale?

Io credo che nessuno di questi sia il male maggiore. Credo che il male maggiore stia nella “normalità” che mi circonda, in una umanità che abita questa isola e che si prepara a vivere in perfetta inconsapevolezza l’ennesima estate vacanziera. Credo che il male maggiore stia in un incredibile meccanismo di rimozione che riguarda la maggior parte delle persone di questo posto e che le porta a dire: “si troverà una soluzione...forse pioverà...ma figurati se non superiamo anche questa crisi...se non troviamo una soluzione anche a questo problema”. Credo che il male maggiore stia ancora una volta nel nostro cercare il “mostro” (che però questa volta ci sfugge nella sua generalità anche se ancora riusciamo ad intravederlo nel “terribile piromane” o nel “infingardo politico” di turno) che da solo porterà sulle spalle tutto il male del mondo e, d’altra parte, il “santo”, del quale non saremo mai all’altezza, ma che ci salverà quanto finalmente l’acqua finirà di arrivare alle nostre case, agli ospedali, nelle campagne e perfino nei tanto amati centri commerciali. Il male maggiore sta ancora nel fatto che in questa terra siamo tutti estremamente furbi con la differenza che, mentre in altri luoghi quando si smette di essere furbi è perché si è fatta una cazzata e quindi si transita direttamente nella categoria dei coglioni, in questa terra si smette di essere furbi per transitare nella sfera degli “sfortunati”. E quando domani faremo la fila, con bidoni e contenitori di vario genere in mano (è già successo diverse volte ma anche questo, come tutto il resto, lo abbiamo rimosso) davanti ai silos posti agli angoli delle strade, è di sfortuna che parleremo con gli altri in fila, di quanto ignobili e delinquenti sono quelli ai quali attribuiremo la responsabilità di tutto questo, che in nessun caso siamo noi: povera, assetata, brava e sfortunata gente.

 

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Emilio Gottardo il 18 giugno 2024 00:54
    Forse solo alla fine di tutto quello che scrive Picciotto, che ci accorgeremo che l'acqua non si fa in fabbrica né, a sufficienza x 5 milioni di siciliani, con i dissalatori.
    Qui è un'intera società che deve mettersi in discussione, con pacatezza e unità, isolando il malaffare, e ricercando, se mai le ha avute, le ragioni di una convivenza possibile; siamo tutti alla ricerca di nuovi paradigmi di convivenza, anche in Friuli, xché la transizione energetica e quella determinata dall'IA ce lo impongono.
    Mentre l'energia la possiamo fare, l'acqua NO.
    Non ce nulla da aggiungere.
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