"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Uno sguardo sul futuro

Autonomia

di Vincenzo Calì

(26 febbraio 2013) 28 piovoso dell'anno CCXX1. Il ricorso all'antico calendario rivoluzionario introdotto  dalla convenzione nazionale francese non appaia fuori luogo:  la situazione oggi in Italia presenta diverse analogie con quella lontana stagione: non siamo in guerra, ma a fronte della  grave crisi economica che non accenna a passare, dopo il voto ci si presenta questo scenario: espletati i primi adempimenti (elezione dei presidenti di Camera e Senato e insediamento di un governo di salute pubblica) l'assemblea composta dai mille grandi elettori dovrà procedere all'elezione del Presidente della Repubblica.

Oggi, dopo un risultato che vede il Movimento 5 stelle affermarsi come il primo partito italiano, mettere d'accordo i mille elettori per avere la fumata bianca appare impresa ardua, se non impossibile: si può immaginare che di fronte a proposte inconciliabili(incoronare a vita Re Giorgio Napolitano o scegliere fra  Silvio Berlusconi, Dario Fo e Rosi Bindi) l'assemblea dei grandi elettori, non trovando  al suo interno un Sandro Pertini dal polso fermo capace di sbloccare la situazione, rimarrà convocata ben più a lungo di come avvenne negli anni sessanta (sarà gatto o sarà leone?) e finirà per gettare la spugna. Con Napolitano in prorogatio si tornerà così a votare, per la mancanza del tempo materiale di legiferare, con l'attuale orrendo "porcellum". 

Ci troveremo così molto probabilmente con  gli eletti della futura  tornata che saranno il frutto di alchimie politiche, non scelti attraverso vere primarie, non in grado di adempiere ai compiti che saranno ancora sul tavolo (ad esempio: regionalizzazione dello Stato, abolizione delle provincie, sistema semipresidenziale alla francese, nuova legge elettorale a doppio turno, disciplina del conflitto d'interesse, ecc. ecc.). A quel punto, con il  protrarsi della situazione di stallo, non ci sarebbe un terzo appello ma la palla passerebbe in mano ai sanculotti...

In questo quadro dove va a collocarsi il Trentino? Spicca la diversità del nostro caso, dove la pattuglia dei senatori e deputati eletti, proseguendo la consolidata tradizione locale della formula di governo di centrosinistra autonomista, potrà finalmente proporsi come portatrice di una riforma di tipo federale, capace di agganciarci solidamente all'Europa.

A supporto dell'azione parlamentare dei nostri eletti risulterà necessario costituire un soggetto politico territoriale che, pur sottoscrivendo un patto con la casa madre del Partito democratico, mantenga libertà di azione politica. Il tempo stringe, visto l'approssimarsi delle elezioni autunnali; solo un congresso straordinario promosso dal PD locale, aperto alle componenti di "Italia bene comune" e a quanti altri sono disposti a mettersi in gioco, potrà avere ragione, con un colpo di spada, dell'inestricabile groviglio che paralizza il centrosinistra trentino.

 

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