"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(31 agosto 2011) Mentre scrivo si sta dando l'ultimo saluto a Stefano Piffer, che a cinquantaquattro anni ha deciso di averne abbastanza di questa vita.
Ho conosciuto Stefano durante uno dei miei viaggi in Bosnia Erzegovina, compagno di viaggio inquieto, curioso e sensibile. I suoi colleghi di lavoro alla Biblioteca civica di Rovereto lo hanno ricordato come uno dei personaggi che animano le storie di Fabrizio De André, rintracciabili - con tutta la loro umanità - nelle carte dei numerosi archivi da lui riordinati.
Era proprio così Stefano, una delle creature che Fabrizio avrebbe potuto collocare in una moderna Spoon River di chi, irriducibile nel suo istinto di libertà, fatica ad abitare un presente all'insegna dell'ipocrisia e della banalità.
Lo ricordo girovagare con la sua macchina fotografica fra le case bruciate nei villaggi intorno a Prijedor, quasi a sfidare i rischi che quei ruderi potevano nascondere. Improvvisamente spariva. E credo che questo riflettesse il suo stato d'animo, tanto da ritornarci in quei luoghi per conto suo. Ad indagarli come fosse una terapia dello spirito.
Macerie su macerie. Un peso non più sopportabile. Che almeno ora tutto possa esserti più lieve, caro Stefano.
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