"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

La favola del giovane e della donna

Favole di Esopo

di Patrizia Caproni 

C'era una volta un paese in cui non tutti, ma tanti, parlavano di rinnovamento, giovani e donne in politica. C'era una volta un paese in cui tutto questo gran parlare di vecchio e giovane riempiva le bocche di parole e i giornali di lettere.

C'era una volta un paese in cui tutti si sentivano giudici senza appello di chi politica la faceva magari sì da molto tempo, ma ci metteva passione competenza e trasparenza. Tutti nella stessa pentola, buoni e cattivi, che in fondo tutti siamo un po' entrambi, e sembrava che solo l'anagrafe o il genere salvasse dalla gogna. I contenuti non esistevano più, o comunque passavano in secondo piano e, rimasta la forma, allora contava la singola apparenza e non più la capacità collettiva di elaborare progetti e contenuti che contenessero una visione di un mondo migliore. Narravano i cantastorie che cambiamento e innovazione potevano essere motore di un mondo più giusto ma che solo una rete tra persone disposte a mettere il proprio entusiasmo e il proprio coraggio verso una meta collettiva poteva dare significato a queste parole.

Un giorno un giovane e una donna, entrambi da tempo dentro a quegli stessi meccanismi da cui si dichiaravano ora estranei, si presentarono ai saggi dicendo che loro soli potevano salvare dal baratro il mondo, e che i saggi dovevano capirlo e incoronarli a guide del paese. Gli stessi saggi che avevano valorizzato il giovane e la donna affidandogli, tempo prima, incarichi di responsabilità.

I cantastorie narrano che fuori di lì le persone non sapevano che il giovane e la donna già potevano provare a cambiare il mondo nei loro posti di responsabilità, e credevano, perchè Giovane e Donna, che avrebbero salvato il mondo. Giovane e donna raccoglievano racconti e visioni, che tenevano nel loro taccuino segreto.

Intanto alcuni saggi tenevano incontri per elaborare collettivamente insieme un cambiamento, cercando un confronto. All'interno di questi incontri altri giovani e donne ascoltavano partecipavano e non si sentivano né salvatori né salvati, solo contribuivano con il coraggio del cambiamento. I saggi e il gruppo che stava intorno a loro, di cui avevano sempre fatto parte, ora venivano giudicati malvagi, perchè non incoronavano il giovane e la donna a salvatori del mondo. E i taccuini restavano segreti.

Io non capivo più, trovavo rinnovamento nelle parole di alcuni saggi che riuscivano a rilanciare visioni e letture del mondo di oggi nel senso del cambiamento, mentre nell'atteggiamento del giovane e della donna vedevo piuttosto una sorta di processo sostitutivo che giocava con i concetti in maniera libera ed arbitraria.

Ero donna ed ero giovane, ma non capivo perchè il giovane e la donna volevano prendere il posto dei saggi solo per sostituire una poltrona ad un'altra poltrona. A me questa sembrava conservazione. E loro continuavano a parlare di rinnovamento.

I cantastorie da allora non usano più la parola rinnovamento, vecchio e nuovo perchè, da quel giorno in cui il giovane e la donna continuavano a riempirsene la bocca, quelle parole avevano un significato adulterato e non potevano più significare nulla.

Presi il vocabolario, e lo buttai. E pensai ad un vero cambiamento.

 

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