"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Un interprete di questo tempo

tunnel

di Michele Nardelli

(5 aprile 2012) Dopo Berlusconi, anche Bossi è costretto a farsi da parte. La sua vicenda sembra finire nel peggiore dei modi, vittima di quella stessa questione morale che negli anni '90 ne aveva favorito l'ascesa.

Umberto Bossi, al di là delle apparenze, non è stato affatto un fenomeno da baraccone. Grazie proprio all'intuizione del suo padre padrone, la Lega ha rappresentato in questi anni un fatto politico moderno, capace di interpretare forse più di ogni altro questo improvvido tempo.

Il tempo dello spaesamento, il tempo della solitudine sociale, il tempo del rancore, il tempo dell'egoismo, il tempo del disprezzo verso la cultura. La Lega ha saputo parlare alla pancia di una società che andava perdendo rapidamente i propri riferimenti sociali e culturali, in piena sintonia con la "locanda" delle volgarità e dell'invidia. Chi votava Lega era in larga parte la povera gente.

Sta qui la sua modernità. Nella crisi dei corpi intermedi, nel venir meno dei riferimenti culturali tradizionali, nel diffondersi della paura verso un futuro incerto che nell'immaginario collettivo è fatto di immigrati oggettivamente contingui ai soggetti più deboli... e infine nell'incapacità della sinistra di proporsi con un'altra narrazione, la Lega ha saputo sfondare nelle città del nord e nell'elettorato tradizionale della sinistra, proponendo slogan forti che suonavano facili e comprensibili nella loro devastante e paranoica disumanità.

Per vent'anni hanno seminato odio e rancore. Quando la locanda è andata al potere hanno saputo essere più di altri movimento di lotta e di governo. Sparando a zero contro la politica pur essendo al potere. Operazione magistrale. Incrinata solo dall'Europa quando di questo progetto politico si è intravista l'efficacia. E da una crisi globale che ha fatto saltare il banco. 

C'era anche un terzo fattore, fino a poco tempo fa sostanzialmente trascurato. La classe dirigente della Lega non era diversa dalle cose che andava dicendo, cavalcando gli umori e la facile demagogia. E così le forme degenerative della politica hanno potuto facilmente attecchire, il delirio di onnipotenza dell'alleato contagiarla sul piano della sete di potere, degli affari e dei privilegi. L'assenza di cultura istituzionale e di valori ha fatto il resto.

Non c'è nulla da festeggiare. Figlia di un tempo - la Lega - che non è ancora finito. Per questo non dovremmo fare l'errore di pensarla al passato.

 

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