"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Oltre i rituali e la retorica

Cimitero Sarajevo

di Giuseppe Ferrandi

Istituzioni e parlamenti del mondo hanno scelto il 27 gennaio per ricordare la Shoah. Quel giorno di sessantacinque anni fa, e si va quindi al cuore dell'inverno 1945, le truppe sovietiche arrivarono di fronte ai cancelli di Auschwitz ed entrarono nel principale dei campi di sterminio, in una fabbrica della morte che era stata progettata e costruita dai nazisti per rendere efficiente ed economizzare lo sterminio dei propri "nemici". Nemici da annientare, individui giudicati indegni di esistere, popoli che avrebbero dovuto essere eliminati per fare spazio ad una razza superiore.

Auschwitz, come noto, è in Polonia e in quell'area dell'est europeo si trovava la più alta concentrazione di ebrei e di "nemici" del Reich. Un pezzo di Europa dove l'antisemitismo si è radicato nei secoli in profondità. La "fabbrica" venne quindi collocata in prossimità di "grandi depositi" di materie prime e dove le condizioni sociali e culturali erano assolutamente favorevoli.

Richiamo esplicitamente la "razionalità" di matrice economica dei nazisti proprio perché il Giorno della memoria non perda di significato e profondità. Credo che tutti avvertiamo il rischio di trasformare questa data dedicata alla memoria della più terribile pagina di storia mai scritta ad un'operazione di semplice commemorazione, ad un rituale i cui elementi, tutti rigorosamente collaudati e carichi di buoni sentimenti, vengano stancamente riproposti.

A questo si aggiunge un rischio di overdose da memoria, termine fortunato ma che è anche dotato di una certa ambiguità.

La storia di Auschwitz, proprio nella sua funzione di fabbrica della morte e di simbolo doloroso del Novecento, è un buon antidoto. Mi verrebbe voglia di dire: più storia, e quindi interpretazione critica del passato e di ciò che è accaduto, per poter fare memoria in modo adeguato. Per agire in profondità sulle coscienze, per inquietare, per sollevare nuovi interrogativi. Per obbligare i destinatari di questa Giornata a reagire alla storia e ad essere protagonisti attivi della costruzione della memoria.

 

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